L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Le peripezie del Burlador

di Roberta Pedrotti

A. Melani
L'empio punito
Borgioni, Nanni, Tosi, Ravasio, Pisani, Guarrera, Colombo, Cortese
direttore Alessandro Quarta
regia Cesare Scarton
Reate Festival, Teatro di Villa Torlonia, Roma, 2 ottobre 2019
DVD Dynamic 37871, 2021

A Roma, nel Seicento, intellettuali e mecenati come Cristina di Svezia o il cardinal Rospigliosi, futuro papa Clemente IX, danno vita a una stagione straordinaria per il neonato genere del dramma in musica, che esce dalle mitologie pastorali per abbracciare il gusto romanzesco del teatro spagnolo coevo, una via diversa rispetto a quella veneziana, ma non meno vitale e feconda. L'empio punito di Alessandro Melani ne è un meraviglioso esempio, sia dal punto di vista storico (il compositore è membro di una famiglia eminentissima di musicisti: il fratello Atto è uno dei primi divi castrati, ma anche un diplomatico e una spia), sia da quello artistico e letterario. Il soggetto, infatti, altri non è che quello del Burlador de Sevilla di Tirso de Molina mascherato in una fantasiosa corte macedone dell'antichità: insomma, è il primo Don Giovanni in musica della storia. È naturale che una tale parentela attiri come la più potente calamita musicologi, musicisti, registi e direttori artistici e già fra il 2003 e il 2004 Christophe Rousset aveva riportato alla luce la partitura di Melani su libretto di Giovanni Filippo Apolloni con alcune recite in forma oratoriale e scenica in Francia e Germania. Nel frattempo, è arrivato il trecentottantesimo dalla nascita di Melani (Pistoia 1639 – Roma 1703) e trecencinquantesimo dalla prima assoluta (Roma, 17 febbraio 1669) e sul filo di lana si contendono la celebrazione la Toscana e l'Urbe. Con debita tappa (in forma di concerto) a Pistoia, il rimpianto direttore artistico del Verdi di Pisa, Stefano Vizioli, mette in cartellone L'empio punito con Raffaele Pe protagonista, Carlo Ipata sul podio, Jacopo Spirei alla regia: uno spettacolo di circa tre ore che restituisce, quindi, un'immagine di integrità assente nelle altre produzioni più brevi di circa un terzo, compresa quella che ha debuttato a Innsbruck nell'estate 2020 (sul podio Mariangiola Martello, regia di Silvia Paoli) e per prima si è ufficialmente basata sull'edizione critica di Luca Della Libera.

Pochi giorni prima di Pisa, però, L'empio punito torna in scena a Roma, al teatro di Villa Torlonia, ed è questo il DVD che ora ci troviamo per le mani, effettivamente la “World première on video”, come avverte la copertina, ma non proprio la “First performance in modern times” come vorrebbe, dimentico di Rousset, il booklet, ma non il Reate Festival che sul suo sito annuncia tuttora “Prima rappresentazione a Roma in epoca moderna”.

L'operazione romana sotto l'egida del Reate Festival e della Fondazione Alberto Sordi per i Giovani, peraltro, è tutta particolare e merita un discorso a sé. Innanzitutto, salvo smentite, è l'unica edizione dell'Empio punito in cui la parte di Acrimante (alias Don Giovanni) sia affidata a un baritono (Mauro Borgioni) e non a una voce femminile en travesti (come con Rousset o a Innsbruck) o a un controtenore (a Pisa e a Pistoia). Una scelta che sembra tutt'altro che filologica, bensì tesa a enfatizzare il parallelismo con le più celebri future incarnazioni musicali del mito del Burlador. L'impenitente, amorale seduttore non è il primo uomo castrato, non si avvicina ad altri sensuali antieroi seicenteschi come Nerone e Giasone, insomma, ma ha la concreta virilità del registro grave pronto a confondersi con quello omologo del servitore Bibi (Leporello). Peraltro, anche la scelta dei tagli sarà in parte da attribuire alle caratteristiche del teatro e ai mezzi di un festival piccolo e virtuoso che ha fatto dell'essenzialità la sua cifra, ma senz'altro sposta i termini della questione, dalla ripresa di un'opera nelle sue proporzioni e nei suoi codici espressivi alla realizzazione di uno spettacolo che di fatto rielabora Melani per creare qualcosa d'altro, una speculazione sui riflessi dongiovanneschi fra il Seicento e il Settecento. Ne fa le spese, per esempio fra le tante peripezie della drammaturgia barocca, l'effetto della messinscena infernale per la morte apparente di Acrimante, "avvelenato" con un sonnifero, ma già pronto a circuire Proserpina come un novello Teseo. Intendiamoci, quel che ne risulta non manca di qualità, ché Alessandro Quarta è un ottimo concertatore, Cesare Scarton un regista prezioso che con nulla sa far teatro chiaro e non banale, il cast allinea artisti di prim'ordine. Borgioni – quand'anche in parte affidatagli con un certo arbitrio – è sempre uno dei migliori interpreti di questo repertorio, Alessandro Ravasio (il re Atrace, un po' l'Alfonso XI di Tirso, un po' Commendatore un po' Ottavio), Giacomo Nanni (Bibi/Leporello), Alessio Tosi (Delfa, la classica nutrice vogliosa con voce di tenore), Riccardo Pisani (Tidemo, l'effettivo Convitato di Pietra a cui si nega l'onore del nome in copertina) e Luca Cervoni (Corimbo/Pastorella/Stalliere/Diavolo) fanno egregiamente il loro dovere come musicisti e attori. Un po' più sfocate come personalità e incisività di fraseggio, per quanto corrette, paiono Michela Guarrera (Ipomene/Donn'Anna), Carlotta Colombo (Cloridoro/Don Ottavio), Sabrina Cortese (Atamira/Donna Elvira) e Maria Elena Pepi (Pastorella/Zerlina e Proserpina). Nel complesso si tratta di un bel cast che agisce disinvolto in scena sotto le direttive di un regista abile e intelligente e di un concertatore non meno scaltrito e raffinato. La rielaborazione del testo, però – sia anche per ragioni pratiche comprensibili – forse avrebbe dovuto suggerire un'operazione ancor più radicale o, quantomeno, una maggior chiarezza nelle note di copertina del DVD. Danilo Prefumo, infatti, offre una pregevole disquisizione sulla Roma secentesca, sul Burlador de Sevilla, sui molti pregi della partitura di Melani, ma trascura di porre l'accento, quantomai importante, su quel che effettivamente si vede rappresentato. Per di più la lista delle tracce è sbrigativa e sommaria e non aiuta l'orientamento. Sarebbe stato auspicabile, invece, chiedere a Quarta e Scarton di intervenire con alcune note per illustrare il loro approccio al capolavoro di Melani, tanto più che il Reate Festival aveva programmato anche conferenze ed eventi collaterali intorno alle recite e il materiale non sarebbe mancato per approfondire e contestualizzare meglio lo spettacolo. Dopotutto, lo ricordiamo, il  Festival nasce con l'indimenticabile Bruno Cagli e Cesare Scarton come direttore artistico ne sta perpetuando l'eredità: è una realtà che merita attenzione e non consente approssimazioni, anche nel dissenso si può trovare motivo di costruttivo dibattito.


 

 

 
 
 

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