L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Wagner in pigiama

 di Giuliana Dal Piaz

Ottima resa musicale per la seconda giornata del Ring wagneriano a Toronto. Lasciano invece perplessi la regia di François Girard, le scene e i costumi di Michael Levine.

TORONTO, 27 gennaio 2016 - Dopo Die Walküre nella stagione 2014-2015, è ora in scena al Four Seasons Centre di Toronto, dal 23 gennaio al 14 febbraio, la produzione della Canadian Opera Company del Siegfried, seconda giornata e terza opera del ciclo.
La presentazione del Ring Des Nibelungen non è impresa che si improvvisi: la storia della produzione viene da lontano quando, nei primi anni 2000, la Canadian Opera Company affida al rinomato (e trasgressivo) scenografo canadese Michael Levine il compito di immaginare l'avvio della tetralogia per l'inaugurazione del Four Seasons Centre for the Performing Arts di Toronto. Oltre alle scene, Michael Levine cura personalmente la regia del Das Rheingold, prologo del ciclo, poi chiede a tre diversi registi canadesi di dirigere le tre giornate seguenti (delle quali resta comunque scenografo): Atom Egoyan per Die Walküre, François Girard per Siegfried e Tim Albery per Götterdämmerung. Presentate per la prima volta tra il 2004 e il 2006, le opere vengono riproposte in tre successive stagioni.

L'impostazione di Levine si caratterizza - e cito - per l'intento di "ritrarre la transizione dal mondo imperialistico ottocentesco del Rheingold, a una società dominata da una rivoluzione industriale e la sua relativa corruzione nella Walküre, a un'era di introspezione freudiana ed esplorazione psicologica in Siegfried, a un ambiente capitalistico contemporaneo nel Götterdämmerung. Levine ha concepito per il palcoscenico un mondo di atmosfere e suggestioni che, con minime variazioni di luce e di scena, permettono di passare agilmente da una dimora a una landa devastata dalla guerra, alla costa rocciosa di una montagna. La scena costellata di rottami riflette il momento di crisi descritto in Die Walküre: la dissoluzione di una famiglia, il caos generato dalla lotta di Wotan per il potere impersonato in un anello magico, la caduta degli dei" (dalla presentazione che la stessa COC fece del lavoro di Levine nel 2005).

Lasciando da parte teorizzazioni esplicative o apertamente esegetiche, nel Siegfried in scena a Toronto appare evidente l'eccellente livello musicale dell'orchestra stabile della Canadian Opera Company, magistralmente guidata dal giovane e valente direttore tedesco Johannes Debus, e la grande qualità di tutte le voci. Il tedesco Stefan Vinke è un Siegfried limpido e misurato, pari all'immane compito della presenza quasi costante in scena per più di 4 ore, il bassobaritono statunitense Alan Held dà al Wanderer/Wotan la forza vocale e la pienezza di suono giuste, così come il baritono inglese Christopher Purves che interpreta Alberich. Il tenore austriaco Wolfgang Ablinger-Sperrhacke è vocalmente un bravo Mime, ma non trasmette a sufficienza la grande vis comica del personaggio. Molto convincenti le voci del basso canadese Philip Ens (Fafner), del contralto americano Meredith Arwady (Erda), e quella del soprano canadese Jacqueline Woodley (Waldvogel).

A fronte di tale eccellenza musicale, non sempre raggiunta in un'opera wagneriana, la messa in scena del Siegfried è quanto meno sconcertante, soprattutto se si pensa alla cura posta da Wagner nelle indicazioni di produzione:  scrisse personalmente i libretti delle sue opere, immaginò composizione dell'orchestra e disposizione dei singoli orchestrali, al punto di costruire a Bayreuth un apposito teatro per il ciclo dell'Anello, descrisse minuziosamente lo scenario della sua saga mitologica.

Sul palcoscenico del Four Seasons Centre, una "nuvola" di rami e rottami, su cui sono variamente sospesi dei corpi umani (gli eroi e gli dei del Valhalla?), domina il primo atto incombendo sui personaggi e "schiacciandone" fortemente la presenza nell'attenzione dello spettatore. Se si aggiunge l'abbigliamento di tutti i personaggi - una sorta di pigiama bianco, a mezzo tra l'uniforme dei pazienti negli antichi manicomi e quella dei contadini zapatisti ai tempi della rivoluzione messicana - la sensazione di straniamento è ancora più forte. Fin dall'inizio, il Viandante (Wanderer/Wotan) viene volutamente mostrato, malgrado la voce possente, solo come un povero vecchio appoggiato a un lungo bastone, non più alla poderosa Lancia della Legge. Il regista dichiara apertamente nelle sue Note di considerare Siegfried come "la più astratta delle opere del Ring" e come tale la tratta. La scena in cui il protagonista forgia Notung, la mitica spada, perde molto del fascino originario: Sigfried non batte allegramente e ritmicamente su un'incudine gli spezzoni d'acciaio che sta ricostruendo, non ottiene la propria arma con un intenso sforzo fisico, ma si limita a muovere per tutto il tempo mani e braccia, come uno stregone sul calderone della pozione magica, inginocchiato dinanzi a un foro nel pavimento del palcoscenico da cui spuntano e ondeggiano sinuosamente mani e braccia muliebri, illuminate di rosso a simbolizzare le fiamme. E Notung emerge improvvisamente intera dal groviglio...  

Nel secondo atto, la "nuvola" è leggermente sospinta verso il fondo del palcoscenico alleggerendo il senso di oppressione, ma in compenso lo spazio antistante la tana del drago Fafner è ingombro di corpi - sempre avvolti nel bianco pigiama-: dov'è finita la rigogliosa foresta rasserenante, la natura di cui Siegfried è abitante e interprete (Wagner era un seguace filosofico di Rousseau e un convinto assertore del mito del "buon selvaggio") e da cui non dovrebbe allontanarsi mai? Di grande effetto teatrale la rappresentazione della lotta tra Siegfried e il drago, con sei acrobati - il regista ha lavorato anche per il "Cirque du Soleil" - che, nei loro pigiami bianchi, raffigurano abilmente il profilo frontale e la bocca spalancata del drago. Banale, invece, la rappresentazione dell'uccellino come una sorta di angelo custode.

Nel terzo atto, finalmente sparita la "nuvola" di rami secchi e macerie, più accettabile la rappresentazione della roccia di Brünnhilde con la massa circolare di bianchi corpi giacenti che poi si ergono in un cerchio, si illuminano di rosso e finiscono col muoversi turbinosamente: le fiamme. Quando Siegfried penetra all'interno del cerchio, i corpi bianchi si ritirano lentamente verso il fondo del palcoscenico. Chiaramente studiato il contrasto tra i bianchi pigiami e il ricco abito ottocentesco di Brünnhilde: un vestito da fine XIX secolo, trine e merletti neri per la valchiria Brünnhilde? Levine vuole indicare così la transizione da semidea guerriera a semplice donna? Musicalmente, però, Brunilde non delude: la voce dell'ottimo soprano statunitense Christine Goerke è forte, piena e drammatica.

Foto di Michael Cooper

 

 

 

 


 

 

 
 
 

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