Il valore della parola
di Antonino Trotta
La penultima recita del Macbeth di Giuseppe Verdi riscuote discreti applausi al Teatro Regio di Torino. Ottimo Mimica nei panni di Banco, delude la Lady di Oksana Dyka.
Torino, 2 Luglio 2017 – Tra le opere di Verdi il Macbeth è forse quello che gli ha dato più tormenti, delusioni, ripensamenti, ma è stato anche oggetto di cure ad attenzioni tali da arricchire considerevolmente l’epistolario verdiano. Del resto quest’opera costituisce il primo approccio alla poetica e alla drammaturgia di Shakespeare, che indirizzerà successivamente il compositore verso Otello e quindi Falstaff, e il suo valore di quest’opera risiede nella cosiddetta ricerca della “parola scenica”. Celebre è il carteggio in tal proposito con il librettista Francesco Maria Piave, che si baserà esclusivamente sul testo dello scrittore inglese nella creazione del libretto.
La regia dell’opera, nell’allestimento prodotto in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo, è stata affidata a Emma Dante, di cui abbiamo già riferito, come della direzione di Giulio Laguzzi che sostituiva Gianandrea Noseda [leggi la recensione della recita con Pirozzi e Jenis].
Oksana Dyka non convince nei panni di Lady Macbeth. Il soprano ucraino, dotata di una voce prorompente che le consente di svettare sull’orchestra senza alcuna difficoltà nella cavatina «Vieni! T’affretta!...Or tutti sorgete, ministri infernali», si scontra nell’arco della serata con le diverse difficoltà a cui il ruolo sottopone l’artista, non riuscendo a superarle tutte indenne. Nota dolente dell’intera performance è la gestione della tessitura bassa che, unitamente al tentativo di scurire artificiosamente una voce dal timbro lirico poco confacente alla caratura della Lady, sfocia in un’emissione ingolata e sgradevole, soprattutto in «Una macchia…è qui tuttora». Nei momenti di slancio come la cabaletta del primo atto o il brindisi del secondo Oksana Dyka, forte del volume della voce, si rivela briosa, risolvendo le agilità della parte con discreta pulizia. Peccato che a volte la voce appaia schiacciata. Altalenante è la scena del sonnambulismo, dove la Dyka riassume punti di forza e mende della sua vocalità: i due splendidi pianissimi, tenuti lunghi e perfettamente appoggiati sono obnubilati dalla chiusura dell’aria con un infelice re bemolle calante. Non conforta, anzi distrae, la presenza scenica del soprano, che centra poco il ruolo immaginato da Emma Dante. La sua Lady non è né regale né demoniaca, ma ricorda una Despina leggermente irritata, sorridente e maliziosa nel progettare la morte dei contendenti al trono.
Migliore la performance del coniuge della Lady – sulla scena e nella vita – Gabriele Viviani nel ruolo di Macbeth. Il baritono lucchese appare perfettamente congeniale alla parte. La linea di canto è molto pulita, omogenea in tutta la tessitura. Gli accenti impressi sono molto coinvolgenti e valorizzano perfettamente la parola scenica del Verdi regista. Nonostante una partenza leggermente piatta dal punto di vista dinamico – «Due vaticini compiuti or sono...» appare praticamente monocolore, Viviani recupera molto bene durante il corso dell’opera, chiudendo l’arioso «Mal per me che m’affidai» in maniera molto appassionata. Il duetto del primo atto «Fatal mia donna! un murmure» gode molto, soprattutto scenicamente, della complicità dei due artisti: bravissimo Viviani nella resa dell’inquietudine che pervade il brano, ma vocalmente i due artisti non sono sempre il linea e spesso Viviani scompare sotto il peso vocale della compagna.
Marko Mimica risulta assolutamente il migliore della serata, nonostante la relativa brevità della parte, e conferma tutte le ottime impressioni di cui si è parlato nella recensione dello spettacolo del 2 Luglio.
Valida la prova di Giuseppe Gipali nel ruolo di Macduff. Voce sicura, facile nella tessitura acuta, che emerge positivamente già dalle poche frasi in conclusione del primo atto per potenza e squillo. La prova principale per il ruolo, l’aria «O figli, o figli miei! Da quel tiranno», appare poco tornita dal punto di vista dinamico, ma il modo di porgere accattivante, il legato e la buona musicalità permettono lui di confezionare un’interpretazione di indiscutibile valore.
Bravo anche Alejandro Escobar nei panni di Malcolm (unica recita questa del 1 luglio). Nonostante manchino effettivamente dei momenti solistici con cui poter valutare il cantante, la seconda scena del quarto atto e seguente incontro con Macduff consentono di apprezzare del tenore il bel timbro e la morbidezza nella linea di canto.
Molto brava Alexandra Zabala nel ruolo della dama di Lady Macbeth, dotata di un timbro molto avvolgente che arricchisce con il gusto e l’eleganza nel porgere le frasi.