L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'anima di Amina

 di Irina Sorokina

Soddisfa pienamente la resa musicale della Sonnambula belliniana a Erl con le voci di Bianca Tognocchi, Hui Jin e Giovanni Battista Parodi. Meno convincente la messa in scena firmata per la regia da Riccardo Canessa.

Erl, 29 dicembre 2018 - C’erano una volta delle dolci fanciulle. Erano sensibili, innamorate pazze, portate al sacrificio e godevano un’immensa popolarità nel teatro di balletto della prima metà dell’’Ottocento. Portavano abiti leggeri e camminavano sulle punte dei piedi con una grazie impareggiabile. La patria di questi personaggi era quasi sempre la Francia, la gloriosa terra del balletto classico.

C’era una volta a Parigi un coreografo chiamato Jean Aumer, ingiustamente dimenticato dai posteri attratti dai grandi capolavori romantici come La Sylphide e Giselle, nati pochi anni più tardi dei suoi balletti. Tra essi La Somnambule (1827) tratta da un lavoro teatrale preesistente della penna feconda di Eugéne Scribe. Soltanto quattro anni dopo, nel 1831, Felice Romani scrisse un bel libretto per Vincenzo Bellini.

Nonostante non siano molti i cantanti in grado di sostenere i ruoli davvero impegnativi di Amina ed Elvino, è sempre il momento giusto per mettere in scena La Sonnambula. Alla fine di dicembre appare al Tiroler Festspiele Erl e sarà messa in scena alla fine di gennaio del 2019 alla Deutsche Oper di Berlino.

Il Tiroler Festspiele Erl è partito ormai molti anni fa come un progetto regionale su iniziativa di Gustav Kuhn, che per molti anni ha diretto le produzioni operistiche anche in veste di regista. Piano piano il festival in terra tirolese è diventato un evento estivo e invernale a cui è peccato mancare, nonostante la vicinanza di tali “mostri” musicali come il Festival di Salisburgo e quello di Monaco. Nel piccolo villaggio di Erl spesso accadono dei miracoli, a dir la verità, quasi sempre musicali, mentre l’aspetto teatrale potrebbe e dovrebbe migliorare.

L’attuale Sonnambula non è un’eccezione, ma stavolta la compagnia di canto regala i momenti davvero indimenticabili. Il merito va soprattutto alla protagonista Bianca Tognocchi.

La giovane cantante lombarda si afferma in pieno con le sue molteplici qualità sul palcoscenico del teatro del Tiroler Festspiele. Possiede un perfetto physique du rôle per l’ingenua sonnambula, compresa una generosa cascata di capelli scuri che rende la sua Amina ancora più affascinante; sa muoversi con grazia, recitare con naturalezza, interagire col partner. La protagonista dell’opera belliniana risulta convincente al massimo e desta una sincera simpatia. La voce della Tognocchi non è grandissima e a tratti, soprattutto all’inizio, risulta un po’ opaca, ma la sua tecnica è salda e le permette di affrontare una parte difficile con un crescente successo. Ogni frase, ogni assolo da lei cantato risulta meglio dei precedenti. Nella cabaletta del primo atto, "Sovra il sen la man mi posa", l’acuto risulta non del tutto preciso, ma, strada facendo, la giovane cantante acquista sempre più sicurezza ed arriva a "Ah, non credea mirarti" in una forma sorprendente, conquistando tutti i cuori e tutte le orecchie con un legato impeccabile, colorature cristalline e sfiora addirittura un fa sovracuto, come se non le costasse niente. Un successo personale grandioso e pienamente meritato.

La Tognocchi è affiancata dal tenore cinese Hui Jin, una buona carriera in Germania e negli Stati Uniti e un’esperienza notevole nel repertorio mozartiano che gli permettono di disegnare un Elvino pressappoco perfetto. Jin possiede una voce dal bel timbro, squillante e ben proiettata, vanta una dizione nitida e un fraseggio raffinato. La sua vocalità si trova in una bella sintonia con quella della Tognocchi e i loro duetti letteralmente accarezzano le orecchie di ascoltatori. Hui Jin non è certo dotato dal fisico adatto ai ruoli degli amanti romantici, negli scontri con l'altissimo e super dignitoso Conte Rodolfo di Giovanni Battista Parodi risulta un po’ buffo, tuttavia è proprio questo che rende il suo Elvino simpatico e gli dà un ulteriore tocco di purezza.

Il conte Rodolfo di Parodi non passa certo inosservato per la statura, la capacità di vestire l’elegantissimo abito candido e per la voce notevole e di rara profondità. Ne viene fuori un personaggio affascinante e complesso, di cui l’animo nobile non è libero da desideri non proprio legittimi, ma in cui alla fine prevalgono la bontà e il buon senso. La voce di Parodi è bella, morbida e rotondo.

Molto carina, credibile e vocalmente corretta Sabine Revault d’Allonnes nel ruolo della gelosa e maliziosa Lisa. Marta Lotti è un’ottima Teresa, commuovente e di un’estrema naturalezza, vanta una vocalità raffinata. Nicola Ziccardi nel ruolo di Alessio si distingue per la bellezza del timbro e la nobiltà dell’accento. Corretto Silvano Paolillo nel ruolo del notaro.

Friedrich Haider conduce l’orchestra del Tiroler Festpiele Erl con una mano energica e sicura, assumendo un tono veemente all’inizio. Le sonorità a tratti risultano un po’ troppo forti, tuttavia senza mai coprire le voci. Alla fine la direzione di Haider risulta attenta e ben calibrata, con attenzione rivolta ai gruppi di legni e di archi, che danno il meglio di sé.

La cornice teatrale di questa coinvolgente Sonnambula risulta decisamente più debole dell’esecuzione musicale. Ciò è dovuto all’uso dei “trucchi” largamente conosciuti. In primo luogo, la presenza sul palcoscenico di una danzatrice dalla cascata dei capelli cotonati che spesso accompagna Amina: all’inizio dello spettacolo con luci soffuse al centro del palcoscenico è presente un grande cubo con due figure femminili dormienti vestite allo stesso modo, con un lungo abito bianco e larghi pantaloni, come un pigiama o una camicia da notte. La danzatrice (Katharina Glas) impersona l’anima di Amina (Amina è anagramma di anima), la accompagna spesso, si intromette nei duetti, esprime attraverso i movimenti convulsivi il dolore della fanciulla scoperta addormentata nella camera di Rodolfo. E a lei è affidato un difficile passaggio di Amina sopra il ponte vacillante. La presenza costante dell’anima della protagonista sul palcoscenico non è certo una novità e sa dei banale; la riduzione della sua presenza avrebbe permesso al pubblico godersi di più le gioie del belcanto belliniano.

Al di là dell’introduzione della personaggio dell’anima, la regia di Riccardo Canessa contiene trovate tanto simpatiche quanto funzionanti; è una buona idea puntare alla semplicità, disegnando il mondo contadino delle montagne svizzere con garbo e dolcezza. Il coro ha un ruolo importante nell’azione, canta accompagnandosi dagli strumenti (ovviamente finti), giudica Amina puntando con una certa crudeltà il dito verso la povera fanciulla e con la stessa veemenza la difende arrivando con dei grandi fogli di giornali dove a caratteri cubitali è stampato “Amina Innocente”.

Semplici e colorate sono le scene di Alfredo Troisi: i personaggi de La Sonnambula sono boscaioli e i boschi che li circondano sono ricchi di abeti verdissimi sotto i cieli azzurri. Il palcoscenico è generosamente lasciato libero per gli interventi del coro, davvero ottimo per la recitazione e la qualità del canto. Non sarebbe una cattiva idea, visto che la bellezza folgorante della Sonnambula belliniana sta nel belcanto, tuttavia Troisi ritiene necessario l’uso degli elementi scenici che nulla aggiungono all’azione. Si potrebbe definirli “praticabili”, sono molto simili agli elementi copiosamente usati nei balletti ottocenteschi. Ci sono una specie di cattedra una scala all'interno sulla cui cima appaiono i personaggi intonano le loro belle arie; un abete sempreuna scala; una specie di macina. Se le dichiarazioni avvengono dalla cattedra, i dialoghi spesso si svolgono attorno all’abete. La logica di interazione con l’uso dell’abete rimane pressappoco incomprensibile e il praticabile sembra servire soltanto per ravvivare l’azione. Molto suggestiva, invece, la scena in cui Amina nello stato di sonnambulismo rischia di perdere la vita camminando sul vecchio ponte rappresentato da una passerella che si intravede tra i rami degli alberi con uno sfondo di cieli multicolori.

Semplici e belli nella loro semplicità e nei colori delicati sono i costumi di Mariano Tufano.

Lo spettacolo coinvolgente da una grande forza vitale, nonostante alcune debolezze, non può non conquistare il numeroso pubblico che accoglie la compagnia di canto con calore ed entusiasmo. Qualcosa di simile a un delirio per Bianca Tognocchi, grandissimi applausi per il resto del cast e il direttore d’orchestra.


 

 

 
 
 

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