L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Cantiam la Carmagnola!

 di  Andrea R. G. Pedrotti

Convince pienamente alla Wiener Staatsoper l'opera di Gottfried von Einem tratta da dramma di Georg Büchner.

Dopo lo Chénier del 28 maggio, alla Wiener Staatsoper è la volta di un'altra opera dal sapore giacobino: Dantons Tod di Gottfried von Einem, su libretto del musicista medesimo, in collaborazione con Boris Blacher, dal dramma omonimo di Georg Büchner.

L'opera, che ebbe il suo debutto al festival di Salisburgo nel 1947, viene proposta al teatro nazionale viennese in un'edizione che soddisfa appieno il pubblico locale. Il compositore, ricordato come giusto fra le nazioni allo Yad Vashem di Gerusalemme, scrive la musica seguendo uno stile prettamente tedesco, ma più simile a uno Strauss, per l'impianto melodico di base che accompagna anche i brevi intermezzi sinfonici e per l'utilizzo sistematico di temi ricorrenti. Interessante la visione da un palco che consente di meglio osservare l'organico richiesto che, nonostante l'intensità e la veemenza della scrittura, non è particolarmente ampio: contiamo quattro corni, dodici violini primi e una quantità non eccessiva di percussioni.

Con questi strumentisti l'autore gioca molto sulle dinamiche, richiedendo sovente variazioni che passano dal pianissimo a un fortissimo che sfoga nel dramma compiuto.

Protagonista assoluto è il Terrore, la sete di sangue del popolo seguace di una rivoluzione che aveva ormai perso l'ideale illuminista che, in teoria, avrebbe guidato l'azione poi tradita dall'estremismo giacobino. Un estremismo che avrebbe portato in breve tempo all'autodistruzione dell'intero movimento, e solo cinque anni dopo la presa della Bastiglia lo stesso Robespierre avrebbe subito la medesima sorte incorsa ai sovrani di Borbone.

L'impianto scenico è pressocché fisso con la sola apertura di qualche saracinesca per sottolineare l'effetto delle luci e il cambio degli arredamenti, unico elemento a far comprendere, molto bene, la diversa ambientazione dei rispettivi quadri.

La regia di Josef Ernst Köpplinger, con i costumi di Alfred Mayerhofer e le scene di Rainer Sinell, punta tutto su un'immagine iconografica non precisamente ambientata nel periodo del terrore. I protagonisti indossano abiti che abbracciano, nella foggia, un arco temporale che va, sì, dal periodo rivoluzionario, ma che principalmente si potrebbe inqudrare attorno agli anni '20 del XIX secolo.

Gran parte dell'azione scenica è affidata al coro, alle comparse e alla coreografia di Ricarda Regina Ludigkeit, tutta volta a sottolineare il truculento desiderio di sangue che il popolo francese, aizzato dalla sete di potere giacobina, andava manifestando e che macabramente provava gusto (ma questa è una delle cadute dell'uomo) nella violenza, tanto da cantare festoso una bella fantasia nella quale Gottfried von Einem ha saputo fondere sia la Carmagnola, sia la Marsigliese.

Fra i cantanti si distingue in particolar modo il Georg Danton di Tomasz Konieczny, che ben padroneggia una parte piuttosto faticosa vocalmente senza apparente sforzo, grazie a una tecnica ben affinata; questo gli consente di affrontare con cura il fraseggio nelle espressioni che, nelle diatribe verbali, furono simboliche dell'illusoria retorica rivoluzionaria.

Accanto a lui si apprezza uno degli elementi di spicco dell'ensemble della Wiener Staatsoper, Olga Bezsmertna, soprano lirico sicuro nella tecnica e partecipe al dramma.

Bravi tutti gli altri, a partire da Benjamin Bruns (Camille Desmoulins) Michael Laurenz (Hérault de Séchelles), Thomas Ebenstein (Robespierre), Peter Kellner (Saint-Just), Clemens Unterreiner (Herrmann), Wolfgang Bankl (Simon), Wolfram Igor Derntl (un giovane uomo e primo boia), Marcus Pelz (secondo boia), Szilvia Vörös (Julie), Ildikó Raimondi (una dama) e Lydia Rathkolb (una donna).

Particolarmente efficace la concertazione di Michael Boder, sempre attento agli equilibri fra buca e palcoscenico e capace di sfruttare interamente l'ampiezza delle dinamiche offerte dall'orchestra della Wiener Staatsoper.

Eccellente, nel suo repertorio d'elezione, la prestazione del coro diretto da Martin Schebesta. Una lode ulteriore va alla compagine viennese per la straordinaria intensità e partecipazione attoriale, palese in ognuno degli elementi dell'organico corale.

Alla fine il pubblico appare ampiamente soddisfatto, durante le uscite per gli applausi strutturate con una certa originalità: infatti i protagonisti si trovavano tutti schierati sul palcoscenico, con l'avanzamento progressivo (e l'uscita di scena) dei varii artisti, fino a lasciare soli i personaggi principali.

© Wiener Staatsoper GmbH / Michael Pöhn


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