L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Verdi, con dignità

 di Irina Sorokina

Successo al Bol’šoj per la ripresa di Don Carlo nell'allestimento creato per il bicentenario verdiano del 2013. Nel cast brillano Dinara Alieva, Vasily Ladiuk e Dmitry Ulyanov.

MOSCA, 15 giugno 2019 - La presenza nel repertorio del Bol’šoj di Mosca del Don Carlo verdiano non può che rendere felici gli spettatori e i critici. Sul palcoscenico storico del teatro più importante della Russia, recentemente ristrutturato, si può vedere un allestimento serio e austero, senza i tristi eccessi dei rappresentanti della cosiddetta Regie Theater. Questo Don Carlo è un vero Don Carlo e racconta la storia come la raccontò il grande compositore italiano.

Don Carlo, senza dubbio, uno dei titoli verdiani tanto belli quanto difficili. Il vasto pubblico preferisce sovente opere più immediate, di durata più breve e con la presenza di pagine entrate nell’immaginario collettivo.

Al Bol’šoj Don Carlo ebbe tre allestimenti, i due primi ancora nei tempi degli zar, e uno solo nell’epoca Sovietica, nel 1963. Bisogna precisare, lo spettacolo prodotto al Bol’šoj, venne rappresentato sul palcoscenico del Palazzo dei Congressi del Cremlino la cui funzione originaria fu accogliere i convegni del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Un palcoscenico enorme, come enorme è la capienza dell’edificio che raggiunge seimiladuecento spettatori. Il Don Carlo “sovietico” fu un capolavoro, vantò una regia intelligente di Iosif Tumanov, le scene spettacolari di Vadim Ryndin e la sapiente direzione del bulgaro Asen Naydenov. Chi scrive lo ricorda benissimo, come ricorda il fatto che la mastodontica sala del Palazzo dei Congressi del Cremlino fu quasi sempre piena. È vero, alcuni venivano lì per mangiare qualche gustoso panino al ben fornito buffet mentre nei negozi di alimentari il cibo scarseggiava prima di scomparire definitivamente alla fine degli anni ‘80; pagavano 25 copechi (centesimi sovietici) per un biglietto in galleria, salivano sull’ultimo piano, si godevano questo panino e andavano via. Tuttavia, ripeto, Don Carlo godette un buon successo e visse una lunga vita. Negli anni, nei ruoli principali si esibirono i cantanti magnifici come Zurab Andzhaparidze e Vladimir Atlantov – Don Carlo, Aleksandr Ognivcev, Aleksandr Vedernikov e Evgheny Nesterenko – Filippo II, Tamara Milashkina e Galina Kalinina - Elisabetta, Yury Mazurok – Rodrigo, Elena Obraztsova e Lyudmila Shemchuk - la principessa Eboli.

L’anno 2013 quando tutto il mondo celebrava il bicentenario dalla nascita di Giuseppe Verdi, Don Carlo fu messo in scena al Teatro Bol’šoj nella versione milanese del 1884. Il Palazzo dei Congressi del Cremlino da tempo era diventato un’impresa indipendente, assunto il nome del Palazzo Statale del Cremlino e aveva dato il suo palcoscenico ai concerti di carattere popolare. L’opera, tra i più bei capolavori verdiani meritava una degna collocazione. E così fu: l’allestimento firmato da Adrian Noble (regia) e Tobias Hoheisel (scene) trovò la sua casa sul palcoscenico storico del teatro moscovita.

La fedeltà alla magnifica opera verdiana distingue il lavoro di Noble e Hoheisel. Quest’ultimo punta su una scena unica dalle linee semplici e dritte, l'Escorial appare piuttosto buio e poco accogliente e gli manca il tetto. Una bizzarria non da poco: l’azione si svolge d’inverno, lungo i muri si vedono mucchi di neve già annerita e i fiocchi scendono dal cielo ricordando vagamente la scena finale di Nostalgia di Andrey Tarkovsky. Qualcuno potrebbe non accettare questa stranezza, ma dobbiamo ammettere che non reca grande disturbo. La scena unica e universale si trasforma nei vari ambienti grazie alla mobilia, a un albero, una tomba, tutto dalle linee austere e in spirito minimalista.

La regia di Adrian Noble è in perfetta sintonia con le scene di Hoheisel; è molto discreta, intelligente e contenuta. Sa gestire bene le masse e arriva a una grande spettacolarità nella scena dell’auto da fé in cui gli eretici vengono issati in gabbie e poi fatti calare sotto il palcoscenico. La magnificenza dell’episodio centrale dell’opera mantiene tuttavia in tono moderato, tipico di tutto il lavoro di Noble.

I costumi di questo Don Carlo meritano un gande elogio, se non addirittura un poema: sono di rara bellezza ed eleganza, di taglio perfetto e tessuti preziosi.

In questo giugno, l’allestimento riappare al Bol’šoj con esito positivo. Il buon cast è capitanato da un formidabile Dmitry Ulyanov nei panni di Filippo II, un vero basso russo in possesso di voce importante, ampia e profonda e dall'atteggiamento autenticamente regale. Disegna un Filippo tanto spietato quanto sofferente e nella celebre aria "Ella giammai m’amò" raggiunge l’apice dell’interpretazione, colpisce il cuore degli spettatori per l’espressività del declamato e accarezza le loro orecchie con una cavata perfetta.

Don Carlo, si sa, è un ruolo ingrato, e il tenore Oleg Dolgov lo affronta con grande professionalità e un coraggio e una passione da ammirare. Non è un cantante particolarmente carismatico e non vanta timbro indimenticabile e acuti facili, ma sa stare bene in scena ed essere credibile. Così il suo Don Carlo: il tenore sostiene una lunga parte fatta quasi tutta di duetti e concertati, a esclusione di un’aria breve, con vera dignità.

Il personaggio di Rodrigo, ricco di bellissime pagine quali il duetto con Don Carlo nel primo atto e la scena della morte, è assegnato a Vasily Ladiuk che ammalia per la voce morbida e ben timbrata che gli permette di trasmettere lo spirito nobile ed eroico del personaggio. "Io morròsegna il suo trionfo personale, pienamente meritato.

Dinara Alieva è anche lei una vera perla del cast, disegna l’animo nobile dell’infelice regina con sensibilità e canta con trasporto. Il timbro è dolce e gradevole, l’emissione morbida, l’accento impeccabile, i chiaroscuri raffinati e la dizione nitida. Un’Elisabetta che farebbe onore a qualsiasi teatro importante del mondo.

Al contrario, la principessa Eboli non trova in Agunda Kulaeva un’interprete del tutto adatta; la voce risulta un po’ aspra e nel registro acuto tende a sbiancarsi. A volte svela una posizione troppo bassa e non vanta una pronuncia perfetta. Un’interpretazione nei limiti del dignitoso, ma il ruolo principessa richiederebbe molte qualità in più.

Sono efficaci tutti gli interpreti dei ruoli secondari. Il coro del Bol’šoj preparato da Valerz Borisov conferma la sua alta reputazione, mentre il suono l’orchestra nelle mani del pur bravo direttore Anton Grishanin a volte risulta caotico.

L’opera è divisa in due parti di durata di due ore ognuna; forse, bisogna avvisare il pubblico che dopo il primo atto tenta di alzarsi. Alla fine un gran successo e lunghi applausi per tutti: valgono molto, visto che lo spettacolo è di sabato ed è evidente che molti spettatori vengono a teatro per rilassarsi e a scattare selfie nella magnifica sala del Bol’šoj ristrutturato.

foto Damir Yusupov

 


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