L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Da Meister a Zerbinetta

di Francesco Lora

Nello Strauss dei poemi sinfonici e nel Mendelssohn della Lobgesang si illustra il magistero di Cornelius Meister, un direttore che sa accendere l’oro e il fuoco di Dresda e Lipsia nella cantabile orchestra della Scala. L’Ariadne auf Naxos di maggio-aprile cambia frattanto pelle attraverso una più vivida direzione di Franz Welser-Möst e una nuova, valorosa coppia di protagoniste: Tamara Wilson e Daniela Fally.

MILANO, 20 giugno 2019 – Nel riferire dei Masnadieri al Teatro alla Scala, e in particolare di Michele Mariotti, si scriveva di una concertazione che consola [leggi la recensione]. Forse non è esagerato. Accanto ai battisolfa di ogni età, prosperano i giovani dalla tecnica stellare. Ma spesso sono gli stessi che conviene far dirigere e non parlare, tanto sono distanti da un inserimento culturale profondo: sono quelli che come ospiti danno benvenuto lustro a un’istituzione, ma mancano poi di menti forti per imprimere un indirizzo artistico. Tre eccezioni consolano in particolare chi scrive, e sono direttori quasi coetanei tra loro, maestri di civiltà mediante la loro bacchetta, inscalfibili dal bordello del mercato, distribuiti su repertorii complementari. Il maggiore per età – si fa per dire: questione di mesi – è appunto Mariotti, classe 1979. Il minore è Omer Meir Wellber, classe 1981. In mezzo sta Cornelius Meister, classe 1980, il meno conosciuto in Italia: ed è un merito particolare dell’attuale sovrintendenza se egli è stato invitato alla Scala con impegni adeguati a illustrare le proprie qualità.

L’ultimo è stato il concerto sinfonico del 12, 13 e 20 giugno. In programma doveva esserci Rendering di Berio da Schubert: si dà infatti il caso che Meister sia uno specialista di musica contemporanea non solo poiché la bazzica, ma anche poiché la sa ricercare, pungolare e modellare, rendendola chiaramente accessibile all’uditorio. In programma ci sono invece stati, con repentino cambio, due poemi sinfonici di Richard Strauss: Don Juan e Macbeth. Ed ecco, con Meister, e con la sua genialità analitica snocciolata quasi in modo scherzoso, l’orchestra della Scala che sembra rubare le piume alla Staatskapelle di Dresda, tanto lascia sbalorditi per sollecitudine di gesto e per levità dorata di timbri e fraseggi. Se la si riconosce per quel che è, ciò avviene tramite l’innata cantabilità, materia italiana fatta per stupire. A stupirsi è forse Meister stesso, soprattutto nella seconda parte del concerto con la Sinfonia n. 2 “Lobgesang” di Mendelssohn: non solo per il fatto che l’orchestra sembra stavolta rubare le piume a quella del Gewandhaus di Lipsia, avvolgendo l’ascoltatore come nel calore di legno aromatico, ma anche per il fatto che lì entra a torreggiare il coro scaligero, materia sonora di tale fastosa morbidezza come non si ha l’eguale al di sopra delle Alpi. Direttore teutonico e maestranze italiche si sorridono. Tra i cantanti solisti, il tenore Tomislav Mužek partecipa con radiosa comunicativa timbrica e un’emissione che ha ritrovato la facilità dei primi anni di carriera. Più contorto il caso dei due soprani, con Martina Janková che regge con qualche affaticamento la parte dominante e Genia Kühmeier che sfuma invece a piacere in quella destinata al lato d’ombra: scritturate a ruoli invertiti, avrebbero meglio figurato.

Conclusione acciuffando la coda di Strauss. Nelle due ultime e isolate recite di Ariadne auf Naxos, il 19 e 22 giugno, un mese e mezzo dopo il ciclo di aprile-maggio [leggi la recensione], la direzione di Franz Welser-Möst suona inaspettatamente più mobile, amabile, complice, divertita, e getta tutt’altra luce su una lettura già metabolizzata. Valeva poi la pena di tornare per ascoltare e osservare le protagoniste, unica variante di peso alla locandina. Tamara Wilson reclama sempre più attenzione dal pubblico italiano in virtù della modulazione duttile, dell’ampia risonanza e dello smalto necessario al canto straussiano di pregio: se la drammatica Krassimira Stoyanova si immedesimava nel personaggio di Ariadne, la Wilson pare sornionamente preferire l’intermedio punto di vista della Primadonna. Quanto a Zerbinetta, la vaporosa Sabine Devielhe promanava sottile charme francese: il testimone passa agli antipodi con Daniela Fally, che reca invece con sé un personaggio di spiccia franchezza viennese, fatto quasi per ridere insieme delle tremende passeggiate nella regione sopracuta.


Vuoi sostenere L'Ape musicale?

Basta il costo di un caffé!

con un bonifico sul nostro conto

o via PayPal

 



 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.