L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Debutti e scoperte

 di Roberta Pedrotti

Per la prima volta insieme, per la prima volta al Comunale di Bologna per la stagione sinfonica del Teatro, Antonii Baryshevskyi e Valentin Uryupin propongono un programma originale, fra brani meno frequentati di grandi autori, e impongono subito la loro caratura d'interpreti e musicisti.

BOLOGNA, 23 novembre 2019 - Doppio debutto nella stagione del Comunale di Bologna per due musicisti quasi coetanei, entrambi originari dell'Ucraina e che mai finora si erano incontrati. Eppure è parso che si conoscessero da sempre, subito in perfetta sintonia per un programma che meno scontato è difficile immaginare. Astri nascenti del piano, Antonii Baryshevskyi, e del podio, Valentin Uryupin, affrontano, infatti, un terreno poco battuto di reminiscenze slave. Si parte in casa, da un autore come Respighi nato a Bologna, ma legato anche alle Russie, già violista a San Pietroburgo e discepolo ardente di Rimskij Korsakov, ma non si ascoltano i frutti più maturi ed eclatanti della sua ricerca ritmica e coloristica, bensì un pezzo scritto nel 1903 sull'onda dell'esperienza pietroburghese e moscovita. La Fantasia Slava in Sol minore per pianoforte e orchestra del ventiquattrenne Respighi non si distingue per un'inventiva o una suggestione particolare, ma permette a Baryshevskyi e Uryupin di introdurre un discorso attraverso pezzi meno frequentati, d'ispirazione più privata, intima, che ufficiale. 

Così è per il secondo concerto di Šostakovič in fa maggiore op. 102, destinato nel 1957 al figlio diciannovenne come regalo di compleanno e da questi eseguito anche per l'esame finale di pianoforte. Ecco subito distillate in meno di venti minuti le caratteristiche salienti del sommo compositore sovietico: un incipit che trasuda vivido, incalzante umorismo vedrà rinnovare il suo slancio vitale in un terzo movimento in cui traspaiono tratti inesorabilmente meccanicistici, una modernità trionfante in un perfetto ingranaggio. Al centro, un Andante che lascia senza fiato, con il pianoforte che delinea una melodia di disarmante bellezza, perché di disarmante semplicità che, con l'intervento progressivo di corni e fiati, si piega in un lirismo sempre più introverso e ombreggiato. Qui Baryshevskyi, ben coadiuvato dalla bacchetta, crea un vero e proprio capolavoro: un momento di sospensione del tempo e del giudizio in cui potremmo solo unirci a Faust ed esclamare all'attimo fuggente "Arrestati, sei bello!". Ma l'attimo non si arresta, anzi, innesca la sua corsa e si concretizza nei due movimenti in Allegro, in cui Baryshevskyi dà prova inequivocabile della sua sicurezza tecnica e musicale non mancando un colpo e così, soprattutto, ha agio di lavorare sul colore, sulla qualità di un suono che ha una chiarezza, una nettezza, una sostanza cristallina che dai morbidi cantabili dell'andante trae distillati giocosi e perturbanti di artificio, vitalià, sarcasmo. Il talento impetuoso della sua prima apparizione bolognese nel 2013 (leggi la recensione) è maturato in una personalità artistica d'intrigante intelligenza.

Due bis, una Toccata di propria composizione, fra audaci aromi jazzistici e legami con il grande Novecento russo e sovietico, e il Preludio op. 11 n. 19 di Skrjabin coronano il meritato successo del debutto di Baryshevskyi al Comunale.

Segue, a focalizzare l'attenzione su Uryupin, la Terza sinfonia di Čajkovskij in Re maggiore op. 29 Polacca, a detta dello stesso autore un progresso più tecnico e artistico e, dunque, più difficile che bella. Si apprezza allora ancor più la chiarezza del gesto e della visione del maestro poco più che trentenne, la precisione nello stacco dei tempi, la consequenzialità di un discorso ben definito e mai irrigidito, il buon equilibrio e la compattezza dell'orchestra. Dalla trasparenza di Respighi, alla vivida varietà di Šostakovič si arrivano a delineare i cinque movimenti di Čajkovskij (Moderato assai, tempo di marcia funebre - Allegro brillante; Alla tedesca. Allegro moderato e semplice; Andante elegiaco; Scherzo. Allegro vivo; Finale. Allegro con fuoco, tempo di Polacca) con la sciolta sicurezza che è propria del direttore di classe, lucido e autorevole.

Il successo per un programma che inanellava grandi nomi ma pezzi non proprio consueti va tutto a gloria di due musicisti che ci auguriamo di rivedere presto nei nostri teatri.


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