Giovani ieri, giovani oggi
di Alberto Ponti
Il pianista italiano di origine russa Alexander Gadjiev, secondo classificato all'ultima edizione del concorso Chopin, dimostra personalità e maturità nel secondo concerto dell'autore polacco. Fabio Luisi si conferma come uno dei migliori direttori sulla piazza nel sontuoso tardoromanticismo di Richard Strauss
Non potrebbe esserci inno più sincero alla giovinezza che ascoltare nella stessa serata il secondo Concerto di Fryderyk Chopin seguito dalla fantasia sinfonica Aus Italien di Richard Strauss. 19 anni il primo e 22 il secondo avevano all'epoca della composizione di questi lavori, che portano entrambi, pur nella differenza di stili e di epoche, accanto all'entusiasmo degli esordi, alla freschezza e alla volontà un po' baldanzosa di impressionare, già il marchio di una genialità precocissima e inimitabile. Riuscire a immaginare per la prima volta, con il pianoforte o con la grande orchestra, suoni e timbri che molti altri colleghi avrebbero cercato invano di raggiungere per tutta la loro parabola artistica.
Alexander Gadjiev, nato in Italia da una famiglia di musicisti russi, si siede alla tastiera e, sebbene pure lui non sia nemmeno trentenne, si distingue per una prova matura e meditata dell'opera chopiniana. Il Concerto in fa minore op. 21 (1829) è, tra i due scritti dall'autore, quello maggiormente portato all'estroversione, alla sfoggio di un virtuosismo mai fine a se stesso ma figlio di una ricchezza del discorso che, nel suo espandersi quasi belliniano, raggiunge altezze poetiche vertiginose, sostenuto da un'orchestra che, grazie al gesto di Fabio Luisi, interviene puntuale e incalzante, necessario contrappeso agli aerei arabeschi del solista. Il pianismo di Gadjiev, al suo debutto alla Rai dopo aver ottenuto lo scorso ottobre il secondo premio al concorso Chopin di Varsavia, ha il proprio punto di forza in un tocco delicatissimo, sfaccettato, che illumina ogni singola nota di riflessi iridescenti. Anche nei passaggi di aperta forza muscolare, nelle cavalcate a mani parallele del Maestoso iniziale, nel guerresco stormire di terzine del finale Allegro vivace non si ha mai la percezione di un impegno al limite delle forze, i forte e i fortissimo scuotono il nostro animo di ascoltatori rapiti da un suono di esemplare splendore ma che non satura tutto lo spazio che avrebbe fisicamente a disposizione. Non stupisce che l'ispirato Larghetto, romantica e sognante rêverie, brilli anch'essa di un abbandono fiabesco che Gadjiev distilla nota a nota con infallibile precisione nelle folate di biscrome così come nella dolcezza degli attacchi e degli appoggi, declinando la calcolata calligrafia delle passioni, di cui Chopin è maestro, con naturale spontaneità. La medesima tendenza è evidente nei due generosi encore sempre del musicista polacco (preludio op. 28 n. 4 in mi minore e studio op. 10 n. 8 in fa maggiore) concessi a una sala accesa dal massimo entusiasmo.
Concepito al ritorno di un grand tour nel nostro paese compiuto da Richard Strauss nella primavera-estate 1886, Aus Italien op. 16 si colloca a una svolta nella carriera del giovane compositore, prima incursione nel campo della musica a programma di cui sarebbe da lì a poco divenuto esponente di riferimento coi successivi, memorabili poemi sinfonici. Lo stile lussureggiante, che denota un dominio del suono assoluto e una capacità di pensiero e immaginazione sbalorditiva per l'età del musicista, è valorizzato dalla splendida concertazione di Luisi, profondo conoscitore della partitura, già incisa una quindicina di anni fa alla guida della Staatskapelle Dresden. Il maestro dirige in modo elegantissimo senza bacchetta, tira fuori il meglio dall'Orchestra Sinfonica Nazionale e guadagna un indubbio successo personale premiato dalla lunga ovazione dell'intero auditorium. L'ampio respiro del primo episodio dedicato alla campagna romana, ravvivato da una parte centrale energica e mossa, il successivo sfolgorante Allegro nato dall'impressione delle rovine della città eterna, la raffinata scena sulla spiaggia di Sorrento incorniciata dai rintocchi dell'arpa e, per finire, la complessa elaborazione cui viene sottoposto il celebra tema della canzone Funiculì funicolà di Luigi Denza, in una rappresentazione vorticosa della vita popolare napoletana, sono le tappe dell'affascinante taccuino di viaggio straussiano, assente dai programmi Rai dall'ormai lontano 1993. Fabio Luisi, abile nel portare alla luce l'enorme varietà timbrica del lavoro evidenziando in ogni frase il giusto accento, il fraseggio perfetto, l'impasto strumentale più pregnante, rappresenta una scelta eccellente per questo repertorio. La sua nomina a direttore emerito, a partire dalla stagione in corso, è il miglior viatico per l'ulteriore crescita di una tra le orchestre di punta del nostro paese.