L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il pianeta Chopin

di Alberto Ponti

Nell'ambito di MiTo settembre musica, molte luci e qualche ombra caratterizzano il recital di Gloria Campaner dedicato al poeta del pianoforte, nella cornice di un’esecuzione segnata da passione e personalità

Torino, 22 settembre 2022 - Interprete di classe e sensibilità, Gloria Campaner nel programma monografico chopiniano al Teatro Monterosa di Torino per MITO Settembre Musica, affronta i 24 preludi op. 28 del compositore polacco. Sono pagine che lei stessa definisce, durante una breve presentazione prima di sedersi alla tastiera, amate e meditate, oggetto anche di una recente incisione su disco.

Prima dell’impegnativo corpus, la serata è aperta da una manciata di pezzi esemplari di generi praticati da Chopin: un preludio (quello pubblicato a sé come op. 45), un valzer (op. 62 n. 2) , una mazurka (op. 63 n. 3) e un notturno, tutti accomunati dalla tonalità di do diesis minore. Il tocco della pianista si dimostra morbido, mutevole, attento a cogliere nelle minime sfumature di fraseggio e dinamica il senso di un discorso comune ai tanto diversi stati d’animo evocati dai titoli.

Nell’op. 28 queste sensazioni vengono addirittura dilatate in un affresco di dimensioni non amplissime rispetto ad altre pietre miliari della letteratura solistica (in fondo è mezz’ora scarsa di musica) ma caratterizzato da una varietà e una concentrazione di differenti, e talvolta violentemente opposti, colori pittorici e stati emotivi da avere pochi eguali in un secolo quale l’Ottocento che pure vide il pianoforte tra i suoi protagonisti principali.

La cifra stilistica della Campaner si snoda attraverso un caleidoscopio cromatico che mette a dura prova le capacità non solo tecniche ma anche di lettura poetica del solista. Vi sono alcune licenze di tempo, inquadrabili in una visione matura e personale del testo pianistico, che arriva a lambire in alcuni passi una contemplazione quasi dilatata e incantata dell’armonia chopiniana (preludio n. 13, Lento, e n. 7, Andantino).

Negli ultimi preludi, doppiato il capo del n. 15 (Sostenuto, la celebre ‘goccia d’acqua’) si ha la sottile impressione dell’insinuarsi di un affanno da prestazione, una voglia di strafare negli episodi di maggior impegno virtuosistico. Emblematico a tale riguardo è il n. 16 in si bemolle minore (Presto con fuoco) dove le due granitiche terzine d’esordio, lungi dall’introdurre un’atmosfera misteriosa e sospesa prima della gragnola pirotecnica di semicrome alla mano destra, lasciano presagire piuttosto la corsa à bout de souffle successiva al termine della quale gli accordi finali paiono più liberazione che suggello di un’espressione compiuta. Qualcosa di analogo si ripete nel n. 18 (Molto allegro): nell’inferno scatenato da Chopin in sole 21 battute si fatica francamente a percepire un disegno unitario da parte dell’interprete.

Meglio riuscita la triade conclusiva di brani: nel Molto agitato (n. 22) il gioco di legato e staccato viene reso al meglio, il delicatissimo Moderato (n. 23) è giocato da Gloria Campaner appoggiando con notevole eleganza l’ininterrotto arabesco di arpeggi sul sofisticato canto nel registro grave, il tempestoso eloquio dell’Allegro appassionato n. 24 è infine domato con equilibrio dalla melodia discendente di re minore dell’apertura fino alle tre reiterazioni martellate della tonica, ultimo atto del memorabile ciclo.

Un caloroso consenso saluta un’interpretazione impetuosa e contraddittoria, come è la vita, di cui questa raccolta costituisce una sublime epitome sul piano musicale.


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