Cerchi aperti
La Norma del circuito OperaLombardia registra un caloroso successo anche al Teatro Sociale di Como: sugli scudi il direttore Alessandro Bonato e Martina Gresia nel ruolo del titolo.
Como, 16 ottobre 2022 – Norma, si sa, è un titolo che tremare le vene ai polsi, tanto a chi la mette in cartellone quanto agli interpreti chiamati all’arduo cimento: servono protagonisti autorevoli in grado di cantare bene e interpretare meglio, un maestro capace di cogliere nel meraviglioso ta-ra-ta ta-ra-ta una graffiante teatralità e un regista per cui infiammare la narrazione non significhi solo grigliata mista gallo-romana. Nella Norma del circuito OperaLombardia, approdata a Como dopo Brescia e Cremona, fortunatamente, c’è quasi tutto.
C’è innanzitutto un Direttore – si, con la maiuscola –, il giovanissimo Alessandro Bonato, che alla guida dell’orchestra I Pomeriggi Musicali lavora di cesello sulla partitura e di pennello sul dramma. Sempre percorsa da un brivido di tensione che scalpita lungo la schiena anche laddove la musica si apre negli involi melodici belliniani, la lettura di Bonato più che concertazione è autentica narrazione musicale: lo si percepisce dagli svariati preziosismi strumentali che dalla buca emergono per far da cassa di risonanza emotiva alle scene e raddoppiare il testo, lo si avverte sulla pelle dal succulento susseguirsi di agogiche e accenti – ora agili e taglienti, ora larghe e tese come corde di violino – atto a puntellare e vivificare il repentino svolgersi dell’azione, lo si vede nella molteplicità di colori e sfumature generosamente disseminata su di un manto orchestrale ovunque contraddistinto da una lunare trasparenza, lo si sente nel fraseggio orchestrale raffinatissimo, epurato com’è da quegli eccessi che trasformano il sublime melodiare in lezioso sbrodolare. Bonato, infine, ha pure il grosso merito di far quadrare sempre i conti tra buca e palcoscenico, garantendo agio ai solisti e un solido punto di riferimento alle masse.
C’è poi un parterre vocale di tutto rispetto, a partire dalla giovanissima Martina Gresia che al terrificante ruolo della sacerdotessa druidica si avvicina con le migliori intenzioni e ottimi risultati. Se di fatto il canto nudo è ancora perfettibile, qui sul versante delle dinamiche e là sui passaggi di agilità – niente, comunque, che a venticinque anni non possa essere risolto, viepiù quando in possesso di mezzi di prima qualità per colore e ampiezza –, il canto vestito sa essere appassionato, vibrante in un fraseggio dove la parola è soppesata con gusto e misura, toccante nei recitativi miniati con estrema perizia, specie in fondo all’opera dove le qualità dell’interprete risplendono in un finale sinceramente coinvolgente. Piace anche l’Adalgisa di Veta Pilipenko, mezzosoprano russo dal timbro ambrato e dalla tecnica convincente, a tratti solo un po’ freddina nella resa del personaggio. Antonio Corianò, Pollione, non è un vero e proprio un belcantista e, al netto di qualche perdita di fuoco sull’intonazione, si apprezza per partecipazione e squillo. Alessandro Spina, infine, è un autorevole Oroveso. Completano il cast Benedetta Mazzetto (Clotilde) e Raffaele Feo (Flavio). Buona la prova del Coro OperaLombardia istruito dal Maestro Massimo Fiocchi Malaspina.
Non c’è, spiace scriverlo, uno spettacolo che sappia dire qualcosa di nuovo, o semplicemente dire qualcosa, uno spettacolo capace di chiudere quel cerchio a cui sulla scena continuamente si rimanda. Se da un lato i costumi e le scene di Tommaso Lagattolla costruiscono una cornice dal bel segno visivo, dall’altro la regia firmato da Elena Barbalich si limita a fare poco e nulla, peraltro col poco che rischia di essere peggio del nulla. Peccato.
A fine recita, però, gli applausi sono scroscianti e il Teatro Sociale di Como riserva a Bonato e Gresia sonore e strameritate ovazioni.