L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Finalmente Bernstein

di Sergio Albertini

West Side Story arriva a Cagliari (anzi; addirittura per la prima volta in Sardegna) con un'esecuzione da ricordare che si spera incentivi nuove aperture di repertorio verso il contemporaneo e grandi classici ancora poco frequentati in programmi che usano alternare consuetudine e riscoperte.

CAGLIARI, 18 dicembre 2022 - Era ora. Era ora che West Side Story arrivasse a Cagliari. Addirittura, in prima assoluta per la Sardegna. Era ora che uno spettacolo congelato dall'esplosione della pandemia rientrasse, come merita, nel cartellone.

Sarebbe ora di interrompere per un po' di raschiare il fondo dei ricordi melodrammatici sepolti dal tempo per avventurarsi verso The Tempest di Ades, Nixon in China di John Adams, The Minotaur di Harrison Birtwistle. Il pubblico di Cagliari non ha grandi alternative, e non lo si può nutrire solo di cascami o di un repertorio (irrinunciabile, per carità) fatto di Carmen, La boheme, Andrea Chénier, La traviata, La Cenerentola (come si prospetta già nel 2023). Questo successo, indiscutibile, di West Side Story (un teatro pieno in ogni ordine e grado, come non s'era visto per nessuna delle opere precedenti)è segnale di una fame di nuovo, di diverso, di scoperta. Occorrerà una profonda riflessione. E magari, guardare anche ad un'idea di repertorio – normale altrove - che comprenda anche Wozzeck, Kovantchina, Roberto Devereux, Les Troyens, Billy Budd, Lo frate 'nnamurato, Semiramide, Alcina o Giulio Cesare.

West Side Story benvenuta, quindi. Una produzione affidata alla regia solida di Francesca Zambello nata dalla coproduzione tra Lyric Opera of Chicago (dov'è andata in scena nel 2019 e dove tornerà nel giugno del 2023), Washington National Opera (dove la Zambello è direttrice artistica) e del Glimmerglass Festival di Cooperstown, New York (anche qui la Zambello ne è direttrice artistica, dove peraltro inserisce ogni anno una youth opera ed una residenza annuale per artisti).

Uno spettacolo monstre, per la perfezione, la bravura, la cura di ogni componente. A partire dal direttore James Lowe: nel curriculum pubblicato nel programma di sala mancano delle informazioni che ritengo preziose. Formatosi presso l'Università di Edimburgo, ha seguito corsi con Benjamin Zender, conductor fellow con la Boston Philharmonic, si è perfezionato con Jorma Panula, Neeme Jarvi, Valery Gergiev, Bernard Haitink, del quale è stato anche assistente. Una bacchetta con grande esperienza e formazione (a differenza di qualche scelta prossima ventura della prossima stagione)che conosce anche molto bene il mondo del musical, avendo diretto, tra gli altri, Sweeney Todd all'Opera di San Francisco, a Broadway Anything Goes (vincitore del Tony Award e candidato ai Grammy Awards) e Les Miserables. Lowe, fulcro assoluto di questa edizione di West Side Story, ha letteralmente trasformato l'Orchestra del Lirico cagliaritano in un'orchestra di spessore internazionale, arricchita – come richiesto dalla partitura – da una sezione di ottoni, di percussioni, chitarra elettrica, batteria. Il senso del ritmo, la freschezza sonora della sezione degli archi (priva di viole e con un solo contrabbasso), l'equilibrio con le voci (amplificate) ne ha evidenziato la duttilità, la capacità di adattarsi a repertori inediti affrontati con entusiasmo e impeccabile adesione stilistica.

Lo spettacolo è una perfetta macchina da guerra. Otto giorni consecutivi, dieci repliche (doppio spettacolo in due date), un unico cast che recita, canta, balla, funge da servi di scena per velocissimi cambi a vista. Il tutto impeccabilmente, con un rigore, una precisione, una naturalezza ben lontane da tante belle statuine che spesso ci è capitato di vedere (il ricordo torna ad esempio al recente Ernani cagliaritano). Un uso quanto mai opportuno di sopratitoli ben realizzati.

E lo spettacolo. A partire dalle storiche coreografie di Jerome Robbins, la cui collaborazione con Bernstein parte nel 1944 con On the Town e Fancy Free e approda alla regia (a quattro mani con Robert Wise) del West Side Story cinematografico del 1961, candidato a ben 11 Premi Oscar. Coreografie assolutamente perfette ed efficaci, evocative e pulsanti, eseguite in maniera dirompente dai componenti del cast, a partire dall'iconico inizio sulle note dell'ouverture che mantiene intatta tutta la sua potenza visiva.La regia della Zambello riprende quella originale di Robbins, e qui a Cagliari viene a sua volta ripresa da Eric Sean Fogel (attualmente direttore dello staff al Metropolitan di New York). Ineccepibile la cura di ogni singolo interprete, la gestualità nei dialoghi, la mimica facciale, le composizioni di certi quadri, la struttura scenica (di Peter J.Davison) che, con agili e rapidi cambi, ricostruisce ciò che è, ciò che deve essere, come lo immaginiamo. È New York, quella dell'Upper West Side, i suoi lampioni (ma uno era fulminato, e non credo fosse una invenzione scenica), il viadotto stradale, il drugstore di Doc, il negozio di abiti dove lavora Maria, la sua stanza (con Madonnina alla parete e lucine festose), la palestra del Liceo, la scala antincendio e il balcone. Quasi a ribadire che rivisitare, reinterpretare, sovvertire, contaminare, rielaborare non sempre e non comunque sia indispensabile. Il tutto ben coadiuvato dai costumi dal gusto vintage di Jessica Jahn e dal variegato uso delle luci i A.J.Guban riprese da un disegno originale di Mark McCoullough.

Il cast vede ovviamente protagonisti i due sfortunati amanti, Tony e Maria. Voci ben impostate tecnicamente, ma con il gusto popular: Andres Acosta, Tony, di origini cubane. ha - come tutto il cast – l'ideale physique du role: voce tenorile luminosa e ben proiettata, con ottimo controllo dei pianissimi e del falsettone, restituisce a “Maria” (uno dei brani divenuto vero e proprio standard) la sua dimensione trasognante e amorosa. Teresa Castillo, Maria, di origini costaricane, possiede un timbro quasi adolescenziale in linea col suo personaggio, che ben si amalgama nel duetto con Tony nella Balcony Scene. Andrebbero, ovviamente, citati tutti, e sono tanti: mi piace almeno ricordare la strepitosa, sensualissima Anita della portoricana Amanda Castro (cui sono stati tributati a fine serata caldi applausi), i ruoli recitati di Doc (Wynn Harmon) e soprattutto, nel suo breve intervento, di Glad Hand (Cole Francum): quando chiede “formate due cerchi, i ragazzi in quello esterno, le ragazze in quello interno” e Bog Deal risponde: “E tu dove stai ?”, per un attimo si torna a respirare quel clima omofobico di cui ben scrive Stefano Zenni nel programma di sala e contro cui alcuni degli autori di questo musical dovettero combattere.

Grande successo, si è detto. Meritato sul campo.

Sergio Albertini

quarta recita, 18 dicembre 2022

 


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