L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tosca, il grande ritorno

di Irina Sorokina

Successo per la ripresa di Tosca nell'allestimento di Hugo De Ana, quest'anno con la direzione di Francesco Ivan Ciampa. Nel cast si impone lo Scarpia di Luca Salsi, mentre luci e ombre caratterizzano le prove di Roberto Alagna e Aleksandra Kurzak.

VERONA, 29 luglio 2023 - Si, proprio così, sabato sera la Tosca pucciniana ha fatto il suo ritorno all’anfiteatro veronese ed è stato un gran successo. Potremmo dire che l’allestimento di Hugo De Ana risalente al 2006 è da sempre una delle produzioni più solide e collaudate della Fondazione Arena di Verona; nel corso degli anni ha avuto parecchie riprese che sono state sempre accolte dal pubblico con entusiasmo e non è andata diversamente in questa occasione.

La creatura di De Ana sembra non mostrare i segni del tempo. La Tosca del demiurgo argentino da sempre evita felicemente riferimenti troppo espliciti ai monumenti e alle bellezze della città eterna lasciando così spazio all’immaginazione dello spettatore: il palcoscenico enorme è dominato dalla testa dell’angelo, dalla mano con la spada che potrebbe punire e dall’altra mano; dietro c’è il grande pannello rettangolare color nero diviso in sezioni che ricorda quello inventato per il Nabucco del 2002. Nel primo atto le sezioni rettangolari a volte vengono aperte e rivelano il clero in abiti dorati e abbaglianti, nel secondo fanno vedere i lampadari della sala da concerto dove canta Tosca, nel terzo un pannello scopre l’interno della cella di Cavaradossi. Come quasi sempre negli allestimenti di De Ana, la scenografia si sostituisce alla regia vera e propria.

Alla prima, in un cast più che dignitoso, ha dominato il baritono Luca Salsi nei panni del Barone Scarpia. Il baritono parmigiano che abbiamo sentito parecchie volte nel repertorio verdiano sembra abbia trovato il ruolo a lui più consono in uno dei capolavori di Puccini. Qui la sua sicurezza di uomo e la virilità hanno trovato un terreno fertile; il capo della polizia romana è apparso in tutta la sua ricchezza psicologica, ha unito i modi aristocratici e un’evidente galanteria con il sadismo e la voglia indomabile di possedere la donna di turno, soprattutto se questa donna è una celebre cantante dal bel caratterino. In alcuni momenti l‘interpretazione ha prodotto un effetto davvero prezioso: lo Scarpia di Salsi faceva sentire quasi fisicamente un’energia negativa e nello stesso tempo irresistibile. Un gran lavoro sull’emissione, sulla pronuncia e sull’accento: pur avendo visto e sentito tanti bravi interpreti del ruolo, bisogna ammettere che qui Luca Salsi abbia fatto il centro.

Ha funzionato bene la coppia degli innamorati, la diva Tosca e il pittore Cavaradossi. Due artisti esperti, compagni nella vita e sulla scena, non si sono certo risparmiati e hanno coinvolto il pubblico in pieno nel gioco d’amore che a causa delle simpatie del pittore per gli ideali repubblicani sfocia in una tragedia sanguinosa dai tratti sadici. Da due voci ben esperte non si aspettavano certo sorprese, ma piuttosto la solidità e così è stato. Aleksandra Kurzak, con molte carte in regola, ha disegnato una Tosca convincente, ma a tratti grossolana, nelle movenze e nel canto. Alla voce forte e ben impostata è mancata una gamma di colori raffinati: ci sarebbero volute più sfumature e nel registro basso si è percepita una certa rozzezza. Decisamente più equilibrato ed elaborato è stato “Vissi d’arte”, mentre il peccato d’esagerazione e di tendenza al grido è tornato nelle battute finali dell’opera.

Il tenore ha convinto di più: la voce di Roberto Alagna forse non vanta la freschezza di una volta, ma la bellezza del timbro, lo squillo, i colori variegati rimangono e non dimentichiamo che il 7 giugno ha compiuto sessant’anni. Avremmo preferito un Cavaradossi passionale come Alagna, ma un po’ più moderato e equilibrato vocalmente; al pari di Kurzak il tenore siculo francese non ha evitato una certa tendenza al grido e alla rozzezza, entrambi sopportabili. La riscossa è avvenuta alla fine, nel momento di “E lucevan le stelle”, quasi sempre magico: lo era quattro anni fa quando cantava Fabio Sartori e lo è stato quest'anno.

Davvero speciale si è rivelato il resto della compagnia di canto, a partire da uno spigliato Giulio Mastrototaro come Sagrestano e da Giorgi Manoshvili, un eroico e dignitoso Angelotti. Carlo Bosi e Nicolò Ceriani sono stati i grandi interpreti dei cosiddetti piccoli ruoli di Spoletta e Sciarrone che da sempre giocano un ruolo importante nella drammaturgia dell’opera. Hanno completato il cast Dario Giorgelè (un carceriere) e Erica Zaha (un pastore).

Nella serata del debutto della Tosca 2023 ha brillato la presenza di Ivan Francesco Ciampa alla guida dei complessi dell’Arena di Verona. Un’efficace direzione, la sua, accurata e studiata nei minimi dettagli, dal gesto elaborato, non solo espressivo, ma piacevole anche agli occhi: ha riscosso giustamente un grande successo. Buone parole vanno sempre al coro dell’Arena di Verona preparato da Roberto Gabbiani affiancato dal Coro di voci bianche A.d’A.Mus. diretto da Elisabetta Zucca.

Alla fine l’Arena esplode in applausi assordanti ed espressioni d’entusiasmo; una bella serata e un buon debutto della Tosca amatissima che felicemente insiste a non perdere la sua vitalità.


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