L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'inverno dei migranti

di Luigi Raso

L'opera di Ludovico Einaudi  Winter journey approda con successo al San Carlo di Napoli dopo il debutto nel 2019 al Massimo di Palermo.

NAPOLI, 7 ottobre 2023 - “Opera musicale non tradizionale”: così Roberto Andò definisce Winter journey, nato dalla collaborazione tra il compositore Ludovico Einaudi, il librettista irlandese Colm Tóibín e lo stesso Andò, ideatore della drammaturgia, oltre che regista.

Spettacolo dal forte impatto visivo ed emotivo, Winter journey rende inscindibili tra loro il raffinato e incisivo libretto (in inglese), la rappresentazione curata sapientemente da Andò, alla quale si sovrappongono i video di Luca Scarzella, dal taglio cinematografico, e la musica di Ludovico Einaudi, la quale, nella raffinatezza e concisione delle cellule tematiche, “illustra” la narrazione e, soprattutto, la rappresentazione espressiva ed emotiva di questo viaggio invernale.

Più correttamente, siamo portati ad individuare due viaggi invernali: perché, se il primo immaginato dagli autori è quello che narra, attraverso i dialoghi e i monologhi dei protagonisti, la vicenda del Man (uomo) partito dalla sua terra martoriata con la speranza di trovare un futuro migliore e di essere accolto in Europa, il secondo viaggio è un atto di accusa nei confronti de Vecchio Continente che ha smarrito gli ideali di accoglienza, eguaglianza, tolleranza e che ha dimenticato il suo nobilissimo patrimonio filosofico.

In scena dunque, vediamo e percepiamo due inverni: quello emotivo, dell’anima dell’uomo costretto a fuggire dalla disperazione, che lascia la moglie e il figlio, che è alla ricerca perenne di un fortunoso ponte di comunicazione (a noi europei smartphonedipendenti resta impressa la ricerca dell’uomo di un cellulare con la batteria carica per mandare sms alla sua donna, per farle sapere di essere sopravvissuto alla traversata in mare); l’altro inverno è quello calato sull’Europa: il libretto di Colm Tóibín è un duro j’accusenei confronti delle politiche europee in materia di migrazione, troppo influenzata da squallidi calcoli elettorali e ossessionata da paure spesso figlie di pregiudizi e stereotipi.

Del dramma, storico ma soprattutto personale, dell’emigrazione Roberto Andò dà una rappresentazione teatrale strutturata in sette sezioni - quasi pannelli di un polittico di un lungo peregrinare - toccanti, opprimenti (quelle in mare, perfettamente sottolineate dai video di Scarsella, ad esempio), dalle scene e luci di Gianni Carluccio e dai costumi di Daniela Cernigliaro, che inchiodano il dramma dell’emigrazione hic et nunc, mettendoci davanti al nitido specchio del nostro presente.

A sottolineare le tappe di questo viaggio interiore la musica di Ludovico Einaudi, alla sua prima “opera lirica”: l’adorato pianoforte qui si accompagna a una narrazione orchestrale di grande suggestione, nel corso della quale le cellule melodiche quasi si adagiano sulle pieghe delle emozioni, delle speranze deluse del Man e della sua Woman. Composizione emotivamente intensa, che nella ripetizione ossessiva delle micromelodie crea atmosfere sonore dalle quali emerge lo struggimento, la delusione, l’oppressione del viaggio del migrante, in sintonia speculare con l’aspetto teatrale-cinematografico.

La calibratissima resa musicale si giova della direzione, precisa nella gestione dei volumi e pesi sonori, di Carlo Tenan: si ascoltano nitidamente le strutture di Einaudi, le loro dinamiche e colori. Da lodare, dunque, anche perché impegnate in un repertorio poco/nulla frequentato, l'esattezza, la duttilità e la versatilità dimostrate dall’Orchestra del San Carlo e dal Coro, diretto da Vincenzo Caruso.

Badara Seck, nei panni di Man, è un artista intenso, che emoziona con il suo canto straziante, intriso nei melismi, nei colori della tradizione africana; pari per intensità e coinvolgimento è la magnifica e sensualissima vocalità di Woman di Malia.

Determinante alla riuscita dello spettacolo sono anche i recitanti, che doppiano fuori scena Man e Child – rispettivamente Mamadou Dioume e Leslie Nsiah Afriyie – e soprattutto il Politician di Jonathan Moore, perfetto nell’incarnare l’anima inaridita di un indeterminato politico europeo (in realtà, a sentire i suoi refrain sul tema, riconoscibilissimo) che propone e urla slogan ai suoi elettori.

Al termine dello spettacolo – un’ora e mezza circa, senza intervallo; a giudizio di chi scrive, forse durata non commisurata, per eccesso, alla stringatezza della trama e alla concisione del linguaggio musicale di Einaudi – sono ben sette i minuti di applausi calorosi che salutano la prima rappresentazione assoluta a Napoli di Winter journey, coproduzione del Teatro Massimo di Palermo (dove è andata in scena nel 2019) e del Teatro San Carlo, per il quale era stata programmata per la Stagione lirica 2019-2020, poi stravolta dalla pandemia di Covid-19 e, infine, recuperata stasera.

Dopo il silenzio gravido di emozione e smarrimento che segue agli ultimi accordi, la sala, quasi del tutto gremita, tributa un successo convinto per gli autori e artefici dello spettacolo.


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