L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il timbro di Schubert

di Alberto Ponti

Nel recital incentrato sul compositore viennese, Roberto Plano si dimostra interprete di riferimento per intensità di espressione e precisione di suono e colore

TORINO, 19 settembre 2023 - Franz Schubert è autore dai mille volti, non solo i tra i generi molto differenti affrontati nella breve vita, ma anche all’interno della musica per uno stesso organico o strumento. La sua estesa produzione pianistica è un ottimo esempio, racchiudendo pagine dense di umori contrastanti, che rispondono ad esigenze espressive mutevoli, accomunate dalla nascita in uno stesso periodo eppure assai lontane tra loro. Basti pensare, a titolo di esempio, all’ultima triade di sonate del settembre 1828. Tra le opere dell’estremo anno schubertiano, così denso di capolavori, compaiono, risalenti alla primavera, i Drei Klavierstücke D 946, dove lo stile delle sonate si fa per un momento da parte in favore di un discorso più libero e disinvolto, quasi privo di sviluppi in favore di pezzi solo in apparenza semplici dietro l’innocuo schema tripartito ABA, con la presenza di un secondo trio nei primi due.

Questa silloge costituisce il momento culminante del concerto, nell’ambito della rassegna Mito Settembre Musica, di Roberto Plano al Teatro Cardinal Massaia, periferia torinese ma sala gremita da un pubblico attento a non perdersi nemmeno una nota. E’ un impaginato di grande intelligenza, interamente dedicato al compositore austriaco, che arriva per gradi e come in crescendo a quell’intensità irripetibile dell’ultimo periodo creativo di Schubert, ponendo una volta di più la domanda retorica. Se ciò che oggi appare un vertice artistico non doveva essere che il punto di partenza di una piena maturità, dove sarebbe potuto arrivare uno Schubert non costretto a morire a trent’anni ma ammesso ad affacciarsi al pieno romanticismo di Schumann, di Liszt, di Wagner dai quali nemmeno una generazione lo separava?

Caratteristica evidente di Plano è un profondo studio timbrico su ogni pezzo, al quale riesce a conferire un colore tutto suo, identitario. L’Allegretto in do minore D 915 proposto in apertura è un breve brano di sapore metafisico, nel flusso scorrevole di un 6/8 che talvolta si arresta su pause improvvise, bruckneriane, spalancando abissi di inquietante profondità. Il tocco di Plano è preciso, pulito, intriso di una pienezza espressiva che va oltre la bellezza estetica per dipingere l’esatta sfumatura di ogni indicazione sullo spartito. Nei celebri successivi sei Moments musicaux D 780, pubblicati come op. 94, l’impressione è quella di assistere per la prima volta alla loro creazione con una chiarezza di intento unita a una visione personale e autorevole. Non vi è nulla di scontato, di retorico nel gesto di questo pianista, che ha il coraggio di scelte individuali capaci di esaltare la natura squisitamente schubertiana della raccolta. Per non fare che qualche esempio, il pacato esordio del primo Moderato si rispecchia nel liquido movimento di terzine della parte centrale che risuona di un’ebbrezza contenuta, timida e inarrestabile. L’Allegro moderato (n. 3) e l’Allegro vivace (n.5), entrambi in fa minore, il cui carattere è spesso sacrificato da interpretazioni troppo brillanti, qui diventano lo specchio dell’anima dell’autore, intrisa di una dolente, ossimorica felicità. E che dire allora del n. 4 (Moderato) dove il modello bachiano viene filtrato da una sensibilità già del tutto romantica, cui Plano rende giustizia infondendo nel gioco contrappuntistico un’energia vigorosa e sotterranea destinata a sciogliersi nel trio con il pudore di una delicata carezza appoggiata sulle sincopi della mano sinistra.

Il piccolo Kupelwieser-Walzer ha una storia particolare: improvvisato da Schubert in occasione del matrimonio di un amico venne tramandato a memoria nei decenni fino a quando non venne messo nero su bianco da Richard Strauss. E’ un’oasi di raffinata grazia prima della travolgente esecuzione dei Drei Klavierstücke, opera che nel catalogo del compositore cattura meglio di altre lo spirito e l’essenza del pianoforte con simbiosi quasi chopiniana tra pagina scritta e strumento. Se i Moments musicaux potrebbero essere trascritti per altri complessi o per orchestra, con i Klavierstücke l’operazione è impossibile tanto è elevato il legame con il suono pianistico.

La lettura di Plano si fa una volta di più acuta, sfaccettata, variopinta, abile nel portare alla luce la varietà di atmosfere che innervano l’alternanza di parti lente e veloci, privilegiando, con una naturale esattezza di colore ora l’incalzare delle figurazioni, ora il canto ispirato (nei primi due pezzi), concedendosi un momento di puro piacere virtuosistico nell’ultimo e più breve Allegro.

Tra gli applausi calorosi della platea, vengono proposti fuori programma Black Earth di Fazil Say dai ricercati effetti timbrici a imitazione del saz turco, e ancora Schubert con il valzer op 18 n. 6, legati dal fil rouge della medesima tonalità di si minore.


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