L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fra vita e morte

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta un concerto armoniosamente bipartito: nel primo tempo, il Concerto per violino e orchestra “Alla memoria di un angelo” di Alban Berg, nel secondo la Symphonie fantastique op. 14 di Hector Berlioz. La direzione è affidata a Kazuki Yamada, mentre la parte per violino è eseguita da Vilde Frang.

ROMA, 17 novembre 2023 – La rêverie è una condizione di abbandono puramente fantastico, onirico, che trasporta l’essere umano in un’altra dimensione, separata dalla realtà: proprio la rêverie costituisce il fil rouge che lega i brani dell’odierno concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretto da Kazuki Yamada.

L’ultima opera di Alban Berg, il Concerto per violino e orchestra “Alla memoria di un angelo”, occupa il primo tempo. Involontario requiem dell’arte di Berg – fu l’ultima opera scritta in vita dal compositore – il concerto venne scritto per commemorare la giovane Manon Gropius, figlia del celebre architetto e di Alma (sposa, in prime nozze, di Mahler): è un concerto, dunque, che trasuda di morte, anzi della trasfigurazione musicale della morte. Una rêverie funerea, per creare la quale Berg prevede un’ingente orchestra, che non usa mai a volume spiegato, ma grazie alla quale riesce a creare una coltre spessa, che evoca la connessione fra i due mondi (terreno ed ultraterreno). Yamada dirige con gesto ampio, attento alle dinamiche della massa orchestrale, tenendo il volume opportunamente contenuto, per permettere al violino, in perenne dialogo con l’orchestra, di far sentire la sua voce. La parte del violino è qui interpretata da Vilde Frang, una parte cui è richiesta, soprattutto, sensibilità, quella che la Frang dimostra in quantità: filati, passaggi ricchi di colori, suoni quasi sussurrati, tutto concorre a rendere intensa la melopea composta da Berg. Ma non c’è solo l’elemento onirico; in questo concerto c’è anche un dramma profondo, che il violino esprime in sprazzi di violenta o straziante energia, che vengono stemperati da passaggi orchestrali che sanno di musica sacra. L’intera partitura, bipartita nei movimenti, è in realtà uniforme nella scrittura, cosicché è l’interprete a dover dare il giusto colore di ogni frase. L’esecuzione piace ed il pubblico applaude calorosamente.

Secondo movimento, altra rêverie: la Symphonie fantastique di Berlioz. Partitura ampia, dai mille colori, la Fantastique è un pezzo amato dal pubblico, per la cromatica bellezza delle sue melodie: per Yamada, direttore elegante nel gesto e nel respiro agogico, è un invito a nozze, tanto che, più che dirigere, pare quasi danzare sul podio. Yamada è un direttore che bada molto al dato puramente estetico, ma che sa anche lavorare con i volumi, vivacizzando i passaggi e creando piccole verticalizzazioni sonore che ravvivano la performance. Che si tratti della screziata tessitura di Rêveries (II), dell’elegante valzer di Un bal (II), della placida natura evocata in Scène aux champ (III), dell’inesorabile, mortifera Marche au supplice (IV) o, infine, della satanica, ma elettrizzante Songe d’une nuit de Sabbat, Yamada sa cavare il meglio da una partitura dove, ancora una volta, vita, sogno e morte si mescolano inesorabili. Dopo il roboante finale il pubblico esplode in un applauso sonoro: molti si alzano in piedi, rendendo omaggio a Yamada.


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