L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Le forme della Memoria

di Roberta Pedrotti

A Pesaro il concerto della Wunderkammer Orchestra nel Giorno della Memoria attraversa il lascito di umanità di Mozart e Verdi fino alla disperazione e all'orrore del Novecento. 

PESARO, 27 gennaio 2024 - 27 gennaio. Da un lato si ripetono gli omaggi dovuti, formali, dall'altro sorgono strida oltraggiose che vogliono minimizzare, derubricare, alterare, deformare la memoria in un gioco di confronti e stolide recriminazioni. Nel mezzo c'è chi piange i propri morti, c'è chi riflette sul serio su come sia possibile che l'uomo arrivi perfino oltre la logica delle pulsioni distruttive di avidità e violenza per arrivare non solo ad aggredire e depredare, ma a progettare la metodica eliminazione di altri uomini solo in base a ciò che essi sono per natura, a chi erano i loro genitori, nonni, antenati, nemmeno in base a ciò che effettivamente fanno o possiedono. Riflettiamo su quante persone intorno a noi, e magari noi stessi, in questa stessa Europa di nemmeno cent'anni fa sarebbero stati condannati con una stella o un triangolo. Riflettiamo su quante persone bollate e condannate allora con una stella o un triangolo sono discriminate, considerate diverse, guardate con sospetto ancor oggi: non c'è categoria perseguitata allora che oggi si sia completamente liberata dai pregiudizi.

Che fare, allora, il 27 gennaio? Ci sono istituzioni che dedicano iniziative alla Memoria, che ne sono che fanno tutt'altro. Quest'anno ho deciso di seguire il concerto proposto dalla Wundercammer Orchestra nella Sala della Repubblica del Teatro Rossini di Pesaro. Un programma, invero, differente da quello previsto in origine e sostituito per cause di forza maggiore, ma che offre tuttavia uno spunto da non trascurare: la concomitanza fra la liberazione di Auschwitz, la nascita di Mozart e la morte di Verdi non è una contrapposizione di opposti che si escludano a vicenda. È, semmai, un monito: quella stessa umanità che ha negato sé stessa progettando l'annientamento dei propri simili è stata anche capace di fiorire nel genio artistico, non in una bellezza fredda, astratta e isolata, ma in una sensibilità che ha raccontato, analizzato e sublimato proprio il senso dell'essere umano. Le atmosfere notturne, tenere, sensuali delle arie di Susanna, Zerlina, Gilda o Nannetta ci dicono che c'è della bontà, della sincerità nell'uomo e anche quando Mozart e Verdi hanno rappresentato ambizione, meschinità, calunnia, sopraffazione, hanno esplorato l'umanità, le sue contraddizioni, offerto una chiave critica di lettura, di denuncia e di riscatto. Pochi artisti al mondo hanno saputo raccontare l'Uomo, nel bene e nel male, come Mozart e Verdi. L'arco della loro vita è stato posto dal Caso o dal Fato a contraltare della massima disumanità.

Nella seconda parte del concerto (quella in cui la voce del soprano Federica Livi, accompagnata al piano da Marta Tacconi, si trova più a suo agio) racconta proprio la disumanizzazione. Il grido disperato di una donna senza nome aggrappata all'ultima conversazione telefonica, un monologo di fatto, con un uomo che non lo ama più è l'emblema della solitudine che genera mostri, e di un mondo mostruoso che genera solitudini: ecco un estratto da La voix humaine di Poulenc. Poulenc, attivamente schierato con la Resistenza francese, è presente anche con le Banalités del 1940 e la tristemente profetica Priez pour Paix del 1938. E, poi, il cuore della tragedia, l'esito estremo da non dimenticare, perché le diverse forme delle cause e dei contesti non passino mai inosservati. Ascoltiamo Heimatlos, la versione del compositore e pianista contemporaneo Paolo Marzocchi del tango ebraico del “senza patria” divenuto un simbolo nei campi di concentramento. Ascoltiamo, nell'armonizzazione sempre di Marzocchi, Weigala di Ilse Weber (nata nel 1903, assassinata ad Aushwitz nel 1944), straziante ninna nanna composta dall'insegnante, illustratrice e scrittrice per i bambini di Terezin. Perché se c'è chi decide di smettere di essere umano, di uscire dalla civiltà, annientare sé stesso negando al prossimo il diritto di esistere, c'è chi resta umano cantando, come hanno insegnato Mozart e Verdi.


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