L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’estro del Prete Rosso

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia porta nei cartelloni della Stagione da Camera il talento del Concerto Italiano, celebre ensemble barocco diretto da Rinaldo Alessandrini, tra i più sensibili esperti del repertorio. Alessandrini ed il Concerto Italiano eseguono l’integrale dei dodici concerti dell’Estro Armonico op. 3 di Antonio Vivaldi, ricevendone grande apprezzamento di pubblico.

ROMA, 3 aprile 2024 – Il Concerto Italiano è una delle più rinomate e blasonate orchestre barocche del mondo, che ha tra i suoi autori d’elezione proprio Antonio Vivaldi. È con L’Estro Armonico che l’orchestra si presenta al pubblico romano della corrente stagione da camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Opera che ha costituito il debutto europeo di Vivaldi, nel senso che la sua fama ha oltrepassato i confini della Serenissima, L’Estro Armonico viene qui presentato in veste integrale, sotto la direzione di Rinaldo Alessandrini, anch’esso esperto di vaglia della musica barocca, che esegue anche la parte al clavicembalo.

L’orchestra dà prova di grande maestria tecnica, soprattutto nelle parti soliste dei quattro violini, che si alternano per la parte principale nel corso della serata, dimostrando di essere in grado, in egual modo, di sostenere tutte le parti loro assegnate. I dodici concerti dell’Estro sono magistrali per invenzione, forma e contrappunto; Vivaldi consegna al futuro un’opera seminale per tecnica e difficoltà, ma pure un paradigma di suono cui sarà fedele durante tutta la sua produzione. Alessandrini dirige con maestria, facendo cantare le varie parti, imprimendo un’agogica controllata, mai sforzata né eccessivamente strascicata, dando un senso di serafico equilibrio, che regna incontrastato per tutta la serata. In tal senso, è difficile trarre qualche esempio sugli altri, vista l’uniformità, la precisione dell’esecuzione del Concerto Italiano. Farò, quindi, esempi che maggiormente si confanno al mio gusto e tali devono rimanere. Splendido l’Allegro del Concerto n. 12, con il suo melodiare saltellante, spiccato; il pubblico, poi, avrà notato il netto stacco con il successivo Largo, che pure allungando i suoni fino quasi a tenui filati non li sfibra mai. Come, poi, non citare il gioco cromatico dei contrappunti su cui si impernia l’incipitario Allegro del Concerto n. 10 (con cui, in questa edizione, si chiude il concerto), come pure l’esecuzione energica, vigorosa, delle sferzate dell’Allegro finale di questo concerto, uno dei brani più sperimentali dell’intera raccolta (per soluzioni strumentali ed effetti cromatici) – se è lecito sceglierne uno. Un altro dei talenti del Concerto Italiano è il tocco, superbamente mostrato nei vari movimenti lenti dei dodici concerti: si può fare l’esempio del pizzicato Larghetto e spiritoso del Concerto n. 8, che ha il sapore di una serenata in una calda estate partenopea. Il pubblico applaude alla fine di ogni concerto, divertito e soddisfatto – come, del resto, restare impassibili di fronte a brani come il Presto del Concerto n. 6, quasi un padre spirituale del rock. Dopo lauti applausi, l’ensemble ed il suo direttore si congedano concedendo il bis di uno dei movimenti testé eseguiti.


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