La ghigliottina come un bowling
di Irina Sorokina
L'allestimento del capolavoro di Poulenc nato vent'anni fa all'Helikon Opera torna in scena senza mostrare una ruga, forte anche dell'ottimo cast femminile schierato per l'occasione.
Mosca, 11 febbraio 2024 - Se il teatro moscovita Helikon-Opera fondato e diretto dal regista Dmitry Bertman compie trentaquattro anni, la sua messa in scena dei Dialogues des carmélites di Francis Poulenc ne conta esattamente venti. La prima andò in scena in aprile del 2004; risale proprio agli altri tempi visto che si tratta della Federazione Russa, eppure vent’anni anni dopo appare fresca come una rosa. La “colpa” è, ovviamente, del regista Bertman da sempre al centro di discussioni accese come da sempre l’oggetto d’ammirazione. Al giorno d’oggi gli animi sembrano placati: quasi quasi verrà dichiarato classico mentre è ancora in vita.
L’opera di Poulenc che non vizia gli appassionati con frequenti apparizioni nei cartelloni. Lo scrittore francese George Bernanos scrisse il suo dramma pochi mesi prima di morire nel 1948 su commissione e basandosi sulla novella di Geltrude von Lefort. Il soggetto trasse l’ispirazione da un fatto realmente accaduto, il supplizio di sedici monache ghigliottinate il 17 luglio del 1794, nei giorni terribili del Grande Terrore; la loro colpa stava nel fatto di non volere rinunciare ai voti.
Per quanto riguarda Dialogues des carmèlites al teatro dell’opera più interessante tra i numerosi moscoviti, c’è poco da discutere. La messa in scena del capolavoro di Poulenc per mano di Bertman (a proposito, la prima nella Federazione Russa) convinse allora e convince oggi e può considerarsi un classico ormai; pur appartenendo al fenomeno di teatro di regia, non presenta né eccessi né tanto meno volgarità e colpisce le anime degli spettatori in tutta la profondità, portandoli alla catarsi.
Semplice e lineare è la scenografia di Tat’jana Tulub’jeva e Igor’ Nezhny; per Dialogues des carmélites disegnarono un semplice pannello rettangolare color rame, lasciando lo spazio all’immaginazione dello spettatore che con uno sforzo minimo si trasferisce dalla casa di Blanche de la Force al monastero delle carmelitane. Una scenografia che presenta un’unica “sorpresa”, un taglio più o meno a metà del pannello che nei momenti opportuni si restringe o si allarga; ma arrivano dei momenti in cui assume la forma di un pugnale o di una croce messi in diagonale. La croce sembra dominare sia il palcoscenico sia la sala producendo un forte impatto sul pubblico, ma anche al pugnale viene assegnato il proprio ruolo, ricordando sempre le crudeltà allucinanti tipiche delle rivoluzioni. L’austerità caratterizza gli abiti delle monache (e come potrebbe andare diversamente?) e l’eleganza i cappotti lunghi dei soldati della rivoluzione, ma attira l’occhio un dettaglio curioso, il trucco color oro rame sui loro volti che in qualche modo “comunica” con il pannello. Un elogio va al light designer Damir Ismagilov che con il suo lavoro contribuisce a creare atmosfere inquietanti e dolorose.
Se qualcuno aspettava dall’enfant terrible del teatro dell’opera russo dei nostri tempi qualche provocazione, si sbagliava di grosso. Dmitry Bertman, un artista intelligente e poliedrico, sa benissimo quando provocare e stupire è opportuno e quando è più saggio “stare calmo”, se così possiamo esprimerci. E così fu e lo è finora; nella sua messa in scena di Dialogues des carmélites, l’attenzione si concentrò e si concentra sui rapporti della protagonista Blanche con padre e col fratello e tra le monache.
Sembra che Dmitry Bertman intenzionalmente lasci i suoi artisti interagire come pare a loro: la messa in scena prevede un’unica trovata. Nella scena finale – e si sa che proprio qui la musica di Poulenc raggiunge il vertice e provoca una vera scossa – le sorelle compiono il loro percorso verso la ghigliottina camminando lungo la parte lunga della croce messa in diagonale, come se salissero verso il cielo. Ma il brivido deve ancora venire: il libretto prevede il rumore della ghigliottina e la partitura obbedisce, con ogni caduta del macabro triangolo l’ultimo coro delle sorelle che intonano “Salve Regina” diminuisce di una voce. Ed ecco una trovata geniale, un effetto scenico fortissimo: sulla parte destra del palcoscenico appare un bowling e mentre le monache lasciano una dopo l’altra il palco e iniziano a salire verso il patibolo, i soldati lanciano delle palle bianche nel tentativo di abbattere i birilli e la tendina molto somigliante al coltello della ghigliottina cade. Tutte le volte una palla bianca viene fuori e immediatamente la si associa a una testa tagliata.
La compagnia dell’Helikon-Opera è da sempre forte della presenza delle donne: soprani, mezzosoprani e contralti che vantano una solida preparazione vocale ma ancor meglio creano i personaggi a loro affidati. Nel cast. efficace e impeccabile, domina il mezzosoprano Larisa Kostyuk nel ruolo di Madame de Croissy, un’artista dalla caratura altissima capace di tenere gli occhi e le orecchie degli spettatori incantati nell’arco di tutta la recita, mentre Svetlana Sozdateleva nei panni di Madame Lidoine, la nuova priora, appare un po’ penalizzata vista le preferenze del regista per la Croissy. Alla grandiosa Kostyuk, una vera primadonna, tiene bene testa un’altra star dell’Helikon-Opera, un’appassionata Natal’ya Zagorinskaya come Blanche, che rende la propria eroina decisamente più forte e indipendente e intona la parte con la comprensione di stile formidabile senza mai sacrificare le proprie imponenti qualità vocali. Le tre protagoniste sono affiancate dalla schiera delle suore che comprende mère Marie de l’Incarnation (Olga Spicyna), soeur Constance de Saint-Denis (Aleksandra Sokolova), mère Jeanne de l’Enfant-Jèsus (Dar’ja Gusejnova), soeur Mathilde (Olga Davydova), mère Geralde (Diana Šnurr), soeur Claire (Elena Bujnova), soeur Antoine (Polina Vylegžanina), soeur Catherine (Elena Vorob’eva), soeur Felicité (Tat’jana Bašmakova,) soeur Gertrude (Natal’ja Fatakhova), soeur Alice (Ol’ga Deputatova), soeur Valentine (Ul’jana Il’ina), soeur Anne de la Croix (Svetlana Tikhomirova), soeur Marthe (Elena Ševčenko), soeur di Saint Charles (Tat’jana Rakovskaja), molto partecipi e stilisticamente corrette. Piotr Sokolov è un compiacente marchese de la Force e Sergej Ababkin un ambiguo Chevalier, fratello di Blanche; completano il folto cast Mikhail Seryšev e Serghej Toptyghin, rispettivamente il primo e il secondo commissario, Georgij Erkimov, un servo, e Dmitrij Korotkov come Javelinot, medico.
Vent’anni fa Dialogues des carmélites furono tenuti a battesimo da Valdimir Pon’kin, direttore efficace e amato dal pubblico moscovita, oggi si trovano nelle mani del ben preparato Valerij Kir’janov, il direttore principale dell’Helikon-Opera che dimostra una grande affinità con la musica di Poulencpreferendo però le sonorità intense e energiche a quelle raffinate e intime. Il coro dell’Helikon, preparato da Evghenij Il’in, per le sua qualità vocali e attoriali, potrebbe essere definito non un semplice coro ma un ensemble vocale.
Vent’anni e non sentirli: il successo del capolavoro di Poulenc all’Helikon-Opera di Mosca continua.