L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Una bella gitana venuta dall'est

di Irina Sorokina

La ripresa della consueta Carmen areniana è illuminata dal debutto nell'anfiteatro di Aigul Akhmetshina.

VERONA, 13 luglio 2024 - Ma gli amanti dell’opera che abitano a Verona e coloro per i quali venire ad assistere alla stagione areniana comporta trasferte non sempre comode non saranno tristemente condannati a vedere e ascoltare dentro le mura dell’amato anfiteatro sempre le stesse cose? Ahimè, è così; la Fondazione Arena è anche un’impresa economica che deve far quadrare i conti “condannando” il pubblico di conoscitori e di turisti ad assistere alle stesse cose. Dopo Aida, il vero simbolo del festival lirico veronese, viene Carmen.

Il capolavoro di Bizet è presente nel cartellone anche quest’anno nello storico allestimento di Franco Zeffirelli di cui nei decenni fu detto e scritto tutto, ma proprio tutto: quindi si evita l’ennesima descrizione del kolossal, andato in scena addirittura nel secolo scorso, e si va dritti al cast: nel festival lirico attuale il discorso, per fortuna, risulta interessante.

Quest’anno troviamo nel ruolo del titolo una giovane cantante proveniente dalla Federazione Russa, Aigul Akhmetshina, ed è una gradevole ed emozionante sorpresa: è come sullo sconfinante palcoscenico veronese fosse arrivato un vento fresco, anzi, freschissimo. Viene da un piccolo villaggio nella repubblica di Baškortostan (nei tempi dell’Unione Sovietica chiamata Baškiria), con capitale Ufa, città natale di Ildar Abdrazakov e in cui trascorse la gioventù e debuttò Rudolf Nureev, tra i primi fuggiaschi in Occidente. All’età di vent’anni Aigul Akhmetshina è entrata nel prestigioso Jette Parker Young Artists Programme del Royal Opera House di Londra e ha avuto la possibilità di crescere accanto ai musicisti affermati; il suo primo ruolo è stata Preziosilla nella Forza del destino e da sempre Verdi è il suo compositore preferito. Oggi canta in tutto il mondo, è attesa in Inghilterra, Italia, Spagna, Israele, ma non dimentica Ufa.

Nello storico anfiteatro veronese fornisce un’interpretazione bellissima, focosa, coinvolgente; la voce di Akhmetshina è ampia e flessibile, le note basse sono vellutate e quelle alte ben proiettate e squillanti: la natura è stata davvero generosa con la giovane cantante. Con un dono naturale per la scena e una sensualità coinvolgente, ma mai troppo spinta, disegna una Carmen che attira fortemente e elettrizza inevitabilmente. Leggera e ironica nell'Habanera, scatenata nella Chanson Bohème, camaleontica nella scena delle carte, è sempre la stessa ed è sempre nuova: la sua esibizione in Arena non può essere l’altro che un successo memorabile.

Accanto alla zingara spigliata e sensuale di Aigul Akhmetshina troviamo il tenore britannico di origini italiane Freddie De Tommaso: copriva il ruolo di Don Josè anche l’anno scorso. Da sempre fornisce una prestazione di tutto rispetto e il personaggio del brigadiere è decisamente nelle sue corde. Riesce a cogliere la relativa semplicità dell’anima di Don Josè e far capire al pubblico i suoi limiti: non può, certamente, accettare il carattere e il concetto di vita della zingara di cui la filosofia di vita è “libertà”. Il morbido cantabile dell’Aria col fiore è ricco di sfumature e fornisce qualche accenno doloroso.

Il personaggio di Micaela è affidato al giovane soprano Daria Rybak, che brilla di luce propria, disegna un'eroina dolce e forte, cantando “Je dis que rien ne m'épouvante” in maniera impeccabile, tutta sul fiato, impeccabile nel legato senza trascurare accenti drammatici.

Nei panni d’Escamillo si ha il piacere di trovare la vecchia conoscenza di chi ama l’opera, il baritono uruguaiano Erwin Schrott. Come il suo solito, sfrutta abilmente il suo aspetto attraente e le capacità indiscusse di calarsi nei panni del personaggio a lui affidato; disegna un Escamillo affascinante, disinvolto, comunicativo e sciolto. Tuttavia, gli anni passano per tutti e la prestazione di Schrott cantante è decisamente più debole de quella di Schrott attore; la voce ha perso lo smalto di una volta e il suono prodotto risulta rigido, se non addirittura graffiante, e il fraseggio poco raffinato.

Molto adatta al compito assegnato è il resto della compagnia di canto: Chiara Maria Fiorani, Frasquita, Alessia Nadin, Mercédès, Jan Antem, Dancairo, Vincent Ordonneau, Remendado. Il quartetto dei contrabbandieri è, senza dubbio, uno dei momenti più piacevoli dello spettacolo. Completano il cast Gabriele Sagona, Zuniga, e Fabio Previati, Morales, entrambi da sempre garanti di una buona qualità della recita.

La direzione di Leonardo Sini sembra preferire le atmosfere morbide e sensuali alle tinte drammatiche, ma non trascura i momenti d’alta tensione. Non la si può rimproverare del mancato equilibrio tra il lirico e il drammatico, tuttavia le parole chiave potrebbero essere “trasparenza” e “dolcezza” e, difatti, nessun interprete cade nella trappola della passionalità eccessiva, rispondendo con piacere ad una certa morbidezza percepita nel gesto di Sini. Al direttore sono consoni gli aspetti lirici e paesaggistici del capolavoro di Bizet: davvero meraviglioso per trasparenze e sfumature l’Entr’acte che precede il terzo atto.

Decisivo il contributo del coro della Fondazione Arena di Verona diretto dal Maestro Roberto Gabbiani e prezioso quel offerto dal Coro di voci bianche A. LI. VE. preparato da Paolo Facincani. Il ballabile aggiunto nell’atto conclusivo dell’opera vede protagonista la Compañía Antonio Gades diretta da Stella Arauzo ed è una specie di dialogo danzante che sa di passione irrefrenabile e aggressiva e riscuote tradizionalmente l’approvazione del pubblico areniano: senza togliere nulla alla bravura dei danzatori, risulta troppo lungo e contribuisce all’indebolimento dell’attenzione verso la vicenda rappresentata.

Alla fine, un gran successo meritato e gli applausi a non finire.


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