L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Lectio magistralis

di Luigi Raso

Rosa Feola torna al San Carlo per un acclamato recital solistico che spazia da Mozart e Rossini a Respighi e Debussy.

NAPOLI, 30 marzo 2025 - Al San Carlo Rosa Feola è di casa: dal debutto nel 2012 come Musetta nella Bohème di Puccini, quella del giovane soprano di Caserta (medaglia d’argento al concorso Operalia Domingo nel 2010, e vincitrice del premio del pubblico: chi vi scrive era presente al Teatro alla Scala e votò per lei) sono seguite numerose interpretazioni tutte salutate da calorosi consensi di pubblico e di critica. Ricordiamo in ultimo Liù in Turandot (2023: ecco la recensione) e La traviata (2024), ma anche, tra gli altri, il concerto dedicato a Mozart del 2022 (diretto da Dan Ettinger) fino al recital di stasera.

Vi sveliamo subito come si è concluso: con un trionfo, con una standing ovation, con richieste di bis, con un calore più da concerto rock che da composto ed eterogeneo recital per voce e pianoforte - suonato dal bravo Iain Burnside - che abbraccia un repertorio ampio, da Mozart a Respighi.

L’apertura è riservata al Gioachino Rossini arguto, sperimentatore e crepuscolare dei Péchés de vieillesse: dal Volume I, Album italiano, le tre canzonette (Anzoleta avanti la regata, Anzoleta co passa la regata, Anzoleta dopo la regata) da La regata veneziana: sin dall’incipit del recital Rosa Feola offre un saggio mirabile della sua arte vocale. Emissione pressoché perfetta, fraseggio raffinato, vario e cesellato, acuti luminosi, voce che appare essersi irrobustita e imbrunita nel suo meraviglioso colore, declinata, con queste pagine di Rossini, verso una spiccata teatralizzazione interpretativa che immediatamente colpisce e rapisce il pubblico. Dal termine dei tre brani, infatti, sarà un palpabile crescendo di consensi e di calore. Il soprano sale in cattedra: canta e impartisce una lezione di canto, seduce con la bellezza del timbro e con la sua tecnica vocale controllata e agguerrita, restituendo nel corso della prima parte del recital interpretazioni improntate a pulizia e rigore esecutivo.

Alle tre canzonette in veneziano, seguono i raffinatissimi  Tre pezzi op. 84 di Giuseppe Martucci su liriche di Giosuè Carducci: è la “turrita Bologna” pronuba al connubio artistico tra il compositore di Capua e il poeta bolognese (d’adozione), di cui Martucci musica Maggiolata, Pianto antico e Nevicata, brevi pagine in cui a dominare è più la squisitezza della fattura che l’intensità dell’ispirazione. Ma Rosa Feola, nel secondo capitolo della lezione di canto impartita con questo recital sancarliano, è perfetta nel far risuonare con giusto accento ogni parola dei testi di Carducci: appronta per ciascun verso esatta aderenza allo spirito delle tre liriche, le sfumature e i colori più appropriati.

Si vira verso il clima gioioso e popolaresco dei Quattro rispetti toscani(Quando nasceste voi, Venitelo a vedere ‘l mi’ piccino, Viene di là, lontan lontano e Razzolan, sopra l’aja, le galline) di Ottorino Respighi (del 1915, estremo cronologico del programma del recital): qui il soprano e l’accompagnamento leggero e suadente di Iain Burnside si aggirano tra folate, accenti e accenni di composta ilarità. La Feola aggiunge alla sua lezione di canto un altro capitolo: quello sulla chiarezza e sulla musicalità della dizione.

L’Improvisation per piano soloda 10 Pièces Pittoresques di Emmanuel Chabrier offre la possibilità di apprezzare il pianismo equilibrato e sobrio di Iain Burnside, il cui accompagnamento al canto ha contribuito a ricreare quelle variopinte atmosfere attraversate nel corso del recital.

Il pezzo di Chabrier ci introduce verso l’intesa e raffinata aria di Lia “Azael, pourquoi m’as-tu quitté?”da L’enfant prodigue di Claude Debussy, cantata per soli, coro e orchestra con la quale nel 1884 (al terzo tentativo) il compositore francese vinse il Prix de Rome, acquisendo dunque il diritto di soggiornare a Villa Medici tra il 1885 e il 1887. A giudizio di chi scrive, questo brano è per Rosa Feola lo zenit del recital: innanzitutto, si ascolta una vocalità che rispetto agli ultimi recenti e personali ricordi (Liù nella Turandot alla Scala nel luglio 2024) appare irrobustita quanto a peso specifico, il timbro luminoso impreziosito da suggestive screziature. Poi, l’interpretazione che ne dà è la più coinvolgente tra quelle offerte nella serata: gli accenti e l’intensità dell’empatica supplica di Lia sono perfettamente calibrati su una tecnica sopraffina che scherma le incursioni di qualsivoglia tentazione di cedere alle lusinghe di compiaciuto patetismo.

La seconda parte del programma del recital si addentra nel repertorio operistico italiano: si riparte con più grande compositore (austriaco) che si sia cimentato con il nostro idioma, Mozart, di cui si ascolta il Recitativo accompagnato ed Aria “Don Ottavio, son morta! - Or sai chi l'onore” da Don Giovanni, conl’intervento di Sun Tianxuefei, allievo dell’Accademia del Teatro di San Carlo, quale Don Ottavio.

In questa scena la Feola appare meno a proprio agio rispetto a quanto ascoltato in precedenza, pur pervenendo a un’interpretazione nel complesso encomiabile: il recitativo accompagnato, infatti, difetta della drammaticità che la scena, nella sua ambiguità cruciale per (tentare) di afferrare la portata del mistero Don Giovanni, richiede. Meglio l’aria, ma la sensazione di intravedere in lontananza le colonne d’Ercole della vocalità attuale della Feola si insinua battuta dopo battuta.

La tessitura calibrata sulle corde vocali, declinanti, di Isabella Colbran non appare ideale per Rosa Feola: “Bel raggio lusinghier”da Semiramidedi Rossini è un banco di prova per la vocalità del soprano campano, il quale sconta qualche difficoltà nel governare una scrittura orientata verso il basso; le colorature, poi, non risultano pulite e definite.

Dal Rossini di Semiramide, che nel 1823 a Venezia chiude il cerchio della sua carriera italiana, si ritorna all’evocazione delle accademie della casa parigina di Chaussée d’Antin n. 2 con Une caresse à ma femme dai Péchés de Vieillesse, Volume VI, Album pour les enfants dégourdis, che offre di nuovo la scena al pianismo equilibrato e pulito di Iain Burnside.

Si chiude, nel giorno in cui Rosa Feola è (pre)annunciata quale Lucia di Lammermoor alla Scala nella prossima stagione 2025 - 2026, con “Regnava nel silenzio”, di cui il soprano di Caserta dà un’interpretazione nel complesso convincente e corretta, dalla buona intensità drammatica.

Al termine della serata, si è anticipato, un trionfo personale per Rosa Feola, applausi calorosissimi, fragorosi, standing ovation da parte del pubblico, non folto, del San Carlo, richieste di bis: ne sono concessi due, molto apprezzati, “Quando me'n vo” dalla Bohème di Puccini e ‘A vucchella, di Francesco Paolo Tosti su versi di Gabriele D’Annunzio, interpretata con fascinoso abbandono e con fenomenale idiomaticità della lingua napoletana.

Leggi anche:

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Parma/Busseto, concerti del Festival Verdi, 10-11-12/10/2022


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