L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I mille volti dei Ballets

di Alberto Ponti

Nel diciottesimo appuntamento della stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale, il direttore principale presenta un programma dedicato a pagine che hanno fatto la storia della compagnia fondata da Djagilev

Meno di trent’anni è l’arco temporale lungo il quale si snodano i tre pezzi diretti da Andrés Orozco-Estrada giovedì 8 maggio all’auditorium Toscanini. Caratteristica comune l’essere tutti nati (Le sacre du printemps e La boutique fantasque), o adattati (Prélude à l’après-midi d’un faune), per la compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. L’esecuzione in forma di concerto, se da un lato priva la musica della componente coreografica, parte essenziale dello spettacolo per cui fu in origine concepita, dall’altro consente a chi ascolta di soffermarsi sull’aspetto puramente strumentale, di indagare a fondo la tecnica interpretativa. Unica parziale eccezione, il Prelude di Claude Debussy che, nonostante la breve durata, ebbe genesi tormentata dal 1891 al 1894 e nacque come pezzo sinfonico puro. Orozco-Estrada, direttore principale dell’OSN Rai, dimostra con questo capolavoro di avere raggiunto un grado notevole di feeling con l’orchestra: la ricerca di sonorità cameristiche in una partitura liquida e trasparente, il cesello delle singole parti, non solo del flauto che introduce il celebre tema del fauno, gli impercettibili eppure ben studiati cambi dinamici che infrangono il discorso in un caleidoscopio di colori ora vivi ora delicati, sono tutti indizi di un rapporto che negli ultimi anni, oltre ad infittirsi a livello di collaborazione, si è anche cementato dal punto di vista dell’intesa artistica.

Un lasso temporale assai ridotto separa la prima apparizione del Sacre di Igor Stravinskij, con il succès de scandale del 29 maggio 2013 ormai entrato a far parte del mito e dell’immaginario collettivo, dal 5 giugno 1919, quando sul palco del londinese Alhambra Theatre debuttò La boutique fantasque, balletto concepito da Ottorino Respighi a partire da pagine dei rossiniani Péchés de vieillesse. A un primo sguardo, sarebbe difficile pensare a titoli più dfferenti l’uno dall’altro: di qua l’irruzione improvvisa della modernità con un linguaggio sconvolgente e inedito, di là un elegante pastiche di composizioni del passato, sia pur ricoperte di una veste sinfonica sofisticata e sagace. Tuttavia, guardando bene a fondo, anche la scrittura respighiana rivela tratti di scoperta modernità, a partire dalla concezione di un’opera costruita partendo da musiche di altri autori, come sarà il Pulcinella dello stesso Stravinskij che debutterà nell’anno successivo. C’è di più: la scrittura orchestrale del maestro bolognese, all’interno di una fedeltà abbastanza stringente a Rossini, incorpora nel trattamento timbrico e armonico elementi di novità che conferiscono un sapore particolare all’insieme. Basti pensare, tra i tanti, alle melodie spezzate tra diversi strumenti, all’utilizzo discreto ma continuo delle percussioni, al trattamento concertante di arpa e celesta. Ogni pagina originaria (alcune assai note, dalla Tarantella al Nocturne al Galop) è così riconoscibile, ma al medesimo tempo acquisisce un sapore inedito. È questa in fondo l’essenza della trascrizione, nel suo esito migliore, a condizione che i brani da trascrivere esprimano valori universali (su Rossini abbiamo forse dubbi?) e che il trascrittore riesca a coglierne le intime necessità espressive. Respighi, ça va sans dire, è il nostro uomo, essendo riuscito nell’impresa, dove chiunque altro avrebbe fallito, di ricreare per l’orchestra gli Etude-tableaux pianistici di Rachmaninov. La scelta di Orozco-Estrada è di presentare non il balletto completo, rispetto al quale mancano una manciata di numeri, ma un’ampia selezione che sfiora la mezz’ora di durata. Di fronte alla sua esecuzione, molto buona sotto il profilo della scansione ritmica, meglio valorizzabile limitatamente al colore, matura la convinzione che affrontare dal podio un lavoro come la Boutique sia in fin dei conti quasi più difficile che alzare la bacchetta per il Sacre, analizzato a fondo in ogni corso avanzato e per cui è disponibile una letteratura critica e interpretativa formidabile. Prova ne è che per la prima il direttore appare a volte teso nel gesto e nel risultato su una partitura in-folio che deborda dal leggio, mentre per il secondo, che pure richiede un organico maggiore, la partitura utilizzata ha dimensioni ridotte, quasi tascabili, e Orozco-Estrada, senza lanciarvi troppe occhiate, si concede un piglio energico ma scevro di preoccupazioni.

Sarebbe retorico citare, nell’opera stravinskiana, i numerosi passaggi dove la lettura dell’Orchestra Sinfonica Nazionale dimostra pregi evidentissimi, derivanti dalla capacità di coniugare l’insopprimibile e violenta urgenza narrativa ancora oggi capace di stupire a cent’anni e passa dalla storica serata al Théâtre des Champs Élysées con l’alto magistero tecnico dimostrato da ognuno dei cento componenti del vasto organico. Merito, ovviamente, anche di una guida capace di non perdersi nemmeno un’indicazione tra le moltissime disseminate dall’autore, in un rispetto rigoroso del dettato musicale. Ecco allora la turbinosa onda d’urto scaturita dal Jeu du rapt e della Danse sacrale, il magnetismo ipnotico propagato dei Cercles mystérieux des adolescentes, lo ieratico stupore discendente dall’Évocation des ancêtres. Orozco-Estrada, in un connubio di lucidità, stile e vigore riesce a trasmettere un’impronta personale che, al di là del gusto di ognuno, si scarica sulla platea con una carica positiva che non lascia indifferenti.

Sala gremita nonostante il tempo inclemente e applausi scroscianti.

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