L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'eredità della Signorina

di Roberta Pedrotti

Fra mostre, il concorso di canto e i ricordi di chi l'ha conosciuta bene, l'eredità di Renata Tebaldi a San Marino, dove si è spenta il 19 dicembre di diciotto anni fa, nel centenario della nascita.

A cento anni dalla nascita (1° febbraio 1922) cosa ci rimane di Renata Tebaldi? Un buon numero di incisioni, qualche video, i ricordi di chi l'ha sentita dal vivo e testimonia l'effetto di quella voce di straordinaria bellezza. Resta l'epiteto di “Voce d'angelo” che, si sa, nasce da un equivoco (Toscanini si riferiva alla solista del Te Deum verdiano come “voce dell'angelo”), ma pure rende con l'efficacia di una formula omerica la paradisiaca qualità di quel timbro, nonché – pur nella carnalissima presenza dei suoi armonici – la sua purezza, la sua insita nobiltà. Insomma, comunque sia, resta la voce, l'artista, la diva sulle scene. Ma resta anche altro: la Signorina.

Renata Tebaldi si è spenta il 19 dicembre del 2004 a San Marino, dove aveva deciso di vivere a dove ancora tanti la ricordano e la ricordano non come diva ma come persona. Raccontano che aveva scelto quella casa per vivere in modo normale, per portare a spasso il cagnolino, prendere il caffé a bar con le amiche, spazzare il cortile senza essere guardata come il grande soprano, come il personaggio. Insomma, per poter godere di una tranquillità semplice e del chiaro di luna dal terrazzo del suo appartamento sanmarinese.

Parlarne, sul Monte Titano dove ancora la si ricorda con tanto calore, significa scoprire quel che era veramente Renata Tebaldi, non solo un nome in una locandina, non solo una donna con sfarzosi abiti di scena, ma una persona, un essere umano. Quel che è ogni artista, insomma, con i suoi pregi e i suoi difetti; nel caso della Signorina, una grande dolcezza che al riserbo univa una disponibilità sincera e la capacità di grandi affetti.

Tutto cominciò quando, all'inizio degli anni '50, Valentino Bertinotti riuscì a invitarla come ospite del Club Malatestiano di cui era membro. Ne nacque una bella amicizia, Renata divenne una persona di famiglia, la villeggiatura a Rimini divenne soggiorno a San Marino finché il soprano non acquistò l'appartamento che fu la sua dimora negli ultimi anni. Lì, allora, visse e lasciò tanti piccoli ricordi di quotidianità il mito che troneggia in tante locandine, sulle copertine di cd e dvd. Fa bene rammentarlo mentre, in una piccola mostra allestita nell'antica Repubblica, le memorie di chi l'ha conosciuta si mescolano a immagini patinate, ai manifesti, alle foto autografate dei Kennedy. Ci ricordiamo così che il divo non è dio per nascita, ma è stato umano e continua ad esserlo, la componente dell'artista non può vivere senza quella della persona.

A proposito di artisti, c'è un angolino nella mostra che abbiamo visitato in settembre, nei giorni del Concorso Tebaldi che ha lasciato stupiti tutti i visitatori: quello dedicato a Ernestina, “Tina” Viganò. Tina, l'amica di tutta una vita ricordata magari come una sorta di segretaria/assistente/governante, era anche lei un'artista: lavorava come decoratrice di dolci, ma amava la musica e il disegno; fece dono a Renata Tebaldi di una copia a matita di una foto autografata che aveva avuto dopo una recita. Una copia tanto perfetta da far sussultare il soprano, “Perché mi rende la foto?”, pensò prima di rendersi conto che mancava la firma e dunque non poteva essere la stessa immagine, prima di notare il sottilissimo, sapiente, tratto di Tina. Ci sono anche altri ritratti, in varie tecniche, tutti realizzati con mano felicissima, tecnica e ispirazione. Dolce e discreta, amò vivere nell'ombra, ma era anche lei un'artista e oggi lo scopriamo. Oggi, ripensando anche commossi a come se ne è andata, chiudendo gli occhi il giorno dopo aver festeggiato i cento anni della sua “Signorina”.

A volte l'arte sembra nascondersi, ma è serena nelle pieghe della quotidianità. La storia dietro le quinte di Renata Tebaldi ha una delicatezza e una sincerità che commuovono, se si mettono poi in raffronto con la presenza scenica imponente, con la classica bellezza del canto, con le luci della ribalta e il gossip di contrasti e rivalità che hanno circondato la sua carriera. Eppure, continua a confermarci chi l'ha frequentata, lei cercava sempre di evitare i conflitti e perfino l'addio alla Scala fu doloroso, sì, ma “senza rancor”, piuttosto per evitare di dover combattere in un'arena di primedonne subendo amarezze. La Scala, poi, giustamente, l'ha celebrata.

la mostra 

Cosa ci ha lasciato Renata Tebaldi? Racconti e documenti che fanno ancora impazzire e discutere i melomani (meglio questo o quel soprano? E via a confrontare il fraseggio, l'accento, il timbro, gli acuti, gli anni d'oro e gli appannamenti...); per fortuna anche la memoria viva di una persona che amava i piccoli piaceri quotidiani, ammirare la luna o abbronzarsi, passare il tempo con gli amici. E, poi, dedicarsi ai giovani, ma non come insegnante vera e propria, piuttosto come affettuosa consigliera. D'altra parte, testimonia il pianista Richard Barker che a domande precise aveva sempre precise risposte, ma in tutta semplicità agli allievi dell'Accademia della Scala avrebbe ammesso di essere avvantaggiata dagli zigomi alti per la proiezione del suono, dalla forma della mascella per la libera articolazione della parola. Come se fosse tutto qui: una fortuna di natura! In realtà, poi, i giovani cantanti che l'hanno frequentata custodiscono nel cuore tanti consigli per la gestione della voce e delle emozioni, suggerimenti d'interpretazione, come per l'Ave Maria dall'Otello di Verdi, che andava detta “pregando” sul serio e non “cantata”. Ma, appunto, erano consigli, suggestioni, mai avrebbe pensato di salire sulla cattedra dell'insegnante.

Piuttosto, ha preferito fare altro per i giovani, qualcosa che riteneva più utile e concreto, mettere a disposizione il suo nome per la costituzione di una Fondazione che avesse come scopo anche il sostegno delle nuove generazioni di artisti, che organizzasse un concorso tuttora più che mai vivo e attivo. Personalmente, ricordo la prima volta che, proprio per il Concorso Tebaldi, mi recai a San Marino: era il 2007, la Signorina era venuta a mancare da tre anni, Tina seguiva tutte le audizioni seduta in un angolo in fondo alla sala, sempre in punta di piedi. Oggi che Tina non c'è più, sembra di vederla ancora nel Kursaal mentre Barbara Andreini (che nei suoi studi di canto è stata fra i ragazzi cui Renata Tebaldi aveva affettuosamente dato consigli) gestisce una macchina organizzativa ben oliata, con una giuria di altissimo profilo e due sezioni, canto antico e barocco e opera, volute dal direttore artistico Angelo Nicastro. Quest'anno, come è facile immaginare, i ragazzi provenienti dall'Est Europa hanno avuto qualche difficoltà a partecipare, mentre il blocco di quasi due anni dovuto alla pandemia ha innescato un curioso scarto anagrafico, per cui i barocchisti avevano un'età media molto bassa, fra i 20 e i 25 anni, mentre nel repertorio otto-novecentesco ci si spostava sulla trentina, con voci tendenzialmente più spinte che sembrano essersi giovate della pausa per maturare. Infatti, da un lato si è apprezzato l'entusiasmo con cui i giovanissimi si dedicano alla musica più antica, con la francese Marie Théoleyre premiata dalla giuria critica per il suo recitar cantando e l'italiano Niccolò Balducci dalla giuria internazionale per lo spericolato virtuosismo; dall'altro si sono applauditi la finezza di Maryia Taniguchi (Micaela in Carmen), il canto ampio e luminoso di Claire de Monteil (Leonora nel Trovatore), le promesse del tenore Vasyl Solodkky (“Una furtiva lagrima” dall'Elisir d'amore) e del soprano Maria Cristina Bellantuono (“Io son l'umile ancella” da Adriana Lecouvreur), mentre il premio della critica è andato all'Azucena di Danbi Lee, il premio del pubblico e il premio Le Verdissime alla Lucia donizettiana di Yulia Merkudinova. Ma tutti i finalisti (e semifinalisti) hanno riscosso ampi consensi e la definizione di “buon livello” non è parsa il solito luogo comune. Anzi, la Signorina Tebaldi sarebbe stata, immaginiamo, felice di vedere tanti talenti di fronte alla combinazione di diversi punti di vista ben amalgamati nelle giurie (per la critica, in entrambe le sezioni, la sottoscritta con Marco Beghelli e Stephen Hastings; giuria internazionale per l'opera presieduta da Dominique Meyer, sovrintendente del Teatro alla Scala, con Paolo Pinamonti, direttore artistico del Macerata Opera Festival, Gianni Tangucci, direttore dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, Sebastian F. Schwarz, direttore artistico del Teatro Regio di Torino, e Paulo Abrão Esper, direttore della CIA Opera di Sao Paulo; giuria internazionale per il barocco il presidente Laurent Brunner, direttore dello Château de Versailles Spectacles, con Andrea Cigni, sovrintendente e direttore artistico del Teatro Ponchielli di Cremona, Stéphane Fuget, clavicembalista, pianista e direttore d’orchestra, Antonio Greco, pianista, maestro del coro e direttore d’orchestra, e ancora Schwarz). E nelle settimane dopo il concorso i frutti si sono già visti, per esempio applaudendo Taniguchi e Merkudinova a Pesaro (Pesaro, Pesaro Music Awards, 01/12/2022) o Vasyl Solodkky alla Scala (Milano, Boris Godunov, 07/12/2022).

Sembrerà che si sia divagato, ma non è così. A cento anni dalla nascita di Renata Tebaldi, possiamo continuare a ripetere quanto siano belle tante sue interpretazioni, possiamo continuare ad ascoltarla e a riflettere sul suo ruolo nella storia dell'opera e della vocalità nel XX secolo, ma possiamo anche guardare a quel che ci ha lasciato per il futuro: l'esempio di una persona dedita sì all'arte, ma non al culto di sé, anzi, innamorata della semplicità e degli affetti sinceri, di una primadonna che sapeva essere, fuori dal palco, serenamente donna; l'esempio di chi ha voluto far qualcosa per le nuove generazioni, aiutare i più giovani e ricordare che una carriera si costruisce passo passo con costanza, serietà e passione, che dobbiamo conoscere chi ci ha preceduto ma continuare a guardare avanti insieme. E, anche se né Renata né Tina sono più con noi, hanno comunque accompagnato le fasi finali del concorso: il pianoforte personale di Tebaldi, un bellissimo Steinway del '53 in edizione limitata, è giunto infatti dalla sua abitazione milanese. Il compagno musicale per lo studio e la pratica domestica, voce strumentale morbida e calda, ora continua ad affiancarsi al canto anche in un bell'incontro dedicato alla formazione di talenti e carriere con Leone Magiera. Pare proprio un passaggio di testimone che viene, ancora una volta, non solo dalla primadonna, ma soprattutto dal quotidiano privato dell'artista, dalla sua generosità. Un'eredità che non tramonta e continua a dare frutti, non meno di quella delle incisioni di Tosca, di Otello o della Forza del destino.

foto dal concorso 2022, ritratti di Renata Tebaldi e in compagnia della famiglia Bertinotti, il pianoforte di Renata Tebaldi


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