La disputa tra Giammaria Artusi e Claudio Monteverdi
I musici bolognesi del XVI secolo furono caratterizzati da una forte canonicità: le teorie musicali imperanti di Adrian Willaert e Gioseffo Zarlino (entrambi maestri di cappella a San Marco, Venezia) riscossero, dopo quelle del Pareja e dello Spataro, molto successo anche a Bologna. Senza necessità di novità teoriche, i compositori bolognesi dell’epoca poterono esprimersi vivacemente senza liti di sorta. Le dispute cominciarono grazie al bolognese Giammaria Artusi (1540 circa – 1613) che, non sopportando le innovazioni teoriche proposte da alcuni rivoluzionari teorici e compositori, rivolse pesanti denunce contro il toscano Vincenzo Galilei prima e contro Claudio Monteverdi poi. Vincenzo Galilei (padre del famoso Galileo) mosse alcune critiche alle teorie contrappuntistiche di Zarlino (che fu maestro sia di Artusi sia di Galilei). Con il trattato in controtendenza Dialogo della musica antica et della moderna Galilei scatenò l’avversione di Artusi, il quale rispose con una lettera molto accesa:
Che domine è quello costì di voi si sente?[...]Un bisbiglio, un fracasso, un romore che m’ha per amor vostro hormai levato il cervello da luoco a luoco [...]. Lasciate le bagattelle d’alcuni moderni, et attaccatevi ad uno stile che sia purgato, che a guisa di un Cicerone, di un Tito Livio, d’un altro Cesare, vi acquistarete un credito incredibile; ma fintanto che state avvolto nell’ignoranza et che ve ne vivete senza pensiero di passare più oltre che l’intelligenza delle cose, credete a me che gittate tempo à pigliar cocodrilli.
La disputa continuò a lungo, ma non fu l’unica. Artusi individuò un altro grande “pericolo” per la musica: Claudio Monteverdi. Questo fu un famoso dibattito che con l’inaugurarsi del XVI secolo, fece da sfondo alla rivoluzione musicale nata con Monteverdi, il quale cosi rispose, nella prefazione alla stampa del suo quinto volume di madrigali, alle solite denunce dell’Artusi:
Non vi maravigliate ch’io dia alle stampe questi madrigali senza rispondere alle oppositioni che fece l’Artusi contro alcune minime parcelle d’essi […], ho nondimeno scritta la risposta per far conoscere ch’io non faccio le mie cose a caso, e tosto che sia rescritta, uscirà in luce portando in fronte il nome di Seconda Practica[…], del che forse alcuni s’ammireranno non credendo che vi sia altra pratica che l’insegnata da Zarlino.
Anche questo dibattito non si fermò alle prime battute: alle successive offese dell’Artusi, pubblicate all’interno del suo volume Ragionamento secondo delle imperfettioni della moderna musica, intervenne in difesa il fratello di Monteverdi, al quale l’Artusi rispose con una nuova lettera firmata con lo pseudonimo di Antonio Braccino da Todi, nella quale le innovazioni monteverdiane venivano definite “barbarismi”. Questo pare essere l’ultimo episodio della disputa, probabilmente perché nel frattempo le forze di Giammaria Artusi si diressero verso un altro personaggio, il bolognese Ercole Bottrigari. La storia della musica decreterà assoluto vincitore della disputa Claudio Monteverdi, personaggio chiave della storia della musica occidentale. Tuttavia bisogna riconoscere ad Artusi diversi meriti in quanto teorico ed insegnante della musica nella città di Bologna, ottimo esempio del grande impegno dei bolognesi nello studio e nella pratica musicale tradizionale.