L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il teatro nel teatro

a cura di Michele Olivieri

Il documentario ha restituito quell’essenza di Kemp caratterizzata dall’estasi e dal rapimento di glorificazione nell’amore per il teatro, lasciando in eredità un’impronta indelebile nella storia estetica e culturale d’autore.

Alla vigilia del suo compleanno, Rai Cultura ha offerto in memoria il documentario dal titolo Lindsay Dances. Il teatro e la vita secondo Lindsay Kemp, scritto e realizzato dalla giornalista Rai Rita Rocca dedicato al lavoro, alla personalità e all’immaginario del poeta della danza, il maestro Lindsay Kemp (3 maggio 1938 – 24 agosto 2018), geniale innovatore dei linguaggi della scena, che grazie alla sua compagnia e all’amore per il teatro creò alcuni capolavori lasciando un’impronta indelebile nella storia estetica e culturale d’autore. Gli spazi inventati per la sua arte - frutto di una personalità solare, gioiosa, giullaresca ma chiaramente perfezionista e geniale - nell’impalbabilità dei volti hanno trovato la sua sublime grandezza, conducendo così un’attenta ricerca sull’uomo e sulle sue maschere nel quotidiano ma anche nel mito, lasciandosi costantemente dominare dal movimento caratterizzato dall’estasi, e da quel rapimento di glorificazione ed eccitamento.

Godeva di una suprema capacità di seduzione, addentrandosi nell’interiorità dello spirito umano raffigurando il corpo con un virtuosismo pittorico, dizionario a lui ben congeniale. L’elevato talento al positivo gli ha conferito fama e fascino che tali rimarranno immutati nel tempo per unicità ed inimitabilità, producendo la singolarità dello “stile Kemp”. Il suo teatro ha rappresentato il centro della sua vita, tra rugiade sentimentali e struggimenti interiori, tra sperimentazioni e avanguardie nel campo visivo artistico, permettendo a quell’entità eternamente fanciullesca – come un novello Ariel spirito dell’aria – il sogno del fenomeno sensibile. Si muoveva in palcoscenico permettendo allo spettatore di cogliere la sua essenza nelle rappresentazioni abitate da cruda sensazione, in equilibrio tra illuminate energie e spiccate drammaticità, tanto da renderle una forma popolare, comprensibile a ognuno. I costumi coloratissimi ed esagerati, i comprimari storici della Lindsay Kemp Company, con il volto pesantemente truccato e dipinto di bianco, i ruoli di donna recitati da artisti maschi, tutti così autentici nelle parti femminili, hanno spinto all’estremo le figure e i ruoli scelti dal Maestro quasi a volerne narrare – per contraltare – un processo incorporeo ed astrattamente rituale.

Lindsay in ogni sua performance, così come nell’intervista esclusiva concessa per il documentario, cattura lo spettatore il quale ne rimane rapito, lasciandosi andare all’esperienza dell’ascolto: bellissima la voce, fantastici i gesti all’insegna della morbidezza che solo in ‘natura’ ritroviamo, la sua vanità femminile nei personaggi è manifestata da ciò che sta per nascere come dallo sventolio di un ventaglio, dal fruscio dei tessuti, da quella sospensione eterea, da quel trucco fondamentale nel ricreare la magia del teatro, dall’intensità drammatica dei suoi occhi sempre pronti a essere azione.

Lindsay, con la regista Rita Rocca e alcuni tra i suoi più stretti collaboratori, ma anche estimatori (David Haughton, Daniela Maccari, Sandy Powell, Julio Alvares, Dana Gillespie, Vittorio Sgarbi, Francois Testory, Cecilia Santana, Ivan Ristallo), ci ha donato ancora una volta la quintessenza del suo animo e del suo senso estetico, una finestra spalancata sulla comprensione dell’arte, in ogni forma e linguaggio, conquistato nel tempo dall’evocativo repertorio: Flowers, Duende, Midsummer Night’s Dream, The Big Parade, Alice, Onnagata, fino al suo canto del cigno Kemp Dances.

Auguri, Maestro immortale!


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