L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’ebrezza del sentimento

 di Andrea R. G. Pedrotti

Puccini, Ponchielli, Boito, Cilea, Catalani, Leoncavallo, Giordano

Verismo

soprano Annaa Netrebko

tenore Yusif Eyvazov

direttore Antonio Pappano

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

1 CD Deutsche Grammophon, 0289 479 5015 8, 2016

Viviamo in un’epoca in cui il mercato discografico palesa difficoltà non indifferenti, tante sono le registrazioni amatoriali o le possibilità di far circolare copie dei prodotti originali.

Pochissimi artisti seguitano a tener desta l’attenzione del grande pubblico, ansioso di una nuova pubblicazione che possa esser collezionata, gelosamente custodita e tramandata ai posteri. Anna Netrebko, oggi, è l’artista che più d’ogni altro cattura interesse. L’attesa è dovuta, oltre alla fama di una delle più grandi dive dei notri giorni, al fatto che sovente i CD di Anna Netrebko anticipano i debutti che arriveranno nell’immediato futuro, o il repertorio che il soprano russo, sempre a livelli d'eccellenza, affronta in un determinato momento della sua carriera. Come dimenticare la svolta verso un repertorio più decisamente lirico, con il disco del 2013 dedicato al solo Giuseppe Verdi? [leggi la recensione]

Non deve trarre in inganno il titolo del CD appena uscito per Deutsche Grammophon, che potrebbe far storcere il naso al purismo integralista di taluni ascoltatori in merito all'effettiva appartenenza al Verismo di tutti i brani in programma. Un artista ha il compito di stupire, anche proponendo una sequenza cronologica non rigida, ma una severa, inattaccabile successione di significati: un climax ascendente che parte dal canto di Adriana Lecouvreur, seguendo in un crescendo tipico delle asperità della vita, con la perdita dolorosa della madre, lo struggimento amoroso, l’elegia della lontananza, lo smarrimento irato e i funesti propositi, la vendetta passionale, l’odio e l’isolamento, fino alla morte, con la paura e l’abbandono fra le braccia della persona amata. La pace dei sensi e la pace eterna.

È la descrizione dei sentimenti concreti e la parabola di un vita nelle sue fasi, dalla giovinezza alla tragica fine. Il Verismo, come estetica e poetica in senso lato, fa, dunque, capolino prepotente. Si descrive l’esistenza nella sua durezza: è finita l’epoca del romanticismo, con il positivismo e il positivismo logico che danno forma a una descrizione della vita essenziale, reale, priva di conformismo o bienséance. L’evoluzione si è compiuta ed è giunta la fine.

I brani sono tutti celeberrimi e questo rende ancor più perigliosa l’esecuzione. Questa osservazione ci offre uno spunto per un’ulteriore considerazione: la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento sono un’epoca che, per gli stravolgimenti storici e culturali seguiti ai conflitti mondiali, ci appare lontana. Le materie che un tempo si sarebbero definite “scientifiche” in quanto meramente descrittive, come filosofia, filologia o linguistica, sono cadute straziate dall’impietosa mannaia dell’esistenzialismo o, peggio ancora, del pensiero debole. Molti melomani sono cresciuti con il repertorio contenuto in questo CD, ma restano fermi nel nuovo pensiero comune che professa un’apparizione fine a se stessa. Ai propri inizi (non necessariamente nell’infanzia) hanno ascoltato Carlo Bergonzi, Magda Olivero, Maria Callas. Siamo certi che se li riascoltassero oggi, senza conoscerne il nome, manterrebbero il medesimo entusiasmo? Chiunque sia venuto dopo tali interpreti, ovviamente, si presta all’inevitabile confronto e deve essere capace di manifestare la propria personalità, quella della propria voce, di una tecnica più affinata, di uno stile e un gusto conforme ai tempi di oggi e non a quello di cinquanta o sessanta anni fa. Questa è la vita e la gioventù e progredire con curiosità e innovazione, cogliere la contemporaneità, anche nelle forme d’arte. La gioventù che si è persa nella prima metà del XX secolo.

Anna Netrebko mantiene lo stile e la personalità che le hanno consentito di imporsi ai vertici mondiali con estrema intelligenza artistica e capacità nella scelta del repertorio e gestione dei suoi straordinari mezzi vocali.

Il disco si apre con Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea e l'appassionato “Io son l’umile ancella”. I versi declamati dal Bajazet di Racine ci richiamano ai tempi in cui in teatro vigeva la legge della bienséance. Adriana recita, è una manifestazione di vita, un gioco (in molte lingue suonare o recitare è sinonimo di “giocare”) serio. Interpreta come interpreta Anna Netrebko e non importa se l’opera, parimenti alla sequenza drammaturgica del CD, si concluderà tragicamente.

È nel successivo brano che la passione non è più simulata da un’attrice, ma espressione del tramonto della prima fase della vita di una donna, non più figlia. “La mamma morta” dall’Andrea Chénier di Umberto Giordano è eseguita magistralmente dall’artista e dall’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, diretta da Antonio Pappano. Anna Netebko è interprete intensa e di grande raffinatezza. Impressionano la facilità d’emissione, la morbidezche conosceva per i suoza e la capacità di affrontare con eccellente fraseggio lo struggimento stupito dei primi versi, fino all’ordinata disperazione per la morte e alla raggiunta, dolorosa consapevolezza negli affetti, pronunciando con impareggiabile partecipazione frasi come “Vivi ancora! Io son la vita! Ne’ miei occhi è il tuo cielo!” o “Tutto intorno è sangue e fango?”.

Con Madama Butterfly prende forma la fallace, ma necessaria, speranza. Giunge Giacomo Puccini, forse il più grande narratore di sentimenti della recente storia musicale. Aumenta la dolcezza e la povera Cio Cio San cerca di convincersi che l’iniquo Pinkerton tornerà a lei e al figlio che assieme avevano concepito. Anche qui sarà un finale tragico, con l’abbietto ufficiale americano che si dimostrerà una volta di più senza cuore nel voler strappare al seno materno il frutto dell’amore che solo la donna aveva saputo profondere, dopo esser stata comprata (con denaro pubblico), sedotta e abbandonata.

Ora siamo a uno dei punti più alti dell’intero catalogo pucciniano. È l’adorabile Liù a pronunziare la sua preghiera a Calaf. Eccellente la capacità degli archi di Santa Cecilia, guidati da Antonio Pappano, nel rendere il dolce tremore dell’animo di un personaggio dall’insuperabile coraggio e carica emotiva. È perfetta Anna Netrebko nella lettura del parlato pucciniano, nei filati, nelle mezze voci e in una gestione di fiati eccellente. Per fortuna non viene eseguita la risposta del principe. Non si sarebbe potuto reggere anche a un “Non piangere Liù” di egual carica emotiva, come lo ricordiamo eseguito recentemente alla Wiener Staatsoper da Yusif Eyvazov [leggi la recensione], anch’egli presente in successivi brani di questo CD.

Prosegue la maturità di una donna insoddisfatta dallo sposo, Canio. Fierezza e carattere per Nedda, che la porterà per desiderio di libertà a cadere vittima del ferro del pagliaccio. Ancora una volta impeccabile Anna Netrebko con il suo “Qual fiamma avea nel guardo!” da Pagliacci di Leoncavallo.

Se perfetta è stata Nedda, perfetta è Wally. Anna Netrebko è superlativa in “Ebben? ne andrò lontana”. Tornano la speranza, la madre e il viaggio. Il suono della voce è dolce, caldo e passionale, parimenti alla scrittura di Catalani e al libretto di Luigi Illica.

Fa uno strano effetto ascoltare in un disco brani da Mefistofele di Arrigo Boito, un’opera superlativa, che abbiamo avuto la fortuna di ascoltare recentemente a Monaco di Baviera [leggi la recensione], ma con apertissimi numeri chiusi. È piuttosto difficile trovare una pausa, un momento per applaudire, all’interno della stupefacente magnificenza intellettuale di Arrigo Boito. Anna Netrebko è bravissima a eseguire l’aria del III atto “L’altra notte in fondo al mare”. Il principio della scena delle carceri vede l’artista russa interpretare una Margherita consapevole, disperata ma consapevole. Gli accenti musicali e testuali sono affrontati con dovizia conforme alla grandezza dell’interprete e dell’autore.

Ancora Arrigo Boito (questa volta firmandosi Tobia Gorrio) e prosegue il percorso dei sentimenti e si fanno strada i fieri momenti. È la Gioconda di Amilcare Ponchielli e l’aria “Suicidio! In questi fieri momenti”. Il fermento è più intenso e violento, ma l’emissione del suono resta naturale anche nella frenesia dell’animo più esplicitamente turbolenta.

Quindi rabbia si acquieta, diviene inesorabile. Non è l’assassinio del figlio di Margherita, o il desiderio di suicidio della Gioconda. È un’altra passionalità che si fa strada. Tosca uccide Scarpia per preservare la sua virtù e sgomenta sperare in una fuga con il Cavaradossi. “Vissi d’arte, vissi d’amore” è un’aria intensamente intima e la Netrebko la affronta con canto sfumato, ma mai privo di pathos.

È in Turandot, tuttavia, a stupire. Finalmente abbiamo l’opportunità di ascoltare una principessa di gelo passionalmente misantropa. Non urla, ma scandisce le parole come un ufficiale dell’esercito. Una sicumera ostentata, che cela una gran debolezza caratteriale, dimostrandosi appieno l’esatto opposto dell’autentica eroina dell’opera: Liù. Tutte le salite all’acuto sono morbide e i suoni sono centrati con perizia tecnica, che non impedisce all’espressione di manifestarsi appieno. L’aria “In questa reggia” vede il contributo del coro di Santa Cecilia e del tenore Yusif Eyvazov.

Ultima parte dedicata interamente alla Manon Lescaut di Giacomo Puccini: si compie l’epilogo della vita con la morte. Dopo l’esecuzione imperfettibile dell’aria del secondo atto “In quelle trine morbide”, viene proposto l’intero IV atto del capolavoro pucciniano, facendo del compositore di Torre del Lago il musicista ampiamente più rapresentato nel disco. L’aria appena conclusa ci lascia nella speranza d’un “sogno gentile, di pace, d’amor” e ci conduce al grande finale. Manon Lescaut è, in sostanza, un grande duetto fra la protagonista e il cavaliere Renato Des Grieux ed è corretto affidare a due cantanti la conclusione, la soluzione, la fine. Il soprano non è solo per la prima volta. Lei si definisce “Sola! Perduta! Abbandonata!” nel momento estremo, chiede conforto all’amato, che, questa volta, non può sostenerla innanzi all’inarrestabile avanzare della morte. C’è un punto del libretto di quest’opera che ci ha sempre destato grandi perplessità: alla domanda di Des Grieux “Tu soffri”, ella risponde, in genere, con un tonante “Orribilmente!”, piuttosto curioso da parte di una donna che sta esalando l'ultimo respiro. Anna Netrebko modula qui il suono alla perfezione, rendendo naturale anche questo passaggio: la risposta non è gridata, ma emessa con gusto e senso della parola cantata tali da trasmettere tutto il dolore e la sofferenza fisica della donna morente.

Le voci di Eyvazov e della Netrebko sono ideali assieme, per colore, ampiezza e brillantezza nel registro acuto. Il tenore azero (che abbiamo la gioia di ascoltare sempre in miglioramento) esprime una passionalità incredibile, travolgente e commovente, grazie alla bellezza e alla cura d’un fraseggio capace di fondersi in un dilagare di passione con la voce della Netrebko. Ovviamente la speranza per ognuno è che si possa avere la possibilità di ascoltare i due artisti assieme dal vivo, com’è capitato a chi scrive in una recente trionfale recita al Salzburger Musikfestspiele. [leggi la recensione]

Eccellente in tutti i brani il contributo dei complessi dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del suo direttore musicale, Antonio Pappano.

Come in occasione del disco dedicato a Giuseppe Verdi, ci piace citare il bel saggio di Renaud Loranger (in inglese, francese e tedesco), dall’eccellente titolo: “L’ebrezza del sentimento”. Bella la grafica del CD, con una copertina dall’immagine molto accattivante.


 

 

 
 
 

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