L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’intramontabile stile francese

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ancora in atto ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web e alla televisione importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura, alimentando. Sulla pagina Youtube del Teatro dell’Opéra di Parigi è stata trasmessa la consueta serata “Gala d’ouverture” giunta alla sua sesta edizione.

PARIGI – Quattro brillanti pezzi, tra pas de deux ed esibizioni a più esecutori, con tre coreografie che sono autentici monumenti del balletto novecentesco. Il Galà dall’Opéra di Parigi ha soddisfatto tutti i gusti. Stelle di prima grandezza, ballerini amati che si fanno ammirare per la loro esemplare prestazione, ed un defilé scenografico mozzafiato, il quale ha fatto risplendere la “grandeur” parigina sulla maestosa coreografia di Albert Aveline e Serge Lifar, con la musica di Hector Berlioz, presentando in sfilata tutti i danzatori dell’Opéra, dai petits rats fino alle Etoiles passando per i Premiers Dancers, il Corps de Ballet e l’Ecole de Danse diretta da Élisabeth Platel, scuola che racchiude bene il motto “l’essenziale nella danza è non mostrare mai lo sforzo”.

In apertura sul proscenio, a sipario chiuso, davanti alla magnificenza del Palais Garnier tra ori e stucchi, Aurélie Dupont (direttrice del Balletto) ha introdotto la serata in compagnia di Alexander Neef (direttore generale),per lasciare poi spazio ad una suggestione di virtuosismi accademici e contemporanei, riunendo le opere di tre diversi coreografi in una miscela di classicismo e modernità e di simmetria di linee, che restituiscono alle panoramiche riprese televisive un’architettura estetica di forte impatto. Solide conferme e piacevoli scoperte: le prime portano i nomi delle étoile Valentine Colasante, Hugo Marchand, Ludmila Pagliero, Mathieu Ganio, Léonore Baulac, Germain Louvet, Alice Renavand, Stéphane Bullion, Amandine Albisson, Paul Marque, e dei primi ballerini Hannah O’Neill, Pablo Legasa con uno smalto che in qualche modo appartiene solo alla scuola e allo stile francese. Le piacevoli scoperte, le abbiamo ritrovate in tutti i corsi in scena, dai più piccoli fino alle stelle già entrate nell’olimpo dell’Opéra – come si conviene prima ai corsi femminili ed in seguito a quelli maschili – emozionati ed emozionanti per la naturale eleganza e raffinatezza nel porsi in scena, anche solo con una riverenza, un’entrata o un accenno di passo. Vere esecuzioni da manuale quelle delle étoile, nelle quali si è dimostrata tecnica d’eccezione calibrata sulla metodologia francese dallo stile così attento alla morbidezza delle linee, incentrando l’esecuzione sulla virtuosità tecnica, in particolare sulla flessibilità delle gambe e nella velocità dei piedi come nei salti. L’osservanza rigorosa di forme e norme tradizionali si deve alla cultura d’Oltralpe, simbolo di destrezza, riconoscibile non solo nelle produzioni di repertorio classico, ma anche nelle più recenti creazioni di danza contemporanea come quella ammirata in chiusura di gala. Il secondo pezzo, dal gusto inebriante, è il Grand pas classique di Victor Gsovsky sulla musica di Daniel Auber, e i raffinati costumi creati dalla casa di moda Chanel: in scena Valentine Colasante e Hugo Marchand, capaci di far rivivere lo spirito degli antichi fasti, con invidiabile sicurezza e temperamento. Il Grand Pas Classique è una danza con variazioni in cui prevale esclusivamente l’abilità. L’esigente coreografia di Gsovsky è diventata nel tempo una delle preferite dai migliori ballerini internazionali, un pezzo che annoda il tessuto del tempo attraverso le impalpabili sfumature di storie passate, le quali rivivono ancora oggi nelle creazioni di altri immortali Maestri. Nel terzo brano, nuovamente gloria ed apoteosi con In the night su coreografia di Jerome Robbins, le musiche di Frédéric Chopin, i costumi di Anthony Dowell e quel fondale nero punteggiato da stelle a richiamare la bellezza del teatro e delle sue arti. La delicata creazione, a tratti malinconica, si divide in tre passi a due: il primo nell’interpretazione carezzevole di Ludmila Pagliero e Mathieu Ganio. Il secondo a beneficio di Léonore Baulac e Germain Louvet. Il terzo con Alice Renavand e Stéphane Bullion, per poi ritrovarsi tutti e sei nel finale tra intrecci poetici che appartengono all’umano, lasciando conquistati per l’intensa passionalità, rigorosa non solo nell’espressività ma anche nel gesto e nell’intenzione ad essi legata. In the Night nello specifico presenta tre coppie, raffigurate in dissimili fasi delle loro relazioni sentimentali. Il primo duetto, ballato sul Notturno di Chopin in do diesis minore op. 27, n. 1, mostra una coppia di giovani amanti, come scrisse Deborah Jowitt: “Più e più volte lui la solleva o la attorciglia attraverso delicati equilibri; si separano solo per ritrovarsi nuovamente insieme”. Il secondo, sui Notturni in fa minore e mi bemolle maggiore op. 55, nn. 1 e 2, appare più deciso, lei è fiduciosa che lui sarà sempre lì a sostenerla, lui inginocchiato a proteggere l’arabesque, la solleva per farla appoggiare sulla sua spalla e così scultureamente abbandona il palcoscenico all’indietro. L’ultimo è impostato sul Notturno in mi bemolle maggiore op. 9, n. 2: raffigura una coppia che sta per lasciarsi, ben spiegato da Jack Anderson: “La loro danza è piena di passione e artificio; sono melodrammatici l’uno per l’altro... tra ardite prese i due si guardano, la donna cade a terra mentre sfiora l’uomo che la solleva e la lascia cadere tra le sue braccia per condurla via (...) la vita per loro è un ciclo eterno di litigi e riconciliazioni”. Alla fine del balletto, tutte e tre le coppie appaiono in scena insieme, poco prima di separarsi nuovamente verso il proprio destino. La quarta coreografia ha offerto The vertiginous thrill of exactitude firmata da William Forsythe, musiche di Franz Schubert, costumi di Stephen Galloway per gli interpreti Amandine Albisson, Ludmila Pagliero, Paul Marque, Hannah O’Neill, Pablo Legasa. La genesi dell’opera vede il debutto per il Balletto di Francoforte nel 1996, originariamente in coppia con un altro pezzo. La geniale celebrazione è innalzata sulla ricercatezza di ballerini nel pieno della loro maturità artistica e di ballabili superbi. Utilizzando il vertiginoso movimento finale della nona sinfonia di Franz Schubert in do maggiore, nota anche come “La Grande”, Forsythe integra le complessità musicali con difficoltà e slanci dinamici, addentrandosi tra avvincenti assoli, duetti, trii ed esibizioni di gruppo, offrendo attimi sospesi senza tempo, ponendo in luce i cinque ballerini a favore di quel senso di viva soddisfazione, spingendoli in un crescendo per destrezza e prontezza, tanto da essere stato definito “il balletto tecnicamente più difficile mai eseguito... l’esperienza maggiormente liberatoria di un’intera carriera”. Nella sua totalità il Gala è così risultato un trionfo di perfezione, e per lo spettatore una serata di eccellenza. Nel golfo mistico l’Orchestra dell’Opéra di Parigi diretta da Vello Pähn ad incorniciare un altro successo negli annali dell’istituzione francese.

(foto di Julien Benhamou / OnP)

 


 

 

 
 
 

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