L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Stupore, meraviglia e ipnosi

di Luigi Raso

Beatrice Rana incanta con un omaggio a Chopin sapientemente accostato a Debussy

NAPOLI; 24 aprile 2022 - Stupore, meraviglia e ipnosi. Tre parole per descrivere il recital pianistico con il quale Beatrice Rana ha debuttato al Teatro San Carlo di Napoli.

Irrinunciabile appuntamento del Festival Pianistico del Teatro di San Carlo (rassegna che vede esibirsi Arcadi Volodos, Bertrand Chamayou, Rafal Blechacz, Benjamin Grosvenor e la quindicenne Alexandra Dovgan), Beatrice Rana si presenta al pubblico napoletano con un programma di grande suggestione, emblema e sintesi del proprio, a dispetto della giovane età, maturo pianismo.

L’ouverture è riservata ai Quattro Scherzi di Fryderyk Chopin. 

A stupire è l’impeto della prima sezione dello Scherzo n. 1 in si minore op. 20, Presto con fuoco: scintillante, tumultuoso, affrontato dalla giovane pianista salentina, diva-antidiva invitata dalle principali istituzioni musicali mondiali, con veemenza, precisione, suono nitido, ritmica vulcanica. Una potenza sonora che si scioglie nel melanconico e ombroso Molto Più Lento della sezione centrale. Risolti e sopiti i tumulti iniziali, Beatrice Rana si abbandona a un cantabile leggero, alieno da sentimentalismi: una melodia purissima, dal suono limpidissimo aleggia per la sala del San Carlo. Non c’è indicazione dinamica che non sia rispettata. L’interprete procede con scavo nella partitura analizzandone tutti gli anfratti, pur senza perdere mai di vista l’unitarietà del tutto.

A meravigliare sono i suoni luminosissimi, nitidi e corposi che cava dal suo Steinway & Sons, la varietà indefinibile delle dinamiche e delle nuances, l’uso sapiente del pedale.

L’ipnosi sonora è interrotta soltanto dalla perentorietà degli accordi che spalancano le porte alla coda finale, primo esempio di virtuosismo pianistico della serata.

È il contrasto iniziale dello Scherzo n. 2 in si bemolle maggiore op. 31, eseguito con virtuosismo mai ostentato e con un’agogica serrata a farci sobbalzare dalla poltrona: le sonorità scintillanti, il guizzo coloristico di derivazione pianistica “alla Argerich” si placano nel melanconico e crepuscolare tema della sezione centrale, quasi sussurrato da Beatrice Rana a mo’ di sospiro lirico farcito da microatmosfere sonore, colori, sfumature. Al bozzetto ad acquerello segue il crepitio finale, magmatico e possente.

Il pianismo di Beatrice Rana riesce a trovare all’interno del medesimo Scherzo il perfetto equilibrio tra suggestioni sonore ed espressive tra loro diametralmente opposte, assicurando e distribuendo equamente tensione emotiva tra le varie sezioni melodiche e armoniche del brano. Il finale è un’eruzione di suoni, sempre distinguibili, netti come un fendente.

Quello di Beatrice Rana ci appare, nel corso della serata, uno Chopin figlio del nostro tempo, inquieto e screziato.

Monumentale nella sua derivazione beethoveniana è lo Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39. E di questo vigore in primo luogo armonico è perfetta interprete: risuonano solenni e poderosi gli accordi iniziali nel quale si aprono con dolcezza le crepe delle scale discendenti. Il contrasto sonoro, tra la solennità degli accordi e la sinuosità delle rapide scale discendenti, è magistralmente evidenziato grazie all’ampio ventaglio dinamico di cui dispone la pianista salentina. Non si ascolta nota che sia, per intensità e colore, uguale alla precedente. E già appaiono all’ascolto quei crescendo e quelle sonorità sommerse ed enigmatiche che ritroveremo nel secondo brano in programma, il Livre I dagli Études di Claude Debussy: lo stupore per la capacità di scandagliare lo spartito si accresce di brano in brano. Infine, lo Scherzo n. 4 in mi maggiore op. 54 nell’interpretazione di Beatrice Rana è l’occasione per farci riflettere su quanto Fryderyk Chopin sia debitore, per l’eleganza delle linee melodiche, nei confronti di Vincenzo Bellini: l’ampia e nobile melodia centrale è accarezzata dalla Rana con sentita compostezza, cantata come una delle più intense melodie del Cigno di Catania.

Dopo l’ipnosi nella quale ci ha condotto il complesso mondo poetico di Chopin, ad aprire la seconda parte del recital è il Livre I degli Études di Claude Debussy. Beatrice Rana ci conduce per mano nel mondo astratto, dominato da suggestioni sonore, ricerca timbrica di Claude Debussy.

Il filo conduttore del programma prende corpo: Claude Debussy con gli Études intende omaggiare Chopin; Beatrice Rana stasera ha disvelato con naturalezza e magistralmente i nessi esistenti tra le due composizioni.

L’esecuzione dei sei brevi studi di Debussy costituisce un saggio delle potenzialità timbriche del pianismo, raffinatissimo e cesellato, di Beatrice Rana: ad amplificarsi, rispetto a quanto già ascoltato nei precedenti Scherzi di Chopin, sono le suggestioni sonore, l’espressività delle dinamiche, la ricerca del colore perfetto.

A stupirci, meravigliarci e ipnotizzarci, infine, sono i Trois mouvements de Petrouchka di Igor Stravinskij, riduzione per pianoforte di sole tre scene del balletto omonimo - Danse russe, Chez Pétrouchka, La semaine grasse - che lo stesso compositore approntò nel 1921. I Trois mouvements sono tra le composizioni più ardue dell’intero repertorio pianistico, eppure la difficoltà esecutiva quasi non traspare dalla lettura di Beatrice Rana. Ad emergere e impressionare, infatti, sono la naturalezza e l’imperturbabilità con la quale viene affrontato il brano, lo stupefacente caleidoscopico smalto sonoro, l’inestinguibile pulsazione ritmica, le straordinarie potenzialità percussive del pianoforte. Ci si dimentica di assistere ad un recital pianistico, perché la sensazione - netta! - è di trovarsi, per la varietà di timbriche, colori e ritmiche percussive, davanti ad una delle più sfavillanti e blasonate orchestre sinfoniche. Non resta che abbandonarci a questo flusso di tensione al calor bianco che deflagra nei liberatori accordi finali che racchiudono stupore, meraviglia e ipnosi per un recital difficile da definire per la complessità delle emozioni suscitate e per lo stupore di un virtuosismo mostrato senza narcisistico esibizionismo.

Al termine, successo convinto e caloroso, e richieste di bis esaudite da parte di Beatrice Rana.

Il primo è la trascrizione per pianoforte di Leopold Godowski de Le cygne, da Le carnaval des animaux di Camille Saint-Saëns: dal pianoforte esalano sonorità diafane, rarefatte ed estenuate sul quale è adagiato il celebre tema del cigno; il secondo e ultimo encore è il Prelude n. 16, op. 28 di Fryderyk Chopin, staccato con tempo serratissimo e bruciante, ultima gemma di un virtuosismo funambolico al servizio dell’arte e dell’espressività più profonda.


 

 

 
 
 

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