Per fortuna e per curiosità
di Ramon Jacques
Abbiamo intervistato il mezzosoprano Giuseppina Bridelli, originaria della città di Piacenza, che appartiene a una generazione di giovani artisti italiani che si distinguono per la loro interpretazione e la loro specializzazione nella musica antica, senza trascurare l'opera romantica, concerti sinfonici e recital. In questa intervista ci racconta del suo interesse per la musica barocca, dei suoi inizi e dei suoi progetti futuri, e in generale del suo modo di intendere la sua professione.
Raccontaci in breve la storia della tua carriera professionale. Quando è entrata la musica nella tua vita? Perché hai scelto di diventare una cantante lirica?
Diciamo che nella mia vita, o meglio nella mia famiglia, l’opera era un po’ di casa. La mia nonna portava un cognome speciale: Poggi. Gianni Poggi, suo cugino, è stato un grande tenore degli anni 50, che ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo. Una delle glorie cittadine, e ovviamente un mito nella famiglia: io e mio padre collezioniamo i suoi vinili ormai da anni.
Dunque in casa c’era passione e cultura operistica e tutto è stato un percorso molto naturale: ho iniziato in un coro di voci bianche e poi, appena l’età me lo ha consentito, mi sono iscritta in Conservatorio
Quali ruoli / repertorio stai affrontando in questo momento?
In questo momento sono impegnata in una produzione di Le nozze di Figaro con Cherubino (uno dei miei cavalli di battaglia) all’Opera di Versailles e poi attendo con impazienza a inizio 2022 il mio debutto nel barocco francese con L’Atys di Lully all’Opera di Ginevra.
C’è un compositore che ti sta particolarmente a cuore?
Si dice che il primo amore non si scorda mai: le prime arie che ho studiato sono state di Mozart, la prima opera a 21 anni il Così fan tutte. Mozart mi accompagna da sempre e spero lo farà per tutta la mia carriera. Inoltre penso sia il trait d’union tra i due percorsi artistici che porto avanti: quello barocco, e quello invece un po’ più belcantista.
Dei ruoli che hai cantato fino ad ora, qual è quello in cui ti identifichi di più, o che ti piace di più?
Domanda non facile: mi capita spesso di affezionarmi ai personaggi che canto, perché in ognuno di essi metto un pezzo di me stessa. Forse quello che mi sono più goduta finora è stato Sesto nella Clemenza di Tito, che ho cantato prima in Francia e poi al Maggio Musicale Fiorentino: è un personaggio splendido e complesso, profondamente introverso. Dal punto di vista musicale canta pagine bellissime, e vocalmente richiede molto lavoro: è uno di quei ruoli che ti fanno crescere molto come artista, e che spero di portare con me sempre.
Come hai scoperto e come ti sei avvicinata alla musica barocca e al suo stile di canto?
La vita è fatto spesso di incontri fortuiti. Mentre mi perfezionavo alla Scuola dell’opera del teatro Comunale di Bologna ho frequentato una master class con Sonia Prina e sono stata un po’ folgorata. La ritengo un’artista straordinaria, ho fatto con lei alcune lezioni, che mi hanno davvero aperto la mente su quanto questo repertorio possa essere affascinante e stimolante, e molto adatto alle mie caratteristiche.
Sei sensibile alle ricerche musicologiche e alle esecuzioni "storicamente informate”?
Sono interessata e curiosa, mi piace lavorare con chi ha più esperienza e conoscenze di me, perché, non avendo alle spalle studi specifici, ho ancora tanto da imparare. Nello stesso tempo rifuggo dalle gabbie e penso che debba esserci spazio per un minimo di libertà, soprattutto quando si fa l’opera per il teatro.
Sei un artista con la fortuna di fare registrazioni discografiche, ed è il mondo barocco che offre ampie possibilità di realizzare progetti originali. Nei tuoi ultimi due progetti ti sei avvicinato alla musica di compositori fra loro contemporanei come Porpora e Händel (Duel: Porpora and Handel in London); e Scarlatti e Caldara (Appena chiudo gli occhi: cantatas for solo...). Come sono nati questi progetti? E quali soddisfazioni hai avuto o cosa hai scoperto nel processo che potresti condividere?
Entrambi i progetti sono nati dalla volontà di collaborare, con il sostegno della prestigiosa casa discografica Arcana, con gruppi a cui sono molto legata: prima Le Concert de l’Hostel Dieu (uno degli ensemble con cui ho fatto le mie primissime esperienze di barocco) e più recentemente il Quartetto Vanvitelli (giovane ensemble italiano di musicisti di altissimo livello, e ora anche amici). Registrare un disco è davvero un’ esperienza unica: un lavoro intenso e dettagliato alla ricerca della perfezione, un lavoro di condivisione ed ascolto reciproco. Si tratta di un vero e proprio tour de force, dato che si registra e si canta per sei, a volte anche otto ore al giorno: dunque si impara moltissimo ad amministrare le proprie energie, e a usare al meglio la tecnica per aumentare la propria resistenza.
Perché ritieni che l'opera barocca non riesca a essere ancora di completo interesse per i teatri e il pubblico ed è generalmente limitata a festival specializzati?
Il repertorio barocco è purtroppo coperto da una coltre di pregiudizi: primo fra tutti lo si ritiene spesso un repertorio “più facile” rispetto a quello più tardivo, e dunque spesso viene riservato ai cantanti giovani e inesperti, o alle voci non ancora mature. Quante volte durante i miei studi ho sentito frasi come: canta un’aria facile, cerca un’aria antica… In realtà si tratta di un repertorio irto di difficoltà: colorature, estensioni di voce molto ampie, note estreme, legato, fiati lunghi, fraseggio vario. Per essere valorizzato a dovere, avrebbe bisogno di cantanti di altissimo livello e di forti personalità, esattamente come succedeva all’epoca con i famosi Farinelli, Bordoni, Senesino.. Fino a quando resterà questo luogo comune il barocco resterà in ombra e suonerà per tutti noioso
Ed ora guardiamo al futuro. Dove ti porterà l'evoluzione naturale della tua vocalità? Verso quali nuove parti?
L’esplorazione di repertori sempre nuovi e diversi è sicuramente uno stimolo importante che ci porta a crescere sia artisticamente sia tecnicamente. Ho di recente debuttato in Rosina nel Barbiere di Siviglia al Teatro Municipale di Piacenza e devo dire che ho trovato molto giovamento dal canto rossiniano: sicuramente vorrei portarlo avanti ed esplorare altri ruoli. Credo che l’evoluzione naturale della mia voce non sia verso il grave ma piuttosto verso l’acuto, ovvero verso ruoli più ibridi e falcon: spero di cantare presto Ariodante e un giorno mi piacerebbe interpretare Rodelinda.Nell’ambito del “repertorio” credo potrò affrontare Donna Elvira e, con il tempo, spero Adalgisa. Il sogno nel cassetto? Charlotte.
Pensi che per una cantante d'opera sia importante studiare recitazione o è una “questione d’istinto”?
Non credo che un cantante possa essere paragonato a un attore: non avremo mai la stessa “libertà” corporea dato che, in primo luogo, usiamo il nostro corpo per cantare. Sicuramente esistono cantanti più o meno predisposti a stare in scena, e molto dipende dalla proprio personalità: preparare un ruolo comprende anche, a mio parere, un lavoro fisico alla ricerca della giusta attitudine che si intende dare al proprio personaggio: poi normalmente si hanno diverse settimane di prove di regia in cui si può lavorare su questo.
Quali ritieni che siano le sfide più difficili nella professione di una cantante d'opera? E ora con tutte le restrizioni per viaggi e teatri?
In questo momento tutto è molto complicato, viaggiare e lavorare: siamo, fortunatamente, sottoposti a controlli continui, ma questo è anche molto stressante. Personalmente ho sempre amato tutto di questo lavoro: ultimamente la lontananza da casa e dalla mia famiglia mi pesa un po di più, ma sono ancora una fase in cui i pro sono ancora di gran lunga superiori ai contro.
Giuseppina com'è nella vita di tutti i giorni? Il cantante segue uno stilo di vita particolare?
Giuseppina è, direi, una persona tranquilla: amo passare il tempo con la famiglia e gli amici, amo godere il tempo a casa, a Piacenza nella mia città. Cerco di avere uno stile di vita sano, di fare esercizio, e studio quotidianamente. La nostra è una vita carica di emozioni, viaggi, adrenalina, sempre in nuove compagnie. Forse proprio per questo a casa amo recuperare le vecchie abitudini e ritmi di vita più tranquilli.
Qual è l'esperienza internazionale che ti è rimasta nel cuore?
Sono fortunata: ho viaggiato tanto e cantato in paesi e teatri meravigliosi. Da Honk Kong a Tokio, sono stata in tournée in Sudamerica, ho cantato nel “mitico” Colon di Buenos Aires e alla Carnegie Hall di New York. Credo ricorderò per sempre la prima tournée internazionale in Giappone con il teatro Comunale di Bologna nel lontano 2011: ricordo le code per firmare gli autografi alla fine dello spettacolo (i primi autografi della mia vita), e le lettere del “fan” giapponesi che mi sono arrivate a casa mesi dopo..
Hai un ricordo particolare o delle cose simpatiche che ti sono capitate in teatro?
Anche se forse il ricordo che mi emoziona di più è la prima volta che ho calcato un palcoscenico: a sette anni, al Teatro Municipale di Piacenza ho cantato nel coro dei bambini della Bohème. Non dimenticherò mai l’emozione, l’odore del palcoscenico… forse è lì che è scattato qualcosa!