Cecilia Gobbi e Magia dell’Opera
Lo scorso 2 maggio è stato il giorno della morte di Cecilia Gobbi, donna di rara eleganza, intelligenza e sensibilità, che possedeva una chiara visione dell’arte e della vita. In lei erano vive e fruttifere le radici profonde di una famiglia straordinaria, da cui ha saputo attingere nel realizzare un progetto intelligente ed attuale, capace di parlare alle nuove generazioni: Magia dell’Opera, della cui rinnovata vitalità ci parla un suo collaboratore storico, Davide D’Elia.
Figlia del celebre baritono Tito Gobbi, Cecilia è cresciuta in un ambiente culturale d’eccellenza. Il nonno materno, Raffaello De Rensis, fu insigne musicologo e fondatore dell’Istituto Italiano per la Storia della Musica. La madre, Tilde, ottima pianista, le trasmise fin da bambina l’amore per la musica. Tra i parenti figurava persino Boris Christoff, celebre basso, che sposò Franca, sorella della madre. Un’eredità familiare importante, di cui Cecilia ha saputo far tesoro, senza esserne imprigionata o, in alcun modo, vincolata. La sua carriera, infatti, si è sviluppata lontano dal teatro musicale, nel campo dell’economia, in particolare nel settore delle ricerche di mercato. Dopo aver fondato, nel 1973, l’Istituto Analisi e Strategie di Mercato, ha guidato con successo Selecta S.r.l. fino al 2002, ricoprendo ruoli di primo piano in organismi internazionali come l'Associazione Mondiale dei Professionisti delle Ricerche (ESOMAR) e nazionali come Associazione Italiana degli Istituti di Ricerche di Mercato, Sociali e di Opinione (ASSIRM), di cui è stata presidente. Eppure, all’apice della sua carriera, Cecilia ha deciso di riscoprire le proprie radici, creando due realtà fondamentali per custodire e valorizzare il patrimonio culturale di famiglia: l’Associazione Musicale Tito Gobbi (2003) e la Fondazione Tito e Tilde Gobbi (2016).
Un altro evento fu centrale nella sua vita, una rappresentazione del Falstaff di Verdi diretta da Riccardo Muti alla Scala, in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa di Tito Gobbi. In quell’occasione nacque in lei l’idea di avvicinare i più giovani al mondo dell’opera. Infatti, durante una collaborazione per la mostra dedicata a suo padre, Cecilia ricevette un elaborato didattico su Il Turco in Italia di Gioachino Rossini, preparato dagli allievi dell’Accademia delle Arti e dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro alla Scala. Quello scambio segnò una svolta. Rientrata a Roma, mise subito in campo la sua visione educativa e le sue competenze imprenditoriali, creando, in pochi mesi, un progetto concreto: Magia dell’Opera, un’iniziativa promossa dall’Associazione Musicale Tito Gobbi per portare l’opera lirica nelle scuole, parlando in un linguaggio accessibile ai più giovani. Il progetto, nella sua prima edizione, ottenne il sostegno del Municipio Roma II e fu realizzato in collaborazione con l’Accademia della Scala, che fornì i materiali didattici, e con la ONLUS Forum della Società Civile, responsabile della parte amministrativa. Nelle edizioni successive ha ottenuto l’accredito del M.I.U.R. per la formazione del personale scolastico.
Nel definire l’identità del progetto, Cecilia volle confrontarsi con l’amica Giovanna Lomazzi, anima storica di Opera domani (AsLiCo), un progetto pioneristico sull’educazione operistica nel Nord Italia. Facendo tesoro anche di questa esperienza, scelse, appunto, di dar vita a una proposta autonoma, focalizzata su Roma ed il Lazio. A partire dalla seconda edizione e fino al 2010, Magia dell’Opera si avvalse della collaborazione del Teatro dell’Opera di Roma. In quegli anni nacque anche la partnership con la casa editrice CurciYoung, da cui prese vita la collana editoriale Alla scoperta del melodramma, una serie di oltre una dozzina di titoli firmati Magia dell’Opera, che introducono bambini e ragazzi all’universo lirico con libri-gioco originali e coinvolgenti, ancora oggi in vendita non solo nelle librerie, ma anche nei più prestigiosi teatri. Negli anni il progetto è cresciuto, superando i confini del Lazio e approdando in Sicilia, Umbria, Veneto e in città europee come Londra e Liegi. Un’espansione coerente con l’approccio aperto e collaborativo con le realtà territoriali che ha sempre contraddistinto il lavoro di Cecilia, la quale, fino alla fine, ha creduto nel confronto e nello scambio in nome della crescita del progetto. Oggi questa preziosa eredità è portata avanti dal team di collaboratori che ha condiviso con lei la medesima visione. Molte realtà hanno seguito il solco tracciato da Magia dell’Opera, ma nessuna ha saputo conservarne con la stessa autenticità lo spirito e l’intento originari.
A parlarci di questo nuovo inizio di Magia dell’Opera è uno dei collaboratori storici di Cecilia Gobbi per questo progetto: Davide D’Elia.
Quando è iniziata la collaborazione con la signora Gobbi?
Nel 2006, durante il mio tirocinio presso l’ufficio didattico del Teatro dell’Opera di Roma. Tra i vari progetti c’era anche Magia dell’Opera. Ricordo ancora il primo incontro: il suo sguardo deciso mi colpì subito. In quel periodo non ci furono molti scambi diretti, ma l’anno seguente fu lei a chiamarmi personalmente per propormi una collaborazione. Da allora il percorso è proseguito fino allo scorso dicembre. Io e il progetto siamo cresciuti insieme: Cecilia, col tempo, pian piano mi ha dato fiducia e la possibilità di ricoprire ruoli diversi, dall’ambito artistico a quello didattico e organizzativo. È stata una vera palestra, che mi ha aperto strade nuove. Così da sognante tenore, proprio grazie a Magia dell’Opera si è rafforzata in me la passione per la divulgazione e l’educazione, che oggi sono diventate il cuore della mia attività.
In che modo questa esperienza ha cambiato il tuo modo di vivere l’opera?
Frequento i teatri d’opera da quando avevo dieci anni, spinto da una passione tutta mia: nessuno in famiglia mi aveva avvicinato a questo mondo. Nel tempo, però, questa passione si è trasformata in qualcosa di più profondo e grazie a Cecilia ho potuto scoprire forse la mia vera vocazione. Per anni ho condotto i laboratori di Magia dell’Opera nelle scuole di tutta Italia: il contatto diretto con bambini e ragazzi mi ha fatto capire quanto sia importante trasmettere l’amore per l’arte alle nuove generazioni. Con Cecilia, dopo i primi anni, abbiamo compreso un fattore essenziale: per coinvolgere davvero i più giovani, serve autenticità, entusiasmo vero, non costruito. E questo è il vero successo.
Qual è stata, a tuo giudizio, l’intuizione più importante di Cecilia Gobbi nel creare Magia dell’Opera?
La capacità di non fermarsi mai, di mettere sempre in discussione il progetto per farlo crescere. Cecilia sapeva rinnovare i contenuti dall’interno, senza mai adagiarsi. Anche nei momenti più difficili, come durante il lockdown del 2020, abbiamo trovato nuove strade: in pochi giorni ci siamo spostati online, supportando anche quegli insegnanti che faticavano a mantenere vivo il contatto con i loro alunni. In vent’anni è cambiato tutto: la scuola, il modo di fare teatro, la tecnologia. Ma la vera intuizione di Cecilia è stata un’altra: non imporre il progetto alla scuola, ma accompagnarla, diventare un alleato del percorso educativo, aiutandola ad aprirsi, ad andare oltre le proprie abitudini e i propri spazi.
Oggi, in che direzione sta andando Magia dell’Opera? Quali sono le sfide e le opportunità per il futuro?
Negli ultimi anni c’è stata confusione e la perdita improvvisa di Cecilia ci ha spiazzati. Ma proprio nel vuoto lasciato da lei è germogliata quella caparbietà che la rendeva unica: la forza di credere in un’idea fino in fondo. Oggi Magia dell’Opera deve riaffermare la sua identità, difendere valori solidi di educazione e crescita sociale nel nome dell’arte, senza scivolare in logiche di mercato, diventando un prodotto di consumo. Altre realtà sono nate sulla nostra scia: ci fa piacere, purché i ragazzi possano davvero scoprire e amare l’opera. Le insidie non mancano, così come il rischio di tradire l’eredità di Cecilia. Dobbiamo restare fedeli a un principio: i bambini sono il futuro della società, non uno strumento per fare numeri o alimentare vanità artistiche. Questa è la sfida più grande. Più di recente, sto anche recuperando attività che negli anni avevamo accantonato; con il team stiamo progettando nuove proposte editoriali e nuovi approcci. La struttura del progetto non cambierà, ma sarà più articolata e rispettosa del nostro pubblico: non ci rivolgiamo solo agli studenti, ma anche e forse soprattutto agli insegnanti. E stiamo riflettendo su come coinvolgere maggiormente le famiglie, sempre con delicatezza, senza invadere.
È previsto un coinvolgimento di enti artistici e di artisti di chiara fama?
Le fondazioni liriche sono interlocutrici imprescindibili: custodiscono il patrimonio operistico e da anni promuovono progetti per i giovani, come previsto anche dai loro statuti. Io e Cecilia ci conoscemmo proprio in un ente lirico, ma lei intuì presto che un vero progetto educativo doveva restare indipendente, libero dalle logiche produttive e dai tempi dei teatri stabili. Questa autonomia ci permette di costruire percorsi didattici adatti alla scuola e alla formazione, senza essere vincolati alla promozione diretta degli spettacoli in cartellone. Il legame con i teatri resta forte e naturale, anche se non diretto: il nostro obiettivo è proprio quello di preparare e arricchire un pubblico che andrà a teatro con consapevolezza e desiderio, non per obbligo. Per questo abbiamo sempre cercato il coinvolgimento di grandi artisti: in passato Renata Scotto, Luca Canonici, Tito Schipa Jr., Alfonso Antoniozzi; quest’anno, pur tra mille difficoltà, Teresa Iervolino, Marco Filippo Romano ed Elvio Giudici in occasione de La Cenerentola di Rossini. E per rafforzare il valore formativo del progetto, collaboriamo con docenti universitari della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. In questo senso siamo come tessitori: intrecciamo cultura, scuola e teatro, lavorando per far nascere spettatori veri, capaci domani di abitare la sala d’opera con passione e consapevolezza.
I vostri spettacoli come nascono?
Preferiamo parlare di laboratori a teatro, non di spettacoli: è una scelta precisa, che sottolinea la natura educativa del progetto. Su questo punto abbiamo riflettuto a lungo negli anni: come coinvolgere davvero i bambini a teatro, senza tradire il senso profondo dell’opera lirica? Per mantenere viva l’attenzione e facilitare la comprensione, l’opera viene naturalmente ridotta. All’inizio era previsto un narratore che, di tanto in tanto, guidasse il pubblico nel filo della storia; col tempo abbiamo scelto di lasciare che fosse la sola musica a raccontare e il giovane pubblico, appassionatosi grazie al percorso didattico proposto, ha accolto con entusiasmo questa sfida. I bambini cantavano alcuni brani e alcuni di loro salivano in scena in ruoli di contorno, magari un soldato, un cortigiano o un cameriere. Nei primi anni i genitori non assistevano alla rappresentazione. Poi abbiamo compreso quanto fosse importante coinvolgerli: a casa i bambini diventano piccoli ambasciatori dell’opera, cantando, recitando, raccontando. Tuttavia, la presenza dei genitori in sala ha modificato le dinamiche: i bambini desideravano esibirsi per loro e il laboratorio rischiava di trasformarsi in una vetrina di performance individuali, più simile a un talent show che a un vero percorso di scoperta musicale e teatrale. Per questo abbiamo corretto il tiro, riportando al centro l’esperienza formativa collettiva: l’ascolto, la coralità, il piacere di essere parte di un mondo più grande, quello del melodramma. Oggi il laboratorio si articola in due momenti: una prima parte in cui, grazie a un escamotage drammatico che cambia ogni anno, le diverse classi salgono sul palcoscenico in gruppo, vengono presentate e, insieme ai personaggi, cantano alcuni brani dell’opera. A seguire, si svolge la rappresentazione vera e propria, durante la quale il pubblico, bambini, insegnanti, genitori, rimane in platea, ma in modo attivo: tutti partecipano cantando dalle proprie postazioni con entusiasmo ed energia. Ed è qui che avviene la vera magia: gli spettatori si trasformano in un unico grande coro. Nella Cenerentola, ad esempio, erano tutti cavalieri che portavano l’invito al ballo; in Tosca, tanti pastorelli che salutavano l’alba su Roma, all’inizio del III atto. In alcune occasioni abbiamo chiesto al giovane pubblico di immedesimarsi non in personaggi fisici, ma in emozioni: così siamo riusciti a far appassionare i bambini anche ad un’opera complessa come La bohème di Puccini. In questo modo il teatro diventa un’esperienza viva, collettiva, indimenticabile.
Quali sono i prossimi obiettivi che vorreste realizzare per il futuro di Magia dell’Opera?
Cecilia ci ha lasciato molto più di un progetto: ci ha lasciato una direzione, una visione, un gesto d’amore verso l’arte e i giovani. Ed è proprio così che continuerà a vivere. Stiamo lavorando alla riformulazione del sito istituzionale e alla definizione di nuove linee guida per il progetto. Il nostro desiderio è far crescere Magia dell’Opera come un vero polo di ricerca didattica e teatrale, un grande laboratorio dove tutti, insegnanti, bambini, artisti, possano sperimentare e imparare insieme. Sono già nate nuove collaborazioni con realtà di alto valore musicale, come con l’Associazione Sipario Lirico APS e proseguirà quella con il Nuovo Teatro Orione, uno spazio perfetto per la nostra attività, gestito con entusiasmo e competenza da giovani professionisti che hanno creduto, fin dall'inizio, nel sogno educativo di Cecilia. Il prossimo titolo sarà L’elisir d’amore di Donizetti: è la terza volta che affrontiamo quest’opera, ma l’abbiamo scelta perché ben rappresenta questo nostro momento di ripartenza. La sua trama, leggera e mutevole, si presta a una nuova didattica più articolata e coinvolgente, sempre rispettosa degli spazi e dei tempi della scuola. Inoltre, il progetto si estenderà a una fascia d’età ancora più ampia, dai 3 ai 18 anni, con proposte differenziate e calibrate per ogni livello scolastico. E siamo felici di poter annunciare la partecipazione di un ospite speciale durante la fase di formazione: Vittorio Grigolo, uno dei più grandi interpreti di Nemorino a livello internazionale, che da giovante cantore è diventato una delle voci più affermate del panorama lirico mondiale.