L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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La composizione delle musiche di scena per l’Egmont di Goethe fu commissionata a Beethoven nella primavera del 1809, mentre Vienna era occupata dalle truppe napoleoniche, dal direttore dell’Hofburgtheater. Sebbene maldisposto nei confronti di quel teatro, nel quale, a suo dire, alla sua musica non era riservata la dovuta cura, Beethoven accettò con entusiasmo, spinto dal profondo amore per la poesia del maggiore autore tedesco della sua epoca.

Il dramma, ultimato nel 1788 dopo una lunga gestazione, è ispirato alla figura storica di Lamoral, conte di Egmont, nobile neerlandese che servì nell’esercito asburgico sotto Carlo V e fu governatore delle Fiandre negli anni Sessanta del Cinquecento. Nella tragedia goethiana il personaggio di Egmont si presta a incarnare gli ideali eroici della rettitudine, della libertà, dell’amor di patria, del sacrificio, ideali che, particolarmente in quegli anni, permeavano il pensiero etico e poetico di Beethoven; la morte del protagonista, che si avvia al patibolo con volto sereno, rivolgendo ai compatrioti l’estremo incitamento a lottare per l’indipendenza, è trasfigurata in un vittorioso martirio.

Le musiche di scena approntate da Beethoven consistono in un’Ouverture, quattro Intermezzi, due Lieder, due Melodrammi – cioè due brani sinfonici concepiti quale accompagnamento della recitazione – e una «Sinfonia di vittoria» conclusiva. L’Ouverture fu l’ultimo brano della serie a essere composto: ancora incompleta alla data della prima rappresentazione della stagione, fu eseguita solo a partire dalla quarta, che ebbe luogo il 15 giugno 1810. Tuttavia, in seguito ebbe fortuna critica ed esecutiva maggiore rispetto alle altre parti dell’opera, tanto da comparire nei programmi concertistici perlopiù come brano autonomo.

In effetti, nell’Ouverture convivono una poderosa compiutezza formale, inclinata in un certo senso verso la musica assoluta, e un’altrettanto radicata vocazione narrativa: essa riassume, anticipandone situazioni drammaturgiche e temi musicali, l’intero svolgimento della tragedia. In conformità col modello tradizionale, già sperimentato da Beethoven nel Coriolano, a una sezione d’apertura lenta se ne avvicenda un’altra veloce, alla quale segue, in questo caso, una coda dal carattere trionfale, cosicché la composizione risulta articolata in tre parti. L’introduzione (Sostenuto ma non troppo) è impiantata nella cupa tonalità di fa minore; vi si ascoltano, proferiti ora con tragica grandiosità, ora con lirico patetismo, motivi e cellule ritmiche sviluppati nel successivo allegro, al quale si giunge attraversando un energico crescendo. L’ampio movimento centrale è tutto improntato ad animosa fierezza: trascorre con impeto fino ad arrestarsi all’improvviso, dopo la triplice riaffermazione del motivo principale da parte della fanfara di corni e trombe, su una pausa coronata, seguita da un compianto di sei rarefatte battute in più che pianissimo affidate ai legni, allusione alla morte dell’eroe. L’apoteosi finale cita per intero la «Sinfonia di vittoria» composta da Beethoven come ultima parte delle musiche di scena per l’Egmont, prefigurandone i giubilanti strepiti militareschi.


 

 

 
 
 

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