L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'orrore e la speranza

di Gustavo Gabriel Otero

Una vera e propria première newyorkese per l'opera di Borodin, che non era stata mai allestita in lingua originale in una produzione originale al Metropolitan. Gianandrea Noseda e Dmitri Tcherniakov ne fanno un avvincente dramma psicologico sul potere e la guerra, assecondati da un cast assai valido, in cui hanno brillato Ildar Abdrazakov e Anita Rachvelishvili.

NEW YORK, 17 febbraio 2014 - Il principe Igor di Borodin andò in scena al vecchio Met nel 1915 e fu ripreso nel 1917 sempre nella traduzione italiana. Nella sala attuale del principale teatro lirico di New York è stato rappresentato solo nel 1998 nell'ambito di una tournée del Mariinskij. Questa nuova produzione, frutto del lavoro di Dmitri Tcherniakov e Gianandrea Noseda, è dunque la prima produzione "autoctona" della Metropolitan Opera House dell'opera di Alexander Borodin in più di un secolo, e la sua vera première. Tcherniakov e Noseda hanno presentato quasi una loro versione dell'opera, basandosi su manoscritti dell'autore e nuovi studi musicologici, eliminati gli interventi di Rimsky -Korsakov e Glazunov oltre all'orchestrazione di Pavel Smelkov. Ci sono variazioni nell'ordine degli atti e delle scene, tagli di frammenti musicali, ripristini e integrazioni (comil finale orchestrale che corrisponde a un altro lavoro di Borodin: un frammento del balletto Mlada detto L'inodazione del fiume Don).

Dmitri Tcherniakov ricrea l'opera collocandola all'incirca nei primi anni del XX secolo e trasformandola quasi in uno studio psicologico sulle motivazioni che spingono un regnante a dichiarare guerra, sulla crisi emotiva e morale che assale il principe Igor per la sconfitta contro i Polovesiani e sulle dificoltà nel tornare a comandare un popolo dopo una sconfitta e guidare una ricostruzione. Tcherniakov colloca il prologo in un grande spazio chiuso con imponenti pareti in gesso beige, che contrastano magnificamente con le uniformi dei soldati, color rosso scuro. L'atto seguente inizia con una proiezione in bianco e nero, che rimanda al grande Sergei Eisenstein, di immagini dei soldati russi che si preparano per la guerra e di come saranno poi massacrati. Vediamo inoltre il principe crollare con una ferita sanguinante alla testa. All'improvviso appare una nuova scena: un vasto campo di papaveri con immensi fiori rossi contro un cielo azzurro, senza nubi. Tutto il resto del secondo atto nelle steppe polovesiane sembra un sogno di Igor - presente in scena per tutto il tempo - mentre combatte fra la vita e la morte. Le danze finali, con il coro nelle balconate a destra e sinistra (scelta di grande effetto) e il principe Igor che vaga fra i ballerini, è uno dei momenti migliori della serata.

Torniamo quindi in Russia, nel medesimo spazio del prologo, che poco a poco va degradando, mentre nel terzo atto vediamo le funeste conseguenze della guerra, con la distruzione quasi totale del medesimo luogo. Il finale offre un messaggio di speranza: il principe Igor dà il buon esempio al suo popolo incominciando a ricostruire il proprio palazzo per tornare a una vita normale. Al di là delle licenze che si è concesso per quanto riguarda la trama, la musica e la musicologia, e che deve aver approfondito con degli specialisti, Dmitri Tcherniakov crea un allestimento basato su un'idea forte, che funziona alla perfezione, quasi come un thriller psicologico. I costumi Elena Zaitseva sono d'effetto e perfettamente funzionali alla regia, la moderna coreografia di Itzik Galili non ci abbaglia, ma ottiene un ottimo effetto; di qualità le proiezioni di Katy Tucker e funzionali le luci di Gleb Filshtinsky, con un apice nella tormenta del prologo. Gianandrea Noseda ha diretto con perizia l'orchestra del Met ottenendo un suono intenso e ben amalgamato, con tutte le sezioni in bell'evidenza. Nel ruolo eponimo Ildar Abdrazakov ha messo in evidenza ottime risorse, acceso lirismo e una linea di canto intrigante. La voce è ferma e robusta, anche se non si troverà in lui il basso profondo russo d'altri tempi. Assai immedesimato nell'azione, è parso impulsivo nel prologo, devastato nel rpimo atto, quasi disperato e mesto nel recuperato monologo del terzo atto.

Il soprano ucranino Oksana Dyka, al suo debutto al Met, ha messo al servizio di Yaroslavna la sua potenza vocale, il suo fermo registro acuto e il suo temperamento d'interprete. Il tenore Sergey Semishkur, originario di Kiev e a sua volta debuttante al Met, ha cantato la parte di Vladimir, figlio di primo letto di Igor, con passione e buoni mezzi. Mikhail Petrenko come principe Galitski ha reso scenicamente un essere ripugnante. Corretto nel canto, ha però poco volume ed è parso leggermente al di sotto delle esigenze della parte. Stefan Kocán, Khan Konchak capo dei polovesiani, ha esibito un mezzo di buona qualità, mentre Anita Rachvelishvili (Konchakovna) ha messo in campo una vocalità suggestiva, brunita e ben gestita per dar pieno risalto al suo ruolo. La sua linea di canto era impeccabile, i gravi rotondi e poderosi, il colore vocale fascinoso. Senza essere la classica bellezza appariscente irradiava seduzione in tutto il palcoscenico Assai corretto e omogeneo il resto del cast (Vladimir Ognovenko, Andrey Popov, Mikhail Vekua, Kiri Deonarine e Barbara Dever) e di alta qualità la prova del coro diretto da Donald Palumbo.

Alexander Borodin: Il principe Igor, opera in un prologo e tre atti. Libretto di Alexander Borodin. Nova produzione. Dmitri Tcherniakov, regia e scene. Elena Zaitseva, costumi. Itzik Galili, coreografia. S. Katy Tucker, proiezioni. Gleb Filshtinsky, luci. Coproduzione della Metropolitan Opera con la De Nederlandse Opera di Amsterdam. Ildar Abdrazakov (Principe Igor), Oksana Dyka (Yaroslavna, sposa di Igor), Sergey Semishkur (Vladimir, figlio di Igor), Mikhail Petrenko (Principe Galitski, fratello di Yaroslavna), Stefan Kocán (Khan Konchak, capo dei polovesiani), Anita Rachvelishvili (Konchakovna, figlia di Konchak), Vladimir Ognovenko (Skula), Andrey Popov (Yeroshka), Mikhail Vekua (Ovlur, un polovesiano), Kiri Deonarine (fanciulla polovesiana), Barbara Dever (dama di Yaroslavna). Orchestra e coro della Metropolitan Opera House. Maestro del Coro: Donald Palumbo. Direttore e concertatore: Gianandrea Noseda.

 


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