L’Ape musicale

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Le storie del Pirata

di Fabiana Crepaldi

Vincenzo Bellini
Il pirata
Camarena, Rebeka, Vassallo
direttore Fabrizio Maria Carminati
Catania, Teatro Sangiorgi, agosto/settembre 2020
3CD Prima Classic PRIMA010

Leggi il punto di vista di Giuseppe Guggino: CD, Bellini, Il pirata

Una perfezione! Così si può definire la recente incisione dell'opera Il Pirata di Vincenzo Bellini per l'etichetta Prima Classic della primadonna Marina Rebeka. È una realizzazione squisita, dal libretto alla registrazione. Il booklet, accuratamente preparato, riporta il prezioso testo di Domenico De Meo, esperto di Bellini e il libretto completo dell'opera, con l'indicazione delle parti che non sono state incorporate nella partitura e la narrazione degli eventi precedenti, la cui conoscenza è essenziale per comprendere la trama. * La registrazione presenta cantanti di altissimo livello e voci adeguate ai loro ruoli, un coro e un'orchestra in perfetta sincronia e un suono cristallino. Come buon documento storico, l'opera è stata registrata nella sua interezza, con tutte le ripetizioni indicate nella partitura (che, fortunatamente, diventa la regola) e con il finaletto, normalmente omesso.
Il Pirata è, oggi, un'opera raramente messa in scena. Peccato, perché oltre ad essere una perla del bel canto, è di notevole importanza storica: fu la prima opera di Bellini a essere presentata al Teatro alla Scala (nell'ottobre 1827), il primo successo internazionale del compositore, il primo frutto del collaborazione con Felice Romani (che produrrà altre sei opere, tra cui Norma) e una delle prime manifestazioni del Romanticismo nell'opera italiana.
Fabrizio della Seta, nel suo saggio La Primera Ópera Romántica, edito dal Teatro Real di Madrid, è categorico: "De ninguna otra ópera más que de Il Pirata se puede decir, sin temor a equivocarse, que se trata del primer ejemplo del melodramma romantico italiano. ("Di nessun'altra opera che Il Pirata, si può dire, senza timore di essere contraddetti, che è il primo esempio di melodramma romantico italiano.") Ricorda che Guillaume Tell, la grande opera romantica di Rossini, risale al 1829, due anni dopo Il Pirata. Tuttavia, Der Freischütz di Carl Maria von Weber era già stato presentato per la prima volta a Berlino sei anni prima.
Domenico De Meo conferma il carattere innovativo dell'opera, “che, nel 1827, sarebbe anzi accolta alla Scala come una novità, al punto da essere poi unanimemente considerata il manifesto del melodramma romantico italiano.”
Se non la prima, Il Pirata è una delle prime opere italiane in cui il baritono (potente tiranno) impedisce il compimento dell'amore tra il soprano (una fragile e tormentata fanciulla romantica) e il tenore (un eroe ferito che diventa un criminale ), per il quale resta solo l'unione suggellata dalla morte.
Collocare l'opera come una delle prime fasi del Romanticismo va oltre l'esame del libretto e del triangolo amoroso: sebbene abbia ancora una grande influenza rossiniana, presenta musicalmente un carattere drammatico innovativo. Con l'emergere del tenore nello stile dell'eroe in cerca di vendetta, è apparso anche un nuovo modo di cantare, meno virtuosistico e più appassionato. Come sintetizza Della Seta, “una declamazione espressiva e appassionata in un registro medio acuto, dal timbro intenso e vibrante, un po' velato e per nulla enfatico.”
De Meo inizia il suo saggio citando proprio qualcosa che, secondo la leggenda, Vincenzo Bellini disse al celebre tenore Giovanni Battista Rubini, creatore del ruolo, e che, a prescindere dalla veridicità o meno del discorso, illustra bene questo aspetto innovativo:
“Confessalo la vera cagione si è che la mia musica non ti garba, perché non ti lascia le consuete opportunità; ma se io mi fossi posto in capo d'introdurre un nuovo genere ed una musica, che strettissimamente esprima la parola, e del canto, e del dramma formi solo una cosa, dimmi, dovrebbe rimanere per te che io non fossi aiutato?"

La prima comprendeva un prestigioso trio di cantanti: il tenore Giovanni Battista Rubini (Gualtiero), il soprano Henriette Méric-Lalande (Imogene) e il baritono Antonio Tamburini (Ernesto). Il nome più importante sembra essere rimasto del tenore, tuttavia, questo è cambiato nel corso degli anni, in particolare nel 1958, quando Maria Callas è stata Imogene alla Scala. Non è senza ragione. Se la parte tenore esige un timbro intenso e grande estensione, con acuti sicuri (già raggiungendo il re nella cavatina), le esigenze del soprano sono enormi. Il ruolo di Imogene è riservato a quelle rari interpreti che, per non parlare dellla recitazione, possono combinare grande estensione vocale e agilità con una conoscenza musicale competente per la gestione delle variazioni e, soprattutto, una solida tecnica vocale.
In una recente intervista trasmessa in video dal Metropolitan Opera, al soprano Renée Fleming è stato chiesto quale fosse il ruolo più difficile che avesse mai interpretato. Fleming rispose che, senza dubbio, era Imogene. In un'intervista al sito Presto Music**, Marina Rebeka commenta anche la difficoltà del ruolo: “Vocalmente Imogene è estremamente difficile – non solo la prima aria (che in realtà sono tre arie in una!), ma anche il trio che è quasi rossiniano nel modo in cui accelera e accelera e richiede grandi prestazioni in termini di velocità e resistenza."
Rebeka indica anche il trattamento degli ornamenti: “poiché abbiamo registrato l'opera completamente integra, era essenziale scrivere gli abbellimenti per il trio e anche per i duetti con Gualtiero ed Ernesto, e ci ho dedicato molto tempo!" Continua: “all'epoca in cui delle opere di Bellini sono state scritte, ci si aspettava assolutamente che variassi i tuoi abbellimenti per ogni recita, ed è per questo che ogni cantante era un grande musicista."
Della Seta critica, tuttavia, il recente rilievo dato alle prime donne, accusandolo, a mio avviso, ingiustamente: Il successo de Il Pirata è stato ostacolato non molto tempo fa dal fatto che i pochi allestimenti moderni dell'opera erano basati su grandissime prime donne (Callas, Caballé), mentre il ruolo del protagonista era affidato a tenori inadeguati, sebbene il ruolo principale sia proprio quello di Gualtiero."
La verità è che per quanto grande sia- ed è enorme! - l'importanza di Gualtiero, un Pirata senza un'Imogene adeguata è senz'anima, perde il suo lustro. Se Gualtiero è stato il precursore di uno stile tenorile virile che è diventato la norma nell'Ottocento, Imogene ha aperto la strada alle grandi figure tragiche folli e sofferenti d'amore, come Lucia di Lammermoor. Fortunatamente, per apprezzare questo CD, non è necessario continuare questa discussione sul ruolo principale nell'opera, perché Marina Rebeka e Javier Camarena soddisfano entrambi con eccellenza e arte le esigenze dei loro personaggi. Questa è la grande importanza e il carattere inedito di questa registrazione: per la prima volta il doppio protagonismo è evidente in una registrazione, non c'è una parte più debole.
La versione di Romani è basata sul melodramma in tre atti Bertram, ou Le pirate, di M. Raimond (pseudonimo di Isidore J. S. Taylor)***, presentato per la prima volta con grande successo a Parigi nel novembre 1822. Il melodramma, a sua volta, era basato sulla tragedia in cinque atti Bertram, o Le Château de St. Aldobrand (1821), una libera traduzione di Isidore J. S. Taylor e Charles Nodier dell'originale inglese Bertram, o il castello di St. Aldobrand (1816), del reverendo irlandese Carlo Roberto Maturin. Le numerose versioni e traduzioni consentono già di concludere che il soggetto, un dramma gotico, era in linea con il gusto del tempo.
Sia Maturin sia Romani iniziano le loro opere con un'immagine tipica del gotico: tempesta, mare in tempesta, naufragio. Nell'opera, la musica inquieta, con un dialogo tra un solista e il coro sulla sorte dei naufraghi, anticipa la prima scena dell'Otello di Verdi, che sarà realizzata nello stesso teatro sessant'anni dopo.

Dalla tragedia originale all'opera ci sono stati diversi cambiamenti, sia nella trama sia nel carattere dei personaggi. Molti di questi cambiamenti stanno già comparendo nel melodramma. La prima, che riduce il tono clericale dell'opera originaria, è la sostituzione dei monaci del monastero di Sant'Anselmo e del suo priore con pescatori e un eremita, Il Solitario, che abita tra le rovine dell'antico monastero (altra immagine molto gotica). Le modifiche più significative, tuttavia, sono quelle apportate al trio di personaggi principali che, nell'opera, si chiamano Gualtiero, Imogene ed Ernesto.
Gualtiero è il primo a comparire. Ex nobile, un tempo favorito del re, dovette andare in esilio dopo la presa del potere da parte del suo rivale, il conte di Caldara. Nelle versioni precedenti, il suo nome è Bertram. È possibile che la scelta del nome utilizzato nell'opera derivi dalla popolarità di Gautier, l'attore che interpretava Bertram nel melodramma a Parigi. Nell'opera la sua voce viene immediatamente riconosciuta dall'eremita, che Romani chiama Goffredo, ex tutore di Gualtiero. Nelle versioni precedenti, Bertram non è riconosciuto dal religioso, deve identificarsi. Questo cambiamento è interessante perché, a differenza di Goffredo, Imogene non riconosce la voce di Gualtiero, generando così il suo primo fastidio.
Davanti a Goffredo, Gualtiero esprime la sua sete di vendetta, ma presto chiede di Imogene, sua amata e oggetto della sua cavatina e della sua cabaletta; Bertram, invece, pensa solo alla vendetta e non tocca il nome di Imogen. Gualtiero e Bertram sono entrambi eroi feriti, che lottano internamente tra amore e risentimento e hanno un comportamento impulsivo. Gualtiero minaccia di uccidere il figlio di Imogene, Bertram no; Gualtiero e Bertram del melodramma minacciano Imogene e suo figlio se lei non accetta di incontrarlo; il Bertram originale non ha bisogno di fare questa minaccia.
Come già accennato, nel CD Gualtiero è interpretato dal tenore messicano Javier Camarena. Difficile immaginare un tenore più qualificato di lui per questo ruolo. Già in "Nel furor delle tempeste", la sua cavatina, dove il ritmo polacco dell'intrepido pirata che sfidò la tempesta avendo davanti a sé l'immagine della sua amata si alterna a un verso più lirico pensando a Imogene come un angelo celeste che consiglia la virtù, Camarena, con il suo timbro brillante, risponde già molto bene musicalmente e dimostra la dualità del suo carattere.
Dall'originale all'opera al melodramma, Imogene è stata cristianizzata, moralizzata e vittimizzata. Non che l'originale Imogene non fosse abbastanza cristiana: anzi, sentiva, con tutte le sue forze, il peso della colpa fino alla follia. Tuttavia, ha incontrato Bertram in una grotta nel bosco e ha tradito suo marito. L'adulterio è stato soppresso nel melodramma e, di conseguenza, nell'opera. È un peccato, perché l'incontro si svolge di notte, al buio, e Imogene fa notare che odia la luce. Se fosse stato preservato, l'incontro notturno di questo amore impossibile sarebbe stato un interessante precursore di Tristano e Isotta!
Nell'opera, Imogene è costretta a sposare Ernesto, conte di Caldara, perché suo padre, prigioniero politico, sta morendo in carcere. Nel melodramma, invece, il suo movente è diverso: il padre non è in carcere, ma, come racconta a Clotilde (che nell'opera porta il nome di Adèle), la sua famiglia soffre la vergogna della povertà e lei sente grida del padre (che non sembra avere le condizioni sociali per essere coinvolto in dispute politiche).
Quanto al conte di Caldara, nell'opera è un tiranno freddo e sospettoso e ha costretto Imogene a sposarsi pur sapendo del suo amore per Gualtiero. "Quando al padre io fui rapita / Quest'amor non era arcano: / Tu volesti la mia mano / né curasti avere il cor", gli dice Imogene nel potente duetto del secondo atto. Nel melodramma, invece, la situazione è ben diversa: il conte, tenero e buon marito, non la costrinse a nulla, si sposò di sua spontanea volontà (per risolvere il problema economico della famiglia), non conosceva la sua passato e la sua relazione con Bertram e non ha mai dubitato dell'amore e della fedeltà di sua moglie. Insomma, era più la vittima che il cattivo.
Nell'intervista concessa a Presto Music, Marina Rebeka osserva che Imogene e Norma, queste due eroine belliniane che interpreta con tanta maestria e canta con tale tecnica, non potrebbero essere più diverse. Secondo Rebeka, “Norma è una leader donna tosta e intimidatoria (...), mentre Imogene è l'esatto opposto: ha pochissima azione, nessuno la ama davvero e diventa una pedina o una merce di scambio per due uomini che vogliono usarla per ferirsi a vicenda.

Rebeka fa luce anche sulla relazione di Imogene con suo figlio, che rappresenta il trauma di essere stata violentata da un uomo che odia. "È significativo che non riesca nemmeno a chiamare con un nome suo figlio: lo chiama sempre 'l'innocente', che è il suo modo di assolverlo dal terribile crimine che sente di aver commesso nel concepirlo", rimarca Rebecca.
Infatti, quando suo figlio compare per la prima volta, Imogene si trova di fronte a Gualtiero. Dice "figlio mio" e prega Gualtiero di avere pietà del bambino. Tuttavia, dopo che Gualtiero, con le lacrime agli occhi, le restituisce il bambino come simbolo del suo matrimonio disastroso e del suo tradimento, Imogene inizia a riferirsi al bambino come all'innocente o "il figlio", senza il "mio", (quindi, come il figlio di Ernesto ). Nella tragedia originale (non nel melodramma), uccide suo figlio. Imogene prende così la strada opposta a Norma, che prima pensava di uccidere i suoi figli, ma alla fine dell'opera, prima di morire, riconciliandosi con Pollione, li riconosce pubblicamente e li considera come la sua unica preoccupazione. Anche su questo punto Norma e Imogene non potrebbero essere più diverse.
Un'interessante novità nel libretto del melodramma si trova nelle cavatine di Gualtiero e Imogene. Gualtiero, come abbiamo già sottolineato, fa riferimento all'immagine della sua amata come un angelo del cielo. Imogene, nella sua cavatina "Lo sognai ferito", racconta un sogno fatto con Gualtiero. Queste immagini premonitrici, siano esse sogni, deliri o semplici ritratti, sono molto care al Romanticismo e sono state frequenti nelle opere almeno dai tempi di Léonore di Gaveaux e Fidelio.
Da questa prima scena, che secondo Rebeka ne vale tre, possiamo già vedere il suo impegno per il personaggio, così come la sua formidabile qualità tecnica. Nella cavatina che racconta il sogno con Gualtiero, accompagnata da un bel legato, ascoltiamo un'interpretazione toccante, dove ogni parola acquista forza. Un esempio ? Il modo in cui canta "sospiro", prima con ornamenti seducenti, poi con un filo d'aria. Nella cabaletta si nota il cambio di ornamento nella ripetizione. Questa differenziazione ha un effetto globale, ma possiamo prendere due dettagli come esempio. Dopo "o tormento del mio cor", per la prima volta, Rebeka esegue la coloratura seguendo una linea che è ascendente nella prima parte e che poi diventa discendente. Nella ripetizione, fa il contrario. In "Ah, sarai, finch'io respiro", esegue un legato nel primo tempo e, nella ripetizione, uno staccato carico di significato interpretativo. Un'ultima osservazione è che alla fine dell'aria, quando canta "del mio dolor", sceglie di salire in re5, non accontentandosi, fortunatamente, di scendere in re4, come fanno di solito le interpreti, con la onorevole eccezione di Maria Callas e Renée Fleming, entrambe in registrazioni dal vivo. Una vera delizia per gli amanti del bel canto!
Per Charles Osborn, autore del libro Bel Canto Opera di Rossini, Donizetti e Bellini, "Il duetto, 'Tu sciagurato!', di Imogene e Gualtiero è uno dei migliori numeri dell'opera, insieme alla reazione di Gualtiero alla storia del matrimonio forzato di Imogene ("Pietosa al padre") particolarmente toccante." Dopo che Imogene, con una coloratura che ne indica l'agitazione e l'ansia, avverte Gualtiero che deve fuggire, poiché è alla corte di Ernesto ("Tu sciagurato! Ah! Fuggi.../ Questa d'Ernesto è corte"), Gualtiero risponde con un secco e sillabico "Lo so". I suoi abbellimenti, tuttavia, arrivano quando interroga Imogene sul suo legame con Ernesto, per lui un dubbio peggiore della morte. Senza esagerare, con eleganza, Camarena e Rebeka, le cui voci si accordano perfettamente, trasmettono la tensione crescente presente non solo nel libretto ma anche nella musica. L'oscura serenità con cui Rebeka attacca il suo verso “Ah! tu d'un padre antico, / Tu non tremasti accanto" è commovente, non lascia dubbi sulla fragilità fisica ed emozionale di Imogene, anche dopo essere stata colpita dall'impetuosa accusa “Perfida! Hai colmo appieno De' mali miei l'orror».

Analizzando il recitativo che precede questo duetto, De Meo fa notare che “L'inclusione di grandi periodi cantabili è una caratteristica dei migliori Bellini, destinata a svilupparsi in opere successive." Aggiunge, segnalando un'altra importante innovazione apportata dalla composizione: "Dal Pirata, il compositore aveva già capito che il dramma è tale nella sua unità e che bisogna evitare che l'attenzione del pubblico si concentri solo sui diversi brani chiusi. Da qui la decisione di Bellini di eliminare i recitativi secchi. Quindi, soprattutto, la grande cura che riservò nella composizione dei recitativi con l'inclusione di frasi melodiche, che rafforzano la loro intensità e spesso il loro immenso fascino."
Un altro momento clou musicale è il quintetto "Parlarti ancor per poco", che in realtà è un sestetto con coro, quando Gualtiero dice a Imogene che vuole incontrarla un'ultima volta prima di partire. Per De Meo,"una delle grandi creazioni di Bellini, ' un vero e proprio complesso di scienze musicali', come scrisse il critico de 'I Teatri' il 2 novembre 1827." Con un pizzicato costante di contrabbassi e violoncelli (che nella seconda parte aumenta di velocità), il sestetto è guidato da Gualtiero e Imogene. Il tenore e il soprano devono cantare piano per non farsi sentire da Ernesto che, a pochi passi, seguendo i pizzicati, sente crescere nel cuore un sospetto. Sottilmente Camarena cambia articolazione dalla prima parte della strofa, quando invita all'incontro, alla seconda, con la minaccia "Se tu ricusi... per te, deh, trema... Per te, per lui, pel figlio...". Marina Rebeka usa principalmente la voce di testa e un po' di aria per esprimere, magnificamente, la sua supplica e la sua angoscia.
L'influenza di Bellini su Donizetti è un fatto noto. Nel Pirata ci sono diversi momenti che anticipano la musica di Donizetti. Uno di questi è poco prima del sestetto, quando Ernesto interroga i pirati e, sospettoso, decide di arrestarli: “Finchè meglio a me dimostro Non è il nome e l'esser vostro, In Caldora resterete Rispettati prigionier." La musica ricorda molto L'elisir d'amore (1832).
Un altro momento si verifica nel secondo atto, in “Tu vedrai la sventurata”, il larghetto bello e melanconico di Gualtiero, che Camarena canta in modo ispirato. Dopo 'Sul mio sasso a lagrimar', penso sempre che il tenore aggiungerà 'o bell alma innamorata...', come alla fine di Lucia di Lammermoor (1835). Poco dopo, l'assolo di corno inglese che introduce la scena finale di Imogene, che commenteremo più avanti, inizia allo stesso modo del tema che sarà utilizzato da Donizetti nella sua famosa “Una furtiva lagrima” nell'Elisir.
Sebbene Bellini non sia stato ispirato allo stesso modo nella scena di Ernesto, il baritono che Romani ha trasformato in un cattivo, il suo personaggio acquista risalto non solo nel sestetto, ma soprattutto nel secondo atto, nel duetto con Imogene e nel trio. È lì che Franco Vassallo ha modo di mostrare le sue qualità vocali, completando un trio di altissimo livello. Nell'intervista rilasciata a Presto Music, Vassallo spiega che “Con Ernesto in Pirata troviamo un agile baritono drammatico, una categoria molto rara nell'opera."
La scena finale è un piccolo gioiello all'interno dell'opera, a cui Marina Rebeka ha reso giustizia. È sicuramente a questa scena che si deve (ma non in questo cd) il taglio del finaletto, dove Gualtiero si getta dal ponte. La scena inizia con un assolo molto simile a quello della Tuba Mirium del Requiem di Mozart, la tromba che diffonde il suo suono nella regione dei sepolcri.
Nell'intervista a Presto Music, Rebeka ha ricordato che sul CD Spirito, uscito nel 2018, aveva già registrato questa scena e che, come dovrebbe essere, non cantava allo stesso modo nella nuova registrazione, ma cambiava le variazioni. La differenza, però, va ben oltre gli abbellimenti e si fa sentire fin dalla prima nota del recitativo. Dal “oh!” di “Oh! s'io potessi dissipar le nubi”, ha sostituito la (bella) messa di voce del primo CDcon un attacco in crescendo, più drammatico, più percussivo. Tutto il recitativo, infatti, è molto più drammatico in questa versione del 2021: Rebeka usa il peso della sua voce in modo più efficace, e ha dato più forza alle parole. Questo guadagno in drammaturgia è probabilmente il risultato di una maggiore complicità con il personaggio che l'ha accompagnata per tutta la registrazione.

Qualcosa di simile accade nel bel cantabile "Col sorriso d'innocenza", dove Imogene implora l'"innocente" di supplicare il padre per lei, e nella cabaletta "Oh! Sole! ti vela”, che conclude la scena. L'introduzione del cantabile, con assolo di flauto (che qui trova un'interpretazione molto interessante), ricorda molto un'altra preghiera di Bellini e Romani che avrebbe avuto successo quattro anni dopo: “Casta Diva”. Il legato di Rebeka, già presente nella registrazione del 2018, è piuttosto accattivante. Quanto all'ornamentazione, una notevole differenza è il bel diminuendo nel primo “genitore” fino ad arrivare al pianissimo, presente nella nuova registrazione.
Da segnalare anche i cantanti nei ruoli secondari. All'ottimo risultato hanno contribuito la drammaticità di Sonia Fortunato nel ruolo di Adele, nonché il canto chiaro e preciso di Antonio Di Matteo e Gustavo De Gennaro, rispettivamente in Goffredo e Itulbo.
Fondamentale è stato anche il ruolo dell'orchestra e del coro del Teatro Massimo Bellini di Catania, in particolare dei solisti di corno inglese e flauto, i cui nomi purtroppo non sono citati nel libretto. Un plauso alla direzione di Fabrizio Maria Carminati.
Chiudo questo testo con un sogno: quello di poter un giorno vedere dal vivo un Pirata con Marina Rebeka e Javier Camarena!

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* Il libretto del CD in formato pdf è scaricabile dal sito di Prima Classic, dove c'è anche il link per ascoltare l'opera sulle principali piattaforme di streaming: https://primaclassic.com/il-pirata/
** L'intervista rilasciata da Marina Rebeka e Franco Vassallo a Presto Music è disponibile al seguente indirizzo: https://www.prestomusic.com/classical/articles/4302--interview-marina-rebeka-and-franco-vassallo-on-il-pirataon-il-pirata  
*** Il melodramma in francese può essere letto tramite il seguente link: https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=hvd.hnxjpp&view=1up&seq=7&skin=2021


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