L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'uomo, il popolo, l'esilio

 di Andrea R. G. Pedrotti

S. Laks

Chamber music

ARC Ensemble

collana Music in Exile

CD Chandos CHAN10983, 2017

Gli altri CD del ciclo Music in Exile

CD, Ben-Haim, Chamber Works

CD, Fitelberg, Chamber works

Il terzo appuntamento col ciclo “Music in Exile”, ci racconta, attraverso le sue composizioni, la storia di Szymon Laks. Egli nacque il 1 novembre 1901 in una città tristemente famosa per le violenze che vi ebbero luogo, Varsavia. Laks era un ebreo polacco emigrato in Francia; così non subì la deportazione dopo l’invasione della terra natia da parte delle truppe della Wehrmacht. Studiò musica per buona parte dell’Europa, ma a Parigi pareva aver trovato una sua dimensione. Tuttavia anche la Francia venne occupata dai nazisti e Szymon Laks venne arrestato senza colpe nel 1941, per essere deportato, nel 1942, nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Riguardo questa esperienza egli scrisse anche un libro intitolato Mélodies d'Auschwitz.

Interessante di questo autore è la testimonianza che non viene da un semplice perseguitato, ma da un uomo che ha vissuto e fatto musica all’interno di un campo di sterminio nazista. Solo uno dei sei brani contenuti nel CD venne composto prima dell’internamento ad Auschwitz-Birkenau, cioè la Sonatina per pianoforte, dedicata a Marie Lewkowicz, scritta nel 1927, ma eseguita postuma. È una composizione indicativa della fase della vita in cui fu redatta: la scrittura non è mai banale e, nonostante dei tempi non troppo veloci, con l’unica indicazione di “vivace” immediatamente strozzata da un “lento non troppo”, sembra si presenti come un affacciarsi a un’esistenza che ancora difetta di un’autentica svolta.

La svolta tragica arrivò con la deportazione e il mutamento nella linea compositiva nel brano scritto proprio nel 1945. Passacaille, dall’italiano Passacaglia, una danza che racchiude in sé un’alchimia antitetica fra vita e morte. È in un unico movimento Andante – Poco meno mosso – Tempo I, stranamente lento, ma intriso di significati, coinvolgente: racchiude un misto di sgomento paura e speranza. Quella che ascoltiamo è la versione con violoncello (in alternativa può essere presente una voce) e un intensissimo clarinetto. La linea melodica di un canto quasi ieratico dello strumento a fiato è accompagnata dall’armonia terrena e vitale: forse è questo il brano più bello e coinvolgente, a tratti commovente, dell’intero CD. Anche qui si ha un’esplicita dedica a una donna: in questo caso Hanna Radlinska.

È il dopo a sconcertare per quanto sia rimasto dell’uomo che Szymon Laks era prima della deportazione e quanto quest'esperienza abbia contribuito alla formazione della sua sensibilità artistica. Sono interessanti lo String Quartet No. 4 e il Divertimento, rispettivamente del 1962 e del 1967, ma a catturare l’attenzione sono senz’altro il bellissimo Concertino, per oboe, clarinetto e fagotto del 1965 e il Quintetto per piano e archi del 1967.

Per descrivere il Concertino basterebbe indicare il tempo del secondo movimento, definito Andante meditativo. Questo è preceduto da un Allegro scherzoso e seguito, nel terzo, da un Presto non troppo che passa al Prestissimo. Quasi una metafora della vita: una spensierata fanciullezza, la maturità dell’età adulta e la corsa estrema verso la fine dell’esistenza terrena.

Bellissimo anche l’ultimo brano: un Quintetto per pianoforte e archi scritto su temi popolari polacchi, la terra d’origine di Szymon Laks. Abbiamo detto bellissimo e, ora, aggiungiamo emblematico, poiché in esso è racchiusa tutta la gamma di espressione dei brani precedenti, ormai sublimati da una composizione che rappresenta la maturazione di un uomo e di un artista che a sessantasei anni poteva annoverare una lunga serie di esperienze che hanno contribuito a formare appieno una personalità consapevole. La linea musicale diviene marcatamente neoclassica, più melodica e armoniosa, bella per le molteplici intuizioni di interpretazione del fraseggio che si offrono ai musicisti.

Vale la pena citare tutti gli esecutori, vista l’ottima prova resa: Joaquin Valdepeňas (clarinetto), Erika Raum (violino), Marie Bérard (violino), Steven Dann (viola), Winona Zelenka (violoncello), David Louie (pianoforte), Dianne Werner (pianoforte), Sarah Jeffrey (oboe) e Frank Morelli (fagotto).

Questa terza uscita della ARC Ensamble ci racconta nuovamente una vicenda che si è dovuta ripetere più e più volte nella storia del popolo ebraico, costretto sistematicamente a lasciare la propria terra natìa senza colpa, né responsabilità, ma capace sempre maturare e crescere nella sua consapevolezza, inesorabilmente obbligato a combattere contro chi ne voleva la distruzione. Un popolo che ancora oggi continua a esistere, unico fra quelli antichi, forse ancor guidato dalle tre promesse che Dio fece ad Abramo, compresa l’ultima: “un territorio per la sua discendenza”. Questa promessa viene mantenuta e Israele continua nella propria fede, nonostante in troppi, attraverso i secoli, abbiamo avuto di desiderio di distruggerlo. Una continua diaspora è il destino degli ebrei, costantemente cacciati dalla propria terra. Il tema della “diaspora” sarà la linea guida della prossima giornata europea della cultura Ebraica (capofila per l’Italia sarà Palermo). La diaspora: una costrizione, un obbligo, che, come sempre accade e come dimostra questa collana discografica, gli ebrei hanno saputo vivere in senso propositivo, nel nome non solo della sopravvivenza, ma anche della vita. Una terra anche come diritto a un'esistenza troppo spesso negata.


 

 

 
 
 

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