Elettronica ouverture
di Valentina Anzani
Inaugurata a Palazzo Re Enzo l’ottava edizione di roBOt, il festival delle arti digitali bolognese, che si configura come un evento di portata internazionale: per gli artisti ospiti, per il pubblico sempre più ampio e per l’impostazione organizzativa, che, almeno sulla carta, sembra volersi eguagliare al livello dei più importanti festival esteri.
Bologna, 7 ottobre 2015 – Quieta ouverture per il roBot08 con il documentario Industrial soundtrack for the urban decay, quasi pedagogico nel raccontare come negli anni venti del Novecento emerge, superando jazz e rock ’n roll, l’industrial, genere che ha fondato la propria poetica sul culto dei rumori quotidiani. Proposta appropriata per introdurre al fitto programma dei prossimi giorni, memorandum delle radici delle odierne sperimentazioni, il documentario ripercorre i passi grazie ai quali ogni rumore assurse al valore di musica, e come tale acquisiva il diritto di essere “arte”. Se per creare sequenze e sovrapposizoni di rumori bastava un taglia-incolla di nastri magnetici, la nuova musica non necessitava di alcuna preparazione accademica, ma poteva nascere da chiunque sceglieva tale forma di espressione. In tale contesto creativo, la mancanza di esperienza professionale dal punto di vista musicale diventava prezioso punto di partenza per una creazione senza pregiudizi, tanto libera che uno dei suoi fautori ha potuto dire: “Non ho mai pensato di essere un musicista, ho solo sempre avuto solo il desiderio di fare qualcosa”. La creazione dal vivo poi poteva essere talmente assordante che il pubblico rischiava di non poter distinguere un suono dall’altro: sentire diventava una questione di onde trasformate in veri e propri impulsi fisici. Dalla teoria alla pratica, la platea a gambe incociate sul pavimento della Sala del Podestà potrà esperirne il significato poco dopo, quando sarà Lawrence English a mandare onde d’urto monotoniche sulla pelle: non è musica da ascoltare, ma che vive dell’essere sentita sul corpo.
Interessante e divertente poi la selezione di video d’animazione di Onedotzero, prima del momento più intimo della serata, ovvero l’evocazione dell’amore millenario, romanticissimo e dannato di Only lovers left alive (film del 2013 di Jim Jarmusch) che non poteva trovare cornice migliore dell’immenso salone di palazzo Re Enzo. Il palazzo è location affascinante per tutto il festival per l’ossimoro continuo del ritrovarsi tra volte, affreschi medievali, lampadari di cristallo, colonne d’acciaio e amplificatori, dove storia e tecnologia si fondono; l’effetto si è amplificato al massimo quando hanno accolto l’autore della colonna sonora del film, Josef van Wissem, che si è esibito al liuto in un suggestivo live tutto in acustico, mentre le immagini del film scorrevano dietro di lui, mute ma intatte nella loro potenza comunicativa.
A fine serata Biosphere dà la buonanotte con il suo sound ambientale conciliante, in evocazione a paesaggi d’infinito, squarci metropolitani e aperture verso l’onirico e ci saluta impazienti per il domani: il festival prosegue fino a sabato notte.