L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

M’ama non m’ama in chiave sostenibile

di Michele Olivieri

Una scommessa audace dove tradizione e modernità riscoprono l’intramontabile narrazione di Giselle nella nuovissima produzione ideata da Matali Crasset che risulta l’assoluta protagonista, con le coreografie del direttore Éric Quilleré. L’eterna storia continua così il suo viaggio in una inedita ambientazione creando un riuscito rimando storico strizzando l’occhio alla salvaguardia del pianeta.

Streaming da Bordeaux, 19 dicembre 2023 - Questa Giselle sorprende e sfida tutti i presupposti e le aspettative associate alle sue precedenti incarnazioni. Una nuova produzione è sempre un grande avvenimento per Giselle, il capolavoro del 1841 che ben tutti conosciamo e uno dei più rappresentati nei maggiori teatri. Non ha bisogno di ulteriori presentazioni, perché è ancora oggi un punto fermo. Però la sua narrazione è molto più che un balletto votato ad emozionare il pubblico mediante la nobile arte tersicorea. Le Villi, una volta che riescono a far morire l’innamorato che in vita ha spezzato loro il cuore, possono avere l’eterno riposo. Ma prima di arrivare all’eterno riposo, il regno delle Villi è visto come un aldilà che affronta delle contraddizioni, un “mezzo” in cui sicuramente non c’è felicità ma dove si cerca di risolvere situazioni rimaste sospese dalla vita terrena. Il risultato finale offre un surplus di bontà in cui nodi si sciolgono nella forma, ma nella sostanza rimane un vuotoe. Il regno delle Villi può dare una minima soddisfazione alle anime delle fanciulle, che appunto si vendicano sul giovane, ma ciò non cambia la delusione e il dolore provato in vita, e la vendetta non fornisce felicità e nemmeno serenità. La delusione d’amore della protagonista è metaforicamente così reale da essere assoggettata alle storie personali delle numerose donne sparse nel mondo, oggi più che mai di forte attualità.

L’inedito allestimento di Bordeaux, realizzato in occasione delle festività natalizie, rimane nella sua struttura ben solido e ben riconoscibile per tradizione e rimandi storici. Però questa mise en place mette tutto all’angolo per lasciare la piena scena all’artista visiva e designer francese Matali Crasset (ideatrice del concept, scenografia, allestimento, costumi e accessori) che si rifà ad una coscienza ecologica e al rispetto dell’ambiente riducendo l’impatto negativo. Ricicla scenografie e costumi e li fa realizzare con materiali ecosostenibili, crea modelli non rifiniti così da poter essere riciclati in altre produzioni teatrali. Infatti gli stessi elementi del primo atto vengono riusati per creare l’ambientazione del secondo. Anche il classico e accademico tutù viene ripensato in una sorta di Degas (cioè il tutù lungo o anche chiamato tutù romantico caratterizzato da una gonna morbida e vaporosa, la cui lunghezza può arrivare dal ginocchio alla caviglia) che fa sembrare le Villi delle novelle spose in abito nuziale, riprendendo le forme che predominano nella produzione, dagli alberi alla casa di Giselle passando per il Sole che domina la fase iniziale. Esattamente come fossero i cerchi di acciaio e ossa di balena che le donne indossavano per sottogonna nell’Ottocento. Ecologismo, sensibilità e consapevolezza sono l’autentico cardine di questa Giselle quale monito per la salvezza del pianeta.

Pur essendo l’estetica rivista in chiave ipermoderna e ridotta al puro minimalismo, l’aggiornamento visivo non ferma la potenza onirica e fantastica del celebre “atto bianco” con le costruzioni geometriche della coreografia che lasciano intatta l’intensità della partitura di Adolphe Adam. Simbolicamente tutto rimane inalterato tra passato e presente in quanto mai viene meno l’equilibrio che fa da collante. Nella visione di Matali Crasset, il principe ama Giselle e per questo alla fine viene salvato dall’amore di lei e dal suo perdono dimostrando che tale sentimento può vincere su tutto.

La contrapposizione tra i due atti, pur nella continuità scenografica (nulla cambia visivamente dal primo al secondo se non le luci di Yannick Fouassier e il fitto fumo) sottolinea la difficoltà che richiede l’interiorizzazione del ruolo principale: dalla leggerezza all’oscurità spettrale che rende Giselle un capolavoro al di là della messa in scena. Serge Lifar disse “Di tutta la storia del balletto non conosco niente di più perfetto, di più bello, di più grande di Giselle. Apoteosi del balletto romantico, è stato il punto di arrivo delle vie tracciate dal balletto da parecchi secoli di storia. Giselle è anche un balletto precursore, un balletto profeta. Ha additato ad un avvenire lontano”. E in effetti il nome Giselle deriva dal termine “gisil” (promessa) e in origine sembra venisse usato per indicare le bambine che venivano donate alle corti straniere.

Solitamente Giselle nel primo atto indossa un sottogola blu e un corsetto di velluto marrone chiaro su una gonna gialla, coperta da uno stretto grembiule bianco. Le Villi, invece, secondo l’idea iniziale dell’autore dovevano essere raffigurate in chiave esotica e colorate per ricordare le culture locali e popolari, anche se poi vennero scelti abiti bianchi. In questo caso Matali Crasset sembra rifarsi vagamente all’idea originaria con un uso massiccio delle tinte shock: fucsia, verde, azzurro, viola, rosso, turchese, giallo, rosa con una gamma pastello che cattura l’attenzione e riempie la scena pur essendo vuota.

Il grande lavoro dei danzatori dell’Opéra di Bordeaux diretti da Éric Quilleré è stato ripagato dall’ottima risposta del pubblico e dall’attesa che ha preceduto il debutto. E lo stesso è per l’energia profusa dall'orchestra diretti da Sora Elisabeth Lee in una esecuzione di elegante e vibrante lirismo. Il principe dell’étoile Riku Ota è tecnicamente valido con un portamento nobile anche se a tratti manca di pathos e naturalezza. La Giselle della solista Marini Da Silva Vianna gode di un’ottima tecnica “en pointe”, a livello accademico è matura, i salti risultano leggeri, le estensioni elevate appaiono notevoli ma come per il principe viene a mancare la capacità immediata di plasmare intensità emotiva e partecipazione affettiva.

L’impeccabile solista Ahyun Shin, nel ruolo della regina delle Villi Myrtha, ha incantato per il pieno controllo del corpo in ottima forma e per l’efficace freddezza in contrasto con il carattere gentile di Giselle abilmente supportata dalle due Villi principali Hélène Bernadou e Anna Gueho. Splendida la ricchezza di arabeschi che rendono gli spiriti della natura intimidatori. Hilarion interpretato da Riccardo Zuddas è stato perfetto e trascinante, ha catturato il fascino ombroso del personaggio e ha galvanizzato lo spettatore. Nei panni della madre di Giselle, Berthe, troviamo la convincente Pascaline Di Fazio. Equilibrato il Wilfried di Guillaume Debut. Da citare la principessa Bathilde di Anaëlle Mariat. Il duca di Courlande alias Marc-Emmanuel Zanoli e il pas de deux dei contadini (parte integrante e insopprimibile) con gli efficaci Marina Guizien e Ryota Hasegawa.

Tutto il resto del corpo di ballo ha offerto una prestazione solida con un movimento forte e linee taglienti, soprattutto nell’immaginare quel mondo nebbioso dove l’unica luce notturna è la luna. La coreografia classicissima di Eric Quilleré raggiunge la sua meta con evoluta coerenza, rivelando una Giselle rispolverata, a buon diritto rinnovata ma pur sempre rispettosa. Una Giselle “tanto moderna” e in egual misura “tanto tradizionale”.

Michele Olivieri


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