L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La trasformazione veronese

di Irina Sorokina

Si festeggia con entusiasmo il ritorno del corpo di ballo stabile (e del balletto con orchestra dal vivo) al Filarmonico di Verona con uno dei grandi classici del repertorio. La coppia protagonista composta da Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko è eccellente, come il Rothnart di Alessandro Macario è pure eccellente, mentre non convince l'idea di ambientare la vicenda fra la città scaligera e il lago di Garda.

Verona,20 dicembre 2024 - Il Lago dei cigni è senza dubbio il balletto più amato e popolare del mondo, ma è anche un caso veramente inedito, visto che presenta una lunga serie di curiosità. Commissionato a Čajkovskij dalla direzione del Teatro Bolšoj di Mosca nel 1875, andò in scena nel 1877, affidato al coreografo boemo Julius Wenzel Reisinger, di turno presso la compagnia moscovita e privo di un vero talento. Alla prima non ottenne un grande successo; parlandone, tutti i recensori usarono un tono ironico, soprattutto valutandone le coreografie, paragonate agli esercizi ginnici, il che non impedì al balletto a rimanere nel cartellone per una quarantina di repliche per poi cadere nel dimenticatoio. Parecchi anni dopo, quando la fama di Čajkovskij raggiunse un livello mondiale e dopo la sua morte prematura, a San Pietroburgo, ormai la capitale mondiale del balletto, venne presa la decisione di farlo resuscitare. Il compito fu affidato a una squadra brillante che comprendeva Modest Čajkovskij, fratello del compositore e noto librettista, Marius Petipa, padrone assoluto del balletto imperiale pietroburghese, Lev Ivanov, il suo vice e secondo maître de ballet, e il compositore italiano e direttore d’orchestra al Teatro Mariinskij Riccardo Drigo. Proprio il loro lavoro conquistò prima un grande successo e poi l’immortalità: rimase la base della maggiоr parte delle produzioni del Novecento.

Perché il cigno, i cigni? L’uccello bianco candido dalle linee armoniose fu sempre familiare e caro ai romantici. Lo scrittore tedesco Johann Karl August Musäus scrisse fiaba Lo stagno dei cigni che presenta alcuni motivi simili al libretto del balletto di Čajkovskij; il cavaliere ideale Lohengrin, difensore delle fanciulle accusate ingiustamente e protagonista dell’opera omonima di Richard Wagner arriva in una barca trascinata dal cigno; il re Ludwig Secondo di Baviera, mecenate del grande compositore tedesco, fece decorare le stanze dei suoi castelli fiabeschi con immagini di cigni; un giovane Čajkovskij compose la partitura del Lago dei cigni.

La squadra che creò la versione pietroburghese nel 1895, poi diventata “standard”, era composta da saggi ed esperti uomini di teatro. Il libretto originale, eccessivamente complicato e appesantito da dettagli difficilmente “traducibili” nel linguaggio della danza, venne semplificato; al centro del libretto nuovo ci fu la storia d’amore tra una bellissima fanciulla tramutata in cigno per volontà dello stregone Rothbart, nella tradizione russa chiamato spesso Genio del Male, e il principe di nome Siegfrid. I motivi dell'accanimento di Rothbart verso Odette e le sue amiche non vennero mai chiariti a sufficienza. La fedeltà del principe a Odette l’avrebbe potuta liberare dall’incantesimo. In definitiva, il libretto trattava la lotta eterna tra il bene ed il male. Lo spettacolo pietroburghese terminava con la morte di entrambi i protagonisti; dopo un tradimento involontario Siegfrid correva da Odette, implorando un perdono che, però, non fu concesso. Una feroce tempesta si abbatteva su di loro ed entrambi scomparivano nelle onde del lago. Drigo mise pesantemente la mano sulla partitura originale; il gioioso pas de deux del principe e di un’anonima contadina dal primo atto fu spostato nel terzo e diventò il duetto di Siegfrid e Odile, la diabolica sosia di Odette, quindi, il Pas de six previsto nella partitura originale fu sopresso. L’atto finale perse la scena della tempesta, nell'originale di Čaikovskij la conclusione del balletto. Oltre a ciò, Drigo orchestrò tre pezzi per pianoforte dall'op. 72 Čajkovskij: L’Espiégle accompagnò la variazione di Odile nel Pas deux del terzo atto, Valse-bluette e Un poco di Chopin vennero usati per danze dei cigni all’inizio del quadro finale del balletto. La versione del Lago dei cigni del 1895 ebbe poco a che fare col balletto come si presentava nel 1877, ma nessuno avrebbe potuto negare che ebbe tanti vantaggi dal punto di vista teatrale e proprio per questo fu destinata a conquistare il mondo: le numerose versioni successive partirono da lì.

Petipa e Ivanov condivisero il lavoro: al padrone indiscusso del balletto imperiale pietroburghese andarono il primo e il terzo atto, al suo umile vice il secondo ed il quarto. Petipa si prese tutto quello che è alla luce di giorno o dei lussuosi lampadari del castello, tutto quello che è energico, gioioso, vitale e un po’ superficiale, cioè il primo e terzo atti con le rispettive scene di ballo; a Ivanov fu affidato tutto quello che è notturno, malinconico, sottile, irrequieto. La soluzione rispecchiò esattamente le inclinazioni dei coreografi. La ballerina del Petipa maturo si ritrovò perfettamente nel personaggio di Odile, vestita del tutù scuro multicolore, tra le sfumature del nero e il verde: una donna scintillante, seducente e vincente; la ballerina di Ivanov, noto per una particolare sensibilità alla musica, fu erede delle evanescenti eroine romantiche, che sfuggivano ai mortali innamorati di loro, nascondendosi nei boschi, avvolte nel tutù bianco candido. Del lavoro di Petipa ed Ivanov rimasero ai posteri indiscussi capolavori della coreografia mondiale come il Pas de deux cosiddetto del Cigno Nero, fortemente rimaneggiamo in seguito, e il secondo atto del balletto. Da non dimenticare la versione firmata dal coreografo moscovita Aleksandr Gorskij creata per il Teatro Bol’lšoj di Mosca nel 1901 e spesso chiamata “il vecchio Lago dei cigni moscovita”: molte versioni successive le strizzavano l’occhio.

Ora al Teatro Filarmonico di Verona arriva il balletto più famoso del mondo e si vede la sala piena. È una grande soddisfazione per il pubblico veronese, dopo alcuni anni d’assenza del corpo di ballo proprio in una città così votata al teatro musicale. Per il felice ritorno del balletto al Filarmonico viene scelta la versione firmata da Evgenij Polyakov (ci troviamo sempre in disaccordo con il fatto che la locandina riporti il nome del coreografo della versione come l’autore di coreografie, senza nominare Marius Petipa e Lev Ivanov). Una grande gioia per tutti vedere Il lago dei cigni rappresentato con l’orchestra dal vivo e non con la musica registrata come spesso accade.

Per chi si approccia al Lago dei cigni per la prima volta, lo spettacolo veronese potrebbe andare bene, ma per chi quest’icona del balletto classico la conosce già, per uno storico devoto o per un “ballettomane” esperto, lo spettacolo desta perplessità, domande, sorrisi ironici e a tratti delusioni. Con questo non vogliamo giudicarlo severamente, ma lo troviamo semplicemente privo di una drammaturgia vera e approfondita, troppo concentrato sull’esecuzione dei pezzi celebri e a volte degno di un sorriso ironico. Il lago veronese appare un po’ naïve, un po’ oleografico, i colori sono un pochino vistosi, il mimo e la gesticolazione un po’ esagerati (ci riferiamo soprattutto all’interprete del ruolo di Rothbart), le coreografie di Petipa e Ivanov pervenute a noi soprattutto nel rimaneggiamento di Konstantin Sergheev del Teatro Kirov (ex Mariinskij) a loro volta redatte da Evgenij Polyakov e affiancate dalle coreografie sue non sembrano assemblate in modo del tutto armonioso.

Il lago dei cigni è ambientato il Germania, i protagonisti maschili si chiamano Siegfrid e Rothbart. Anzi, il lago dei cigni, Schwanwensee, esiste davvero, lo si può ammirare nelle vicinanze della città di Füssen e del celeberrimo castello del re di Baviera Ludwig Secondo. Anche il nome del castello, Neushwanstein, è ispirato dalla figura del cigno. La versione veronese ci porta nella città di Romeo e Giulietta: le scenografie ideate da Michele Olcese e dipinte da Paolino Libralato si riferiscono chiaramente alla bella città di veneta, che fa innamorare il visitatore grazie all’eleganza del Giardino Giusti e delle ville della Torre e dei Vescovi nelle scene “alla luce del giorno”, mentre il lago di Garda e la rocca di Malcesine fanno da scenario suggestivo alle scene notturne. Le belle scene sono realizzate nei laboratori di Fondazione Arena di Verona e fanno un grand’effetto, tuttavia la scelta di Olcese è discutibile, secondo il nostro parere, e crea una specie di dissonanza cognitiva. Gli amanti del balletto da sempre sono abituati all’idea dello stretto legame del balletto di Čaikovskij con il romanticismo tedesco, e anche nei secoli passati sarebbe difficile trovare a Verona uomini come Siegfrid e Rothbart e donne simili a Odette e Odile. Tuttavia la riconciliazione con l’ambientazione realmente inedita è in agguato per merito dei bravissimi artisti.

Ricordiamo Nicoletta Manni, l’attuale étoile milanese nelle serate di gala Roberto Bolle and friends nelle quali ci affascinava soprattutto per la sua tecnica eccellente, ma il lato artistico lasciava ancora a desiderare: a Verona si ammira l’artista completa. Le linee morbide, i port de bras espressivi e cesellati che hanno poco a invidiare il lavoro delle mitiche interpreti russe che sono rimaste nella storia grazie alle loro “braccia cantanti”, le punte precise e instancabili, i trentadue fouettés senza paura e senza rimprovero: tutto questo è messo al servizio di due protagoniste così diverse tra loro, la malinconica Odette e la diabolica Odile. Tuttavia, il personaggio di Odette sembra più consono alla personalità dell’étoile milanese, anche se Odile è presentata con i dovuti piglio ed energia: i fouettés sono eseguiti con precisione ed energia coinvolgenti. La stupenda Nicoletta Manni viene affiancata da Timofej Andrijashenko, primo ballerino del Teatro alla Scala e compagno nella vita e sulla scena, alto, biondo, statuario, in possesso di tutto il necessario per il titolo che porta, che conferma le proprie buone qualità in ogni cosa, tecnica, partnering, recitazione. Alessandro Macario nel ruolo di Rothbart è il vero mattatore della serata: scavando nella memoria in uno schieramento degli interpreti del “cattivo” del balletto per eccellenza, quasi quasi si deve ammettere che nel giorno d’oggi è tra i migliori. Simone Pergola si rivela scintillante giullare.

Come molti balletti del grande repertorio, Il Lago dei cigni contiene un brillante divertissement di danze di carattere eseguite nel sontuoso ballo nel castello della Principessa madre del principe Siegfrid. Tra le danze ci sono la csárdás ungherese, la mazurka polacca, il bolero spagnolo, la danza veneziana (spesso chiamata napoletana) e la danza russa aggiunta in un secondo momento. “Tutti i brani rappresentano le varie tentazioni che devono costringere il principe a violare il giuramento di fedeltà… Qui ci sono la passione (danza spagnola), la leggerezza spensierata (danza veneziana), il temperamento bollente (danza ungherese), il coraggio vistoso e sciccoso (danza polacca)”, - scrisse il grande coreografo e conoscitore del repertorio Fyodor Lopukhov. Da sempre si sa che l’esecuzione delle danze di carattere non rappresenta il punto forte delle compagnie occidentali, ma nel caso del Lago dei cigni veronese la compagnia ce la mette tutta, dimostrando un gran temperamento e la dovuta precisione. Tutti i solisti sono non semplicemente apprezzabili, ma coinvolgenti: Fiammetta Daniello (danza russa), Duygu Eliz Erkut e Amedeo Angelone (danza napoletana), Giorgia Ricciardi e Francesco Cipriani (danza ungherese), Vittoria Silluzio (danza polacca), Rebecca Testa e Mattia Teora (danza spagnola).

Il corpo di ballo veronese coordinato da Gaetano Petrosino appare ispirato e si fa applaudire per precisione e musicalità. Sul podio l’estone Velio Pähn si rivela un ottimo direttore che comprende le esigenze dei danzatori, tiene perfettamente il ritmo senza trascurare dei bei colori e degli slanci lirici della celebre partitura čajkovskiana.

Il pubblico visibilmente entusiasta, riserva i calorosi applaudi a tutti gli interpreti: benvenuto il balletto a Verona, e gloria all’immortale Lago dei cigni, non “un balletto, ma il balletto”. Rubiamo queste parole a Fedele D’Amico, che le riservò a Giselle.

Leggi anche:

 Milano, Il lago dei cigni, 08/11/2024

Roma, Il lago dei cigni, 22/06/2024

Piacenza, Il lago dei cigni, 04/02/2024

Modena, Il lago dei cigni, 01/02/2024

Milano, Il lago dei cigni, 26/09/2023

Mosca, Il lago dei cigni, 14/04/2021

 


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