L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rinascita di un angelo

di Roberta Pedrotti

G. Donizetti

L'ange de Nisida

Fridman, Kim, Sempey, Lorenzi, Benetti

direttore Jean-Luc Tingaud

regia  Francesco Micheli

Orchestra e Coro Donizetti Opera - maestro del coro Fabio Tartari

registrazione effettuta nel cantiere del Teatro Donizetti il 13-16-21 novembre 2019

2DVD Dynamic, 37848, 2020

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Bergamo, L'ange de Nisida, 16/11/2019

Interviste, Candida Mantica

Quella del 16 novembre 2020 fu una serata memorabile. Un'opera di Donizetti mai rappresentata prima, il cantiere del teatro in restauro abitato dalla pagine riscoperte, i lavori in corso, il freddo esterno che ancora sibilava nel foyer, il busto del compositore a osservare un'esecuzione di pregio, con un cast giovane e ben assortito, un entusiasmo palpabile, la regia del bergamasco Francesco Micheli ispirato e trasudante amore per l'impresa.

Ora L'ange de Nisida è disponibile anche in DVD e rinnova il brivido e la qualità di uno dei momenti più splendenti della storia del festival Donizetti Opera – forse, anzi, il più splendente, dato che non capita tutti i giorni di assistere a un'opera che nemmeno lo stesso autore riuscì a vedere e ascoltare.

La pubblicazione serve anche a ribadire un punto fermo su una questione nodale: L'ange de Nisida non è una prima versione della Favorite, un cartone preparatorio. È un'opera diversa che condivide il nocciolo dell'intreccio (l'amante del re contraccambia il sentimento sincero di un giovanotto, ma quando per mettere a tacere le rimostranze papali il sovrano combina per loro un matrimonio di facciata la situazione precipita, il giovane si rifugia in convento e lei lo raggiunge per morire fra le sue braccia), ma si sviluppa con personaggi sostanzialmente diversi: il tenore è un capitano di ventura con le mani sporche di sangue e al convento arriva solo dopo le amare esperienze a corte; Sylvia è più fragile e ingenua di Léonor, ma quando crede che Léone la sposi per interesse è lei a disprezzarlo per prima; invece dell'onnipresente Bathazar, il monaco confessore della famiglia reale ha una maggior coerenza narrativa; il cortigiano tenore comprimario Gaspar qui è un brillantissimo basso baritono intrigante e ambizioso braccio destro del re; non abbiamo nessun'altra voce femminile ad affiancare la protagonista nel suo isolamento; il sovrano, di nome Fernand, è meno freddo di Alphonse, più impulsivo, estroverso, geloso anche di quello che lui pensa essere solo un uomo di paglia per nascondere una relazione politicamente scomoda. Molta della musica è in comune con La favorite, ma non in misura così determinante, versi identici hanno verse melodica diversa, melodie simillime si collocano in differenti situazioni, anche con soluzioni decisamente originali (il primo atto che si chiude zittendo il coro, il secondo con un quartetto che in realtà diventa una cabaletta del baritono); la tipologia è quella più sfuggente dell'opéra de genre, che non è grand opéra (niente balletti e altri sfarzi d'obbligo, quindi) né opéra comique (niente dialoghi parlati), e qui si assimila all'opera semiseria se non fosse che questa ha per lo più lieto fine, mentre qui la presenza di un personaggio intrigante d'estrazione buffa come Gaspar porta alla morte della protagonista, seppur avvolta da un compianto più dolce del tagliente finale della Favorite.

Lo spettacolo di Micheli (scene di Angelo Sala, costumi di Margherita Baldoni, luci di Alessandro Andreoli) rispetta alla perfezione l'equilibrio fra dramma e commedia integrando testo e contesto: nel cantiere del Teatro emergono i materiali da costruzione dell'opera, la carta da musica, le pagine dello spartito piovono dalle gallerie o si proiettano sullo spazio scenico ricavato in platea, la carta torna nei costumi e negli elementi che raccontano un mondo fragile di maschere e illusioni. Sylvia ha tratti quasi infantili in vesti bianco candide, Léone appare in nero ma anche lui approda al bianco, il re e i suoi sgherri hanno l'aria di iene tarantiniane, malavitosi un po' eleganti un po' kitsch, con Gaspar che è quasi il negativo fotografico (camicia nera, giacca, pantaloni e gilet bianchi) del boss. Jean-Luc Tingaud rende parimenti lo spirito dell'Ange con una concertazione raffinata, teatralmente viva ed eloquente, in cui orchestra e coro di Donizetti Opera danno buona prova di sé, tutti evidentemente motivati e ispirati.

Lidia Fridman ha il fascino di una figura scenica alta e sottile che si impone, ma riesce ad apparire fragile, quasi infantile nelle forme esili, nell'incarnato pallido incorniciato da lunghi capelli rossi. La voce è di quelle che non si dimenticano, con quel colore scuro, denso, esotico che tuttavia non impaccia la salita agli acuti e la coloratura, che brillano con sicurezza nella definizione complessa di questa donna bambina sfiorita prima di sbocciare, ingenua e disillusa allo stesso tempo. Kono Kim, da parte sua, incarna con trasporto e varietà di colori l'irrequietezza di Léone, uomo d'armi, ma anche ragazzo innamorato, fiducioso, quasi sprovveduto, stritolato dal meccanismo messo in atto dal Re e da Don Gaspar. Questi ultimi guidano il parterre di voci gravi e si combinano a meraviglia nel movimentato duetto del terzo atto. Il primo è Florian Sempey, rotonda voce baritonale e speranza sempre più concreta per la tradizione francese, interprete comunicativo, intelligente, di quelli che nell'Ottocento si definivano “simpatici” perché capaci di far risuonare le giuste corde del pathos. Il suo re Fernand è franco, spavaldo, sensuale, irruente, autoritario tanto quanto il Don Gaspar dell'ottimo Roberto Lorenzi è vitale, sulfureo, mercuriale, cialtrone, meschino, intraprendente e maldestro ma mai, mai banalmente buffo, sempre parte integrante, e spesso motore, di un meccanismo che volgerà al dramma. Di fronte a questo turbine di sensi e intrighi, la voce e la figura di Federico Benetti come monaco si distinguono giustamente per ieratica asciuttezza.

È passato un anno, solo un anno, ma sembra un'eternità. Eppure, pare di rivivere i brividi di quella sera, i brividi di un teatro d'opera curioso, serio, appassionato, con quel girotondo finale per gli applausi che coinvolge anche Candida Mantica, la musicologa cui si deve la scoperta di un'opera perduta. Un'opera bellissima.

Degni di menzione, infine, sia la realizzazione tecnica e la regia video, sia il saggio di Candida Mantica nel libretto, sia i contenuti extra di approfondimento.


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