L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fiabe francesi

 di Francesco Bertini

 

Per i concerti del Palazzetto Bru Zane, affascinante viaggio nella musica francese sotto il segno della fiaba, senza dimenticare, però, l'ironia dell'operetta parigina.

Venezia, 4 febbraio 2016 - Il Palazzetto Bru Zane, Centre de Musique Romantique Française, raggiunge la settima stagione più vigoroso che mai. La realtà franco-veneziana ha saputo investire le proprie forze in un’attività di ricerca ed esecuzione tali da imporsi ormai all’interesse internazionale. La iniziative proposte dall’istituzione sono confezionate sempre con gran attenzione tanto alla location, quanto alla qualità artistica. La seconda parte dell’attività annuale della fondazione cade nell’effervescente periodo carnevalesco: per l’occasione è ideato un concerto contenente, già nel titolo, tutti gli ingredienti magici reperibili poi durante la serata. “C’era una volta…” si legge sulle numerose locandine che richiamano l’attenzione dei passanti nei più disparati angoli della città. L’incipit ci introduce nel mondo incantato delle fiabe, topoi inscindibili dall’opera lirica che fin dal principio vi ha tratto ispirazione. Per comprendere, con maggior chiarezza, l’importanza delle impressioni suscitate da questo repertorio basti pensare al fondamentale connubio, in terra francese, dell’immaginazione fantastica con la vita quotidiana, fin dall’epoca di Perrault.

Sulla base di una serie di trascrizioni operate sull’organico originario, condensato in un quartetto con pianoforte, il direttore scientifico del Palazzetto, Alexandre Dratwicki, mette in luce le peculiarità ritmiche e armoniche di un repertorio piacevolissimo e perlopiù sconosciuto. Il viaggio incantato si dipana attraverso tre differenti tappe: alla Spensieratezza segue la Malinconia che sfocia nel conclusivo Tripudio. Tra filtri, principi, regine, duchesse, fate, il Quatuor Giardini costituito da Pierre Fouchenne, violino, Dagmar Ondracek, viola, Nicolas Saint-Yves, violoncello e David Violi, pianoforte, risponde con solerzia, precisione e sintonia tanto all’accompagnamento delle due soliste, quanto all’esecuzione del primo movimento dal Quatuor avec piano di Fernand de La Tombelle, del secondo tempo dal Quatuor avec piano di Ernest Chausson, di «Exorde» da Hasard di Florent Schmitt e del godibilissimo e ammiccante valzer brillante da concerto Pippermint-Get di Marie-Joseph-Alexandre Déodat de Séverac.

È una vera gioia poter ascoltare di Jacques Offenbach, praticamente ignorato dalla maggior parte delle istituzioni culturali italiane, alcuni estratti da operette quali Barbe-bleue, Le Voyage dans la lune e La Fille du Tambour-Major che rendono tutta la vena briosa e pungente dell’autore francese. Altro compositore fondamentale per la storia della musica d’oltralpe è Jules Massenet del quale vengono presentati due brani, delicati e sognanti, da Cendrillon, personaggio particolarmente amato in ambito lirico. Ritroviamo la fanciulla vilipesa e costretta a vivere tra la cenere anche nel Duo de Clorinde et Tisbé, tutto sprizzante vocalità pirotecnica, stilisticamente italianeggiante, da Cendrillon del maltese Nicolas Isouard e nella poetica e tenue Air de la fée da Cendrillon di Pauline Viardot. Tra le assolute rarità proposte si apprezzano l’air d’Aurore, nella quale fanno capolino descrizioni musicali dell’ambientazione e toni elegiaci, da La Belle au bois dormant di Charles Silver, l’ironico Duo Aventurine et Poucet da Le Petit Poucet di Laurent de Rillé e lo spiritoso Couplet du flirt che gioca col ritmo scanzonato concepito da Frédéric Toulmouche per celebrare le scappatelle amorose nell’operetta La Saint-Valentin.

Le soliste impegnate nella serata veneziana, il soprano Jodie Devos e il mezzosoprano Caroline Meng, trasudano briosa presenza scenica e naturale tempra vocale. La prima si inerpica, senza manifestare difficoltà, verso gli estremi acuti mantenendo l’omogeneità in tutta la gamma, l’attenzione al fraseggio e la bellezza timbrica. La seconda, dotata di uno strumento dal colore brunito, emerge appieno nel canto elegiaco che manifesta il calore dell’interpretazione. Non sono da meno i passaggi d’agilità risolti con padronanza e cura.

Al termine del pregevole concerto, il nutrito pubblico, punteggiato da alcune maschere, decreta l’ampio successo dell’iniziativa e di tutti gli interpreti che concedono un bis di ringraziamento: un duetto da La demoiselle du téléphone di Gaston Serpette.


 

 

 
 
 

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