L’Ape musicale

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lucia di lammermoor a chicago

Chi mi frena in tal momento?

 di Valentina Anzani

Nella rinnovata efficacia della Lucia di Lammermoor secondo Graham Vick a Chicago, il “villain” Quinn Kelsey (Enrico) conquista il pubblico.

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Chicago, 15 ottobre 2016 – Il palcoscenico della Lyric Opera di Chicago ospitò la sua prima Lucia di Lammermoor nel 1954 con nientemeno che Maria Callas nel ruolo principale. Oggi approda sullo stesso palco l’elegante allestimento firmato Graham Vick, che pur girando dal 1996 nei teatri di tutto il mondo, si conferma tuttora in grado di rinnovarsi a ogni ripresa.

Vick fornisce un’ambientazione che ricostruisce l’originaria Scozia del XVIII secolo: se gli esterni sono iperrealistici scorci di brughiera, gli interni sono definiti da pochi oggetti di scena e un fluido scorrere di quinte mobili. Lo svolgersi delle scene si adatta con naturalezza alla forma strutturale tipica dell’opera italiana a numeri chiusi dell'epoca di Donizetti, e agli occhi dell’ascoltatore moderno ne diviene giustificazione e mezzo di comprensione: un esempio su tutti è il finale secondo, dove Vick sfata il mito per cui il regista moderno deve escogitare qualche trovata per far passare la noia di un interminabile brano statico. Accelera e aumenta la tensione tanto che, con l’arrivo di Edgardo, l’immobilità esterrefatta del concertato è un momento necessario e ineliminabile.

La lettura di Vick, nella sua essenzialità, è una cornice intelligente, piacevole alla vista, fitta di richiami simbolici, ma soprattutto funzionale e discreto punto di riferimento per i cantanti: non solo dentro tale cornice questi ultimi possono sviluppare la propria interpretazione, ma è anche un appiglio di salvataggio quando questa interpretazione non è completamente a fuoco, come nel caso di Albina Shagimuratova, nei panni di Lucia. Essa sfodera il suo timbro migliore nel registro più acuto: non appena supera il passaggio, sotto il quale sembra inficiata da troppa aria, la sua voce si riempie di colore e smalto, e può gestire con disinvoltura i pianissimi e il fraseggio; e se la sua esecuzione risulta distaccata, il concorso degli altri elementi presenti nell’azione e i colleghi compensano. Quinn Kelsey (Enrico Ashton) coniuga le potenzialità di un mezzo vocale vasto a una pronuncia impeccabile da cui deriva una lodevole precisione degli accenti e un fraseggio mai sopra le righe: è molto comunicativo e la sua generosità conquista il pubblico.

Piotr Beczała (Edgardo) si approccia alla partitura con impulsività romantica pur non tralasciando una recitazione curata nei dettagli, fatta di gestualità misurate cui bastano pochi cenni per essere efficaci. Così anche Jonathan Johnson (Arturo) con piccoli tocchi riesce a tratteggiare un bellimbusto imbellettato, di cui fa percepire la boria, l’insensibilità, la lascivia e il pericolo che corre Lucia, non solo di sposare colui che non ama, ma di non essere da questi trattata con rispetto. Normanno era Matthew Di Battista, Raimondo era Adrian Sâmpetrean, Alisa era Lindsay Metzger.

Ottimo il contributo dell’orchestra, diretta da Enrique Mazzola; egli fa vivere le distinte sezioni nella cura delle sonorità, in un cesello sapiente delle frasi; di grazia anche gli interventi del coro, preparato da Michael Black: tutto concorre a una produzione non solo di alto livello, ma che soprattutto riesce a emozionare.

foto Todd Rosenberg


 

 

 
 
 

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