L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Conversazioni con Chomsky

Blob-politik

 di Roberta Pedrotti

Lascia perplessi la prima bolognese di Conversazioni con Chomsky 2.0, una sorta di didascalico Blob con musica dal vivo, ma privo dell'arguzia e del ritmo che il modello imporrebbe. Alla fine l'intento impegnato rimane confinato a una serie di slogan illustrati che mettono in ombra la qualità della scrittura musicale.

Emanuele Casale risponde alla recensione

BOLOGNA, 20 ottobre 2016 - Chi ha più di trent’anni ricorderà l’irrompere di Blob nella televisione italiana e da lì nell’immaginario collettivo; rutilante campionario di errori, sviste, papere e gaffe, ha dimostrato presto di avere ben più da dire, con accostamenti imprevedibili e surreali specchio impietoso del proliferare mediatico della postmodernità. Ha fondato, o meglio codificato, un nuovo linguaggio che ha la sua forza nell’essere fulmineo, eclettico e sarcastico, deliberatamente assurdo ma non privo di logica e di un senso intenzionale.

A Blob sembra rifarsi anche Emanuele Casale quando, insieme con il videomaker Fabio Scacchioli, rinnova per Bologna il suo lavoro del 2010 Conversazioni con Chomsky, vero e proprio work in progress che dalle prime versioni (Reggio Emilia 2010, Roma 2014) si presentava come talk-opera con la partecipazione dello stesso Noam Chomsky e oggi, in assenza dell’ottantottenne ispiratore, diviene 2.0, si definisce video-opera e ruota intorno il frenetico video elaborato di concerto da Casale e Scacchioli (in precedenza le immagini erano a cura di Luca Scarzella e Igor Renzetti). Abbiamo, dunque, una sorta di Blob di un’ora abbondante integrato a una colonna sonora eseguita dal vivo, ma se un’ora rischia di essere troppo per un mezzo espressivo così sintetico e frenetico, il problema è che non regge in ogni caso un disegno didascalico come questo e nella sua ripetitività finisce per sembrare una sorta di comizio psichedelico. Poco convincente, anche perché non c’era – almeno per quanto mi riguarda – bisogno di chissà quale sofisticata retorica per condannare le politiche sociali dei vari Reagan o Thatcher, o di tanti neoliberisti dalteaorico Friedman al dittatore Pinochet fino a leader eletti negli ultimi tempi (compare anche Berlusconi); sarebbe però stato necessario, una volta prescelto questo tema d’attualità politico-economica, ben altro sviluppo per dare sostanza a un’esperienza artistica, a un pezzo di teatro musicale: teatro che deve reinventare una sua specifica drammaturgia funzionale all’idea, mentre in questo caso non fa che bombardare di slogan illustrati senza particolari spunti di riflessione, stimoli critici, coinvolgimenti emotivi. 

Dispiace, soprattutto, perché si è persa l’occasione per una vera e propria opera impegnata, che andasse a fondo del problema con lo sguardo dell’artista di oggi, erede di una feconda tradizione d’art engagé. Casale, infatti, dimostra di saper scrivere musica di qualità, assai fine e complessa nel trattamento delle parti, e di essere attentissimo all’effetto combinato con il video ma, fatalmente, a esso subordinato e sottoposto: il sonoro del filmato – diffuso con una perfetta spazializzazione – risulta infatti predominante rispetto all’orchestra in parte celata dietro allo schermo ed è un peccato. È un peccato che gli schemini didattici sulla natura del linguaggio secondo Chomsky o le distorsioni della voce di Reagan o Bush prevalgano senza contribuire in maniera artisticamente e retoricamente costruttiva.

I professori dell’orchestra del Comunale danno ancora una volta prova della qualità del loro impegno nel repertorio contemporaneo e a loro si aggiunge, a guisa di strumento, ché i suoi brevissimi interventi vocalizzati valgono come assoli di una prima parte in buca più che come personaggio, il mezzosoprano Diana Torto.

Yoichi Sugiyama, già sul podio per la primissima versione delle Conversazioni, è impeccabile per precisione nel coordinare esecuzione dal vivo e registrazioni audiovideo, mentre Casale e Scacchioli in persona sovrintendono dalla consolle.

La sala seminterrata Thierry Salmon dell’Arena del Sole si rivela scelta opportuna in luogo del Comunale, sia perché l’ottantina di spettatori della prima può radunarsi senza dispersioni, sia perché la pianta semicircolare, con un ordine di palchi ma un soffitto piuttosto basso, rende un’atmosfera da teatro Off particolarmente adatta a questo tipo di produzioni. Poi, il risultato del singolo spettacolo resta altra questione.

foto Rocco Casaluci


 

 

 
 
 

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