L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Martin Piskorski, daniela cappiello, marc sala, Martin Piskorski

In fuga dall'Harem

 di Federica Fanizza

Piacevole ripresa dell'allestimento del Singspiel mozartiano coprodotto fra Treviso e Filadelfia. 

TREVISO, 29 gennaio 2017 - A sipario aperto, sulle note dell’ouverture, scorrono in un video stile film muto anni ’20 didascalie e interpreti, idea certo gia ampiamente utilizzata nei correnti allestimenti lirici, ma bisogna anche considerare che questa Die Entführung aus dem Serail a cura del regista americano Robert B. Driver è una coproduzione tra Treviso e Filadelfia che risale a sette anni fa. Fra antico e moderno, l'allestimento ricostruisce una Turchia alle soglie della modernità del XX secolo e i video ci mostrano immagini storiche di una Istanbul in cui convivono velo islamico e chiome libere e reti di spie sostituiscono gli schiavi. E quindi tutto accade come da libretto, con la sola “trasgressione” dell'epoca, che nulla toglie, comunque, alla trama.

L'opera di Mozart rappresenta il punto di vista occidentale che ha esorcizzato nella moda delle turcherie la paura della terra dei sultani e dei granvisir dopo l'espansione dell'Impero ottomano fino alle porte di Vienna. Ormai, però, pascià o sultani non erano più da temere, bensì da guardare con un certo interessse, cercando affari più che guerre.

La debole trama della liberazione delle fanciulle europee prigioniere dell'harem seguito dall'atto di clemenza del Pascià ispira nel 1782 a Mozart un Singspiel che, a dispetto dell'origine popolare e dell'uso dei parlati in luogo dei recitativi,  si sviluppa in una raffinata complessità musicale, specie per quanto concerne la parte di Konstanze, creata da quella Caterina Cavalieri che sarà prima interprete di Donna Elvira nel Don Giovanni (versione di Vienna) e di gran parte delle cantate sacre e arie da camera di Mozart.

A Treviso si è optato per la scelta del canto in tedesco inframezzato dai dialoghi in italiano, decurtati al punto da far perdere a tratti il senso della storia..

Guidava il cast, padrone della scena nella parte parlata del Pascia Selim, Bruno Praticò, riferimento indiscusso di un cast giovane e internazionale.

Nella parte di Konstanze è stata chiamata Jeanette Vecchione-Donatti, soprano di coloratura italo-americano. Nonostante un colore di voce a volte metallico specie nell'emissione degli acuti, la giovane artista ha gestito le agilità e le insidie della parte con sicurezza tecnica, buon fraseggioe salda intonazione, riuscendo a essere molto convincente soprattutto nell’aria Martern aller Arten”.

Le faceva da spalla la Blonde del soprano campano Daniela Cappiello, che ha dato al suo personaggio, per nulla secondario, la giusta insolenza sensuale giovanile ricevendo ampi consensi soprattutto per l’aria "Welche wonne welche Lust".

La parte di Belmonte era affidata al giovane tenore viennese Martin Piskorski, già Tamino in Die Zaubeflöte con l'Accademia della Scala [leggi la recensione] e attualmente parte del progetto Young Singers del Festival di Salisburgo. Si poteva pretendere qualcosa in più dalla sua prestazione: se ha fatto ben sperare nella sua prima aria, progressivamente la sua voce si ingolava facendogli perdere colore, pur mantenendo un fraseggio pulito e lineare.

A fargli da spalla il Pedrillo di Marc Sala, tenore spagnolo finalista del concorso internazionale Viňas di Barcellona con una lunga pratica di palcoscenico tra Spagna Italia e Germania, sempre pronto e preciso nei suoi interventi senza eccedere in quei doppi sensi che il suo ruolo di popolano potrebbe comportare. E grazie anche alla pulita regia di Robert Driver l’Osmin di Manfred Hemm, basso viennese, rimane nel solco del ruolo del fedele esecutore, suo malgrado, degli ordini del Pascià Selim.

Le scene, pannelli semoventi di chiara impronta moresca sapientemente costruiti da Guia Buzzi, facevano da quinte ai vari video e ai fondali digitali (a cura di Lorenzo Curone); della stessa Buzzi anche i costumi, fedele replica delle divise d’epoca e delle vesti tradizionali. Le luci erano curate da Roberto Gritti.

Francesco Ommassini, direttore musicale dell'Orchestra Regionale Filarmonia Veneta dal 2014, ha gestito palcoscenico e buca con precisione e pulizia di suono, misurando anche con il giusto equilibrio le sonorità “alla turca", affidate a fiati e percussioni nel pachi di proscenio. Il Coro del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia era guidato da Francesco Erle.

Al termine pubblico che ha riempito il teatro ha tributato un meritato successo per uno spettacolo divertente e gustoso con un insolito finale in video che ha fatto rivedere i protagonisti a  dieci anni dalle vicende del libretto.


 

 

 
 
 

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