L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Eleonora Buratto

Canto intimo

 di Luigi Raso

Lo Strauss dei Vier letzte Lieder apre al San Carlo il concerto diretto da Michele Mariotti con la partecipazione del soprano Eleonora Buratto.

NAPOLI, 18 maggio 2017 - “Siamo passati tra pena e letizia, insieme, la mano nella mano, ora ci riposiamo dal cammino, in una terra tranquilla. Intorno si oscurano le valli, già l'aria si fa buia (...) O ampia, immobile pace! Così profonda nel tramonto! Siamo tanto stanchi del cammino: questa è forse la morte?” (trad. di Quirino Principe), recita l’ultimo Lied - fu però il primo dei quattro a essere composto - Im Abendrot (Al tramonto);  Ist dies etwa der Tod? (Questa è forse la morte?)  si chiede la voce, quasi trasfigurata, nel verso conclusivo.  Strauss si congeda dal mondo con questa crepuscolare, intensa e serena raccolta di Lieder (il cui appellativo di ultimi è stato attribuito dall’editore, non dal compositore), dalla connotazione intimistica, quasi solipsistica - a dispetto del folto organico orchestrale - nella quale il riferimento autobiografico ed esistenziale è predominante.

I primi tre Lieder,  Frühling (Primavera), September (Settembre), BeimSchlafengehen (Tempo di dormire) sono su liriche di Hermann Hesse; l’ultimo, Im Abendrot (Al crepuscolo), su versi di Joseph Freiherr von Eichendorff, è costruito sul tema “Viaggio verso il sole del tramonto”, che fa da sfondo a due esseri (Richard Strauss stesso e la moglie Pauline?) che si fermano nel momento in cui il sole sta per scomparire: crepuscolo esistenziale, ma anche di un mondo che si dissolve a causa della follia nazista e sotto i bombardamenti Alleati.

Al San Carlo la voce solista è affidata a Eleonora Buratto, la quale affronta questo repertorio, che non è certamente quello d’elezione, con estrema professionalità, sfoggiando timbro suadente, buon volume, ottima linea di canto ed emissione, voce ben proiettata, soltanto a tratti in difficoltà nelle note più gravi che appaiono un po’ sfocate.

Mariotti legge i Lieder con una interpretazione improntata a un misurato senso emotivo, priva di eccessi, lontana da effetti vuoti e fini a sé stessi, nonché dalla mielosità in cui rischia si di impantanarsi affrontando questo genere di repertorio; la sua è una visione intimistica dell’opera e talora, come nelle ultime battute di Im Abendrot, il tratto della concertazione è quasi sussurrato e stempera il climax del Lied conclusivo.

L’orchestra del Teatro San Carlo è in buona forma in tutte le sue sezioni e in sintonia con il gesto, eloquente, misurato e gentilmente “invitante”, del giovane maestro, ormai a pieno titolo nella schiera dei più talentuosi e preparati direttori d’orchestra italiani, e non solo. Il “braccio” di Mariotti trascina l'ensemble ricavandone sonorità mai grevi e dal curato e luminoso colore strumentale, su cui comodamente s’adagia la voce della Buratto. 

La seconda parte del programma della serata è costituita dalla Sinfonia n. 4 in sol maggiore di Gustav Mahler.

Composta nel 1900 (prima esecuzione: Monaco, 25 novembre 1901), è lontana dal gigantismo orchestrale tipicamente mahleriano, ma appare quale rievocazione dei modelli sinfonici di Haydn, Mozart e, soprattutto, di Schubert. Una composizione che costituisce un raggio di serenità, leggerezza e di umorismo nella produzione del compositore boemo; la sinfonia, dopo il tintinnìo dei sonagli dell’incipit, si conclude con la visione di una sfera celeste animata da voci d’angelo che rinfrancano gli animi infondendo gioia: un’oasi paradisiaca nella tormentata produzione del compositore.

La direzione di Mariotti si connota per una lettura apollinea, nelle forme e nelle dinamiche, per una narrazione mai eccessivamente dilatata. Ricercati e appropriati i colori orchestrali; particolarmente degna di nota l’atmosfera rarefatta creata dai violini sul tema iniziale del primo tempo, reintrodotto, in rallentato e con un sapiente rubato, nelle battute conclusive del primo movimento: gli archi fanno riaffiorare dal passato una melodia dall’elegante sapore schubertiano.

Intensa la meditazione del profondo e dolente poco adagio del terzo movimento, al netto di qualche perdonabile imprecisione d’intonazione dei violoncelli nell’attacco del tema iniziale.

Il quarto movimento della sinfonia, occupato dal Lied Das himmlische Leben - tratto dalla raccolta Des Knaben Wunderhorn - vede impegnata di nuovo la Buratto, la cui voce dall’emissione fluida e dal timbro seducente ben si sposa con le immagini infantili evocate dal testo, interrotte e turbate dal ghigno quasi mefistofelico degli interventi incisivi degli ottavini, archi e percussioni.

Mariotti fa spegnere la sinfonia lentamente e con un pianissimo struggente. Le ultime note svaniscono nella sala: silenzio prolungato e scroscianti e convintissimi applausi del pubblico inspiegabilmente esiguo, data la bellezza del programma e la qualità dell’interpretazione. 


 

 

 
 
 

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