L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sguardi di Sette Lune

 di Roberta Pedrotti

Quattordici sequenze per otto autori e un percorso unico collettivo presentato all'Accademia Filarmonica a conclusione del corso di perfezionamento in Alta Composizione Musicale dell'Accademia Filarmonica di Bologna, docenti Azio Corghi e Mauro Bonifacio.

BOLOGNA, 15 novembre 2017 - Passati i tre secoli e mezzo di vita, l'Accademia Filarmonica di Bologna sfida, nel nome della sua illustre storia, i marosi dei tempi e continua a produrre, a propiziare nuova musica. Definire gli annuali seminari di composizione come pura e semplice attività formativa rischierebbe di evocare l'immagine di una didattica frontale e di appiattire quella che è la dinamica dialettica di questi incontri, retti da ormai dieci anni da Azio Corghi in collaborazione con Mauro Bonifacio.

Ora, a festeggiare i due lustri d'impegno alla guida dei seminari e gli ottant'anni anagrafici del maestro, il saggio finale si fa progetto collettivo, e si può definire omaggio proprio perché non è, semplicemente, un mero tributo, bensì un percorso comune che guarda negli occhi, ma anche attraverso prospettive oblique, il lavoro di Corghi, intrecciando un dialogo fatto di spunti e suggestioni anche sottili, apparentemente remoti, in ogni caso non banali, non immediati.

La struttura di questo lavoro collettivo, procede per quattordici stazioni che echeggiano la scansione del Poema Sinfonico di Corghi (2006) in sette Scene (dall'opera Blimunda) intercalate dal Canto di Blimunda per violoncello e da tre Sipari. Si alternano e si coordinano otto compositori che si ispirano liberamente a temi, fonti, modalità corghiane; liberamente ma cogliendo una suggestiva unitarietà e progressione drammaturgica che in qualche modo torna sempre al soggetto di Blimunda, il Memoriale del convento di José Saramago.

Ecco allora che se Davide Zamboni (autore di Maha Ganapathim e delle tre Sigle/Sipari) ama le sonorità indiane, il suo esotismo orientale ci risveglia nella mente il pensiero dell'anima musicale portoghese, delle melodie sefardite o di quei mori raccontati da Saramago nella Storia dell'assedio di Lisbona. O, ancora, quando Il volo è affidato da Diana Montanari a a un trio strumentale (clarinetto, violoncello e pianoforte) non possiamo non giocare a riconoscere le voci di Baltasar Sette-soli, di Blimunda la Sette-lune e del visionario gesuita Bartolomeo Lourenço, inventore dell'uccellaccio, l'aerostato Passarola sul quale s'innalzano i tre protagonisti. Da qui ai due pezzi finali – la quarta parte del Canto fratto di Paolo Gasparin che da violoncello solo spicca anch'esso il volo con voce e trio e l'ultima Sigla (Sipario) sempre per tre strumentisti – si immaginano baluginare le volontà intercettate da Blimunda. Non entità spirituali ed esoteriche, ma lucide, passionali e razionali, colte da chi sa vedere dentro alle persone, il dettaglio, la parte, ciò che è celato e l'insieme. Questo sguardo profondo, analitico e sintetico, discreto e indiscreto è quello che dà coerenza a diversi linguaggi, che usano anche la voce (in particolare, oltre al citato Canto fratto, in Inverted Birth di Alessandra Ciccaglioni, Arsi, piansi, cantai di Luisa Antoni e Spes nostra, salve di Pietro Magnani) in varie gradazioni di lirismo puro, infranto, destrutturato, iterato in fonema e suono inarticolato, tratti antichi, barocchi o primordiali, a rammentare che Domenico Scarlatti è personaggio fondamentale nell'opera e nel romanzo, l'arte con la passione, il mistero e la scienza. Non meno affascinanti i duetti Memoriale (di Annachiara Gedda, per clarinetto basso e pianoforte) e Hidden Soul (di Paola Samoggia, per violoncello e pianoforte), sempre inseriti in un discorso comune, eterogeneo ma coerente anche nel gioco di tensioni e distensioni, in un crescendo ben dosato anche nei suoi aspetti ciclici.

Ne sono ottimi interpreti il pianista Stefano Malferrari, prezioso sostegno e punto di riferimento, le voci soliste del duttile clarinetto di Marco Ignoti, del violoncello ammaliante di Sebastiano Severi e del promettente mezzosoprano Elisa Bonazzi.

Certo, per questa bella serata di condivisione musicale a tutto tondo ci sarebbe piaciuto - tanto più che l'ingresso era gratuito e libero - vedere un po' più affollata la storica Sala Mozart, là dove il giovane Amadeus sostenne l'esame d'ammissione all'Accademia, ma anche questa intimità ha reso, in fondo, ancor più dolce e preziosa l'atmosfera della serata per chi ha voluto partecipare.


 

 

 
 
 

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