L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Shiyeon Sung

Shiyeon Sung, una bacchetta quasi classica

 di Alberto Spano

Il debutto italiano di Shiyeon Sung con un concerto al Comunale di Bologna mette in luce un talento che ci si augura di poter riascoltare anche in un repertorio più classico e al fianco di grandi solisti.

BOLOGNA, 1 marzo 2018 – Avviene in un Teatro Comunale semivuoto per via di una fortissima nevicata pomeridiana il debutto italiano del direttore Shiyeon Sung, sul podio dell'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, il 1° marzo. Ed è un vero peccato, poiché la quarantaduenne musicista sudcoreana possiede molte frecce al suo arco, e colpisce molto favorevolmente lo scarno pubblico. Shiyeon Sung è un'interprete in sicura ascesa (lo attesta una sua recente incisione della Quinta di Mahler) con una buona e solida carriera alle spalle, anche se non di quelle esplosive. Quasi meglio, diremmo, perché quelle troppo rapide poi si ridimensionano nel tempo. Nel suo caso specifico, per esempio, bisogna pensare che fino ai suoi trentun anni quasi nessuno sapeva di lei. Poi alla terza edizione del Concorso Georg Solti di Francoforte, nel 2006, Shiyeon sbaraglia quasi cinquecento concorrenti provenienti da settantadue paesi diversi e vince a mani basse il Primo Premio assoluto. Scattano riflettori e inviti importanti, soprattutto nei paesi anglosassoni. Nel 2007 ritenta il colpo al Concorso di Direzione intitolato a Gustav Mahler (quello vinto nel 2004 da Gustavo Dudamel). Ma a Bamberga, città tedesca dove si svolge, Shiyeon non sbanca il tavolo e conquista “solo” un secondo posto, con l'antipatico 'primo premio premio non assegnato'. Segno di non saper mettere tutti d'accordo? Forse. Però in parecchi si accorgono di lei: la Boston Symphony Orchestra, per esempio, la vuole per tre anni quale assistente di James Levine. E l'apprendistato accanto al grande direttore americano deve sicuramente servirle per ampliare il repertorio e farsi le ossa. Segue, sino al dicembre scorso, la direzione principale della Filarmonica di Gyeonggi - area di dodici milioni di persone al sud della Corea - culminata con un'eccellente Quinta di Mahler registrata per la Decca. Attualmente Shiyeon Sung è di casa all'Orchestra della Konzerthaus di Berlino, città dove abita.

Grande dunque l'attesa per questa sua prima apparizione assoluta in Italia, al Teatro Comunale, nella stagione sinfonica, sempre con l'ausilio dell'ottima camera acustica donata da Alfa Wassermann. Sistemata l'orchestra, Shiyeon Sung entra sicura, e già nel suo passo deciso e nell'aspetto si impone per un carattere intenso. Colpisce la scelta di un elegante e funzionale frac femminile che gioca con le code. Attacca altrettanto decisa l'Ouverture dall'opera Ruslan y Lyudmila di Michail Glinka, quasi concentrando in quel celebre inizio tutta una lettura spumeggiante: sono in effetti cinque minuti di musica ricca e spensierata, un omaggio alle ouverture rossiniane, resa perfettamente, con energia, bel suono e ritmo perfetto. Il gesto è chiaro, anche se non elegantissimo e ancora un poco rigido: ma molto logico e funzionale. È il gesto di una musicista nata, che sa quel che vuole e infonde sicurezza e stabilità. Il che non è veramente poco, oggigiorno, anzi. Segue la rara Sinfonia in do maggiore di Zoltán Kodály, probabilmente in prima esecuzione al Comunale: un'opera isolata del 1961 scritta da un compositore settantanovenne deciso a rispettare un antico patto con Arturo Toscanini, il quale gliel'aveva sollecitata trent'anni prima. Un'opera non capitale, molto ben scritta, con belle citazioni di musiche magiare, ma sostanzialmente non geniale, che si ascolta volentieri ma non lascia il segno. Shiyeon Sung la dirige col solito rigore e con raffinatezza, l'orchestra risponde benissimo in tutte le sezioni, e l'impressione è quella di una personalità artistica già completa, tendente alla sintesi, e di una tecnica direttoriale veramente magistrale. Nella seconda parte ecco il capolavoro, la Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64 di Pëtr Il'ič Čajkovskij, la cosiddetta “Sinfonia del destino”. La lettura di Shiyeon Sung anche qui è tutta improntata ad un severo lavoro di pulizia, di rigore, di attenzione a scelte agogiche relativamente rilassate e comode. Piace la logica musicale di questa interprete seria, che legge la musica con una semplicità talvolta disarmante, rispondente a un'idea musicale di estrema onestà intellettuale, di riflessione meditativa profonda mai gridata. Nel suo stile permane una scelta di eleganza formale, di classicismo quasi, che a tutta prima sembra un po' cozzare con lo stile romantico e appassionato di Čajkovskij , in cui ogni frase sembra dettata da una estrema sofferenza interiore. Con Shiyeon Sung la musica sembra invece voler scorrere con scioltezza quasi primaverile, senza isterismi, ma non certo con distacco. Fra le tante letture di Čajkovskij sembra di riconoscere in lei l'influenza delle incisioni anni 70 del grande Eugene Ormandy con la sua Philadelphia Orchestra: un raro esempio di equilibrio, di nitore e nel contempo di espressività. L'Orchestra del Teatro del Comunale coadiuva perfettamente la direttrice coreana, che nel celebre «Andante cantabile, con alcuna licenza», coglie il momento migliore della serata, esaltando con maestria le qualità strumentali dei singoli professori del Teatro Comunale.

Grande il gradimento del pubblico che, pur nel suo piccolo, le tributa un quasi trionfo, con applausi scroscianti e battute di piedi sul pavimento in segno di approvazione: fenomeno piuttosto raro a Bologna. Anche l'Italia ora conosce il raro talento direttoriale di Shiyeon Sung, che ci si augura di poter riascoltare in un repertorio più classico e al fianco di grandi solisti.

foto Rocco Casaluci


 

 

 
 
 

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