L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Gli amori partenopei di Antonio e Cleopatra

 di Luigi Raso

La serenata composta da Hasse durante il suo soggiorno napoletano torna al teatro Sannazaro nell'interpretazione della Cappella Neapolitana di Antonio Florio, con le voci di Leslie Visco e Marta Fumagalli.

NAPOLI, 31 gennaio 2019 - Sono poco più di dieci anni a separare il soggiorno (1707 - 1710) di Georg Friedrich Händel dall’arrivo in Italia di Johann Adolf Hasse (1699 - 1783), conosciuto come il caro sassone, il quale giunge a Napoli nel 1722 per studiare con Nicola Porpora e, successivamente e per un tempo limitato, con il palermitano Alessandro Scarlatti.

A Napoli, città che pullula di teatri, castrati, accademie musicali e mecenati, Hasse apprende affina l’eleganza e il gusto raffinato della produzione musicale, l’espressività delle linee melodiche vocali pur farcite, come l’epoca impone, di colorature. A Napoli in quegli anni c’è anche il pugliese Carlo Broschi, Farinelli, il più famoso tra gli evirati cantori: anche lui è un allievo di quel strepitoso didatta che è stato Nicola Porpora. Il giovane Franz Joseph Haydn, a Vienna, aveva accettato di fare da “valletto”, da sguattero, a Porpora per ripagarlo delle lezioni di musica che il compositore napoletano gli impartiva!

E proprio nella Napoli del 1725 (all’epoca, e fino al 1734, capitale del vicereame austriaco), per celebrare il compleanno dell’imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, moglie dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, Hasse mette in scena la serenata a due voci e in due parti, libretto di Francesco Ricciardi, Marc'Antonio e Cleopatra. La parte di Cleopatra è scritta e affidata a Farinelli, mentre quella di Marc’Antonio al contralto Vittoria Testi, soprannominata la Moretta per la sua carnagione scura, essendo figlia di un servitore fiorentino, “moretto” appunto.

La trama della serenata ripercorre, pur in assenza di azione, le vicende di Marco Antonio e Cleopatra successive alla sconfitta navale che Ottaviano gli inflisse (31 a.C.) ad Azio. Vinto, Marco Antonio si rifugia tra le braccia della bella Cleopatra che lo rimprovera per la sua inerzia. I due amanti vivono intensamente il loro amore prima di suicidarsi. L’occasione lieta della serenata, ovviamente, impone di stemperare l’amaro finale: il librettista Francesco Ricciardi si inventa quindi un’esaltazione della coppia Carlo VI e di Elisabetta, la quale avrebbe avuto il compito di vendicare e oscurare i famosi e infelici predecessori.

La Cappella Neapolitana, diretta da Antonio Florio, riporta a Napoli la serenata di Hasse nell’ambito nel progetto Napoli, 1725 (è anche l’anno della morte di Alessandro Scarlatti, “musices instaurator maximus”, come recita la lastra sepolcrale del Cardinale Pietro Ottoboni nella Chiesa napoletana di Santa Maria di Montesanto), dopo averla prima presentata al Centre Lyrique Clermont Auvergne.

Antonio Florio, da decenni dedito alla riscoperta dei meno conosciuti e frequentati tesori musicali napoletani, alla guida dell’ensamble composto, per l’occasione, da sei violini, una viola, violoncello, contrabbasso, cembalo e tiorba, dà una lettura ossequiosa ai canoni dell’ortodossia della filologia musicale per l’uso appropriato degli strumenti antichi, degli archi, della tecnica esecutiva, improntata a una demarcazione netta tra i confini strumentali e all’accentuazione ritmica.

La Cappella Neapolitana si compone di raffinati musicisti, specializzati nell’esecuzione del repertorio napoletano del ‘600 e del ‘700, precisi nel seguire le indicazioni di Antonio Florio; il suono, però, appare a tratti eccessivamente secco e tagliente per l’acustica del piccolo teatro Sannazaro. Una maggiore duttilità e libertà nella scelta dei tempi avrebbe potuto conferire alla serenata una più distinguibile variabilità dell’arco espressivo della composizione, ondeggiante tra soavità e solennità, in linea con l’intento celebrativo e augurale che le è proprio e, al tempo stesso, con il ricordo del tragico episodio storico.

La parte di Cleopatra è sostenuta dalla giovanissima Leslie Visco, la quale affronta le innumerevoli insidie e colorature della scrittura vocale calibrata per le corde vocali di Farinelli con naturalezza, sicurezza e spiccata musicalità. Il giovanissimo soprano napoletano, specialista del repertorio barocco, ha voce dal timbro gradevole e ricco di armonici, buona emissione e un bagaglio tecnico che le consente di far sentire ogni nota degli abbellimenti, dei trilli e delle colorature senza inciampare in antiestetici portati o glissandi. Molto ben cantata l’aria di palese derivazione vivaldiana "Un sol tuo sospiro" con la quale Leslie Visco accentua la dicotomia dei sentimenti espressi nelle due sezioni dell’aria. Di grande effetto musicale e ben accompagnata è anche l’aria di paragone "Quel candido armellino", la cui melodia ricorda immediatamente il Pergolesi del Flaminio reinventato da Igor Stravinskij nella geniale parodia Pulcinella (1920); l’aria è affrontata con senso della misura, naturalezza, dizione chiara e sicurezza, anche nel registro più acuto.

La scrittura vocale di Marc’Antonio, pur essendo decisamente meno pirotecnica rispetto a quella di Cleopatra, consente comunque di apprezzare le doti vocali e interpretative del mezzosoprano Marta Fumagalli, dotato di voce tendente al brunito e dalla buona tecnica, convincente nell’interpretazione: è resa con trasporto ed estrema linearità l’ultima aria di Marc’Antonio "Là tra i mirti degl’Elisi".

La fusione tra le voci di Leslie Visco e Marta Fumagalli nei duetti della serenata produce effetti sonori suggestivi, sia nel contrasto sia nell'unione dei due diversi timbri vocali delle due protagoniste.

Una maggiore enfasi sonora all’accompagnamento avrebbe probabilmente potuto giovare al duetto finale "Bella etade avventurosa", dalle linee melodiche di derivazione scarlattiana.

In definitiva, dunque, una piacevole e interessante riproposizione di una composizione del repertorio napoletano - a voler ascrivere il Caro sassone alla stessa scuola musicale di Pergolesi, Porpora, Vinci - al quale Antonio Florio ha dedicato anni di ricerca e di pregevoli esecuzioni, molte delle quali cristallizzate in incisioni discografiche, premiate da critica e pubblico.

E anche al Sannazaro l’apprezzamento, molto convinto, per la Cappella Neapolitana e per le due protagoniste, Leslie Visco e Marta Fumagalli, si ripete con convinti applausi.


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