L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Menù degustazione

di Luca Fialdini

Per la riapertura virtuale del Teatro Verdi di Pisa, l'anteprima della riscoperta dell'Amour malade di Lully, con la direzione di Carlo Ipata e Raffaele Pe protagonista e guida di un giovane cast, accende l'appetito ma non arriva a soddisfare il palato nell'attesa.

In streaming, L’amour malade, comédie-ballet La (non) riapertura del Teatro Verdi di Pisa Un silenzio lungo e innaturale ha fatto seguito al Guglielmo Tell, rappresentato lo scorso febbraio al Verdi di Pisa. Dopo oltre undici mesi il teatro riprende la propria programmazione e riapre le porte al pubblico: nonostante si tratti di una riapertura puramente virtuale, poter vedere anche solo di sfuggita gli affreschi della sala grande, la buca dell’orchestra e persino la tappezzeria (ancora di dubbio gusto) è un po’ come sbirciare dalla soglia di Via Palestro. È dicembre, che a Pisa significa «barocco». Gli ultimi anni sono stati segnati dall’ostensione di titoli sempre più rari – un certo gusto per la preziosità – sino ad approdare con il cartellone odierno a L’amour malade, una comédie-ballet di Giovanni Battista Lulli eseguita l’ultima volta a Versailles nel 1657, vale a dire quando le scollature erano profonde, i reali avevano la testa sul collo e il guardinfante era ancora di moda.

Principale artefice del progetto Carlo Ipata, fondatore di Auser musici e genius loci del barocco pisano, incappato in questo ballet de cour del venticinquenne Lulli mentre seguiva le avventurose tracce di Atto Melani, evocato fin dallo scorso anno collateralmente alla messa in scena dell’Empio punito. L’operazione è meritevole d’interesse proprio per il meticoloso intervento di Ipata, che ha ricostruito la partitura integrando alle entrée strumentali e alle due arie già note dei numeri vocali che non si ascoltano da più di 360 anni, restituendo l’opera completa anche del prologo L’amore malato di Marco Marazzoli.

Per motivi fin troppo noti, non ci si attendevano grandiosità e contorni ricciolenti, ma il contesto in cui viene presentata la comédie-ballet è fin troppo scarno: non una presentazione, non una conferenza, non un intervento da parte di una qualsivoglia personalità del Teatro Verdi. Dopo quasi dieci mesi di clausura coatta ci si attendeva una rentrée più sentita e più significativa, non un timido capolino. Anche l’anteprima in forma di concerto – in questo contesto specifico – risulta insoddisfacente al palato. Un menù degustazione ben studiato è più che sufficiente per estasiare i commensali, ma avere il maître al tavolo che illustra ogni portata appesantisce il pasto; allo stesso modo un’anteprima in forma di concerto in cui si propone una selezione di numeri musicali è eccellente, ma le interviste e gli approfondimenti che interrompono l’esecuzione fanno desiderare del bicarbonato.

In sé per sé il prodotto è ottimo e ben confezionato, complici anche le riprese e il montaggio di Imaginarium Creative Studio, ma dopo tanta inattività si desidera poter seguire la prima (benché virtuale) alzata di sipario. In quest’ottica, l’esecuzione e gli interventi si danneggiano vicendevolmente: da una parte si avverte il bisogno di una componente musicale senza interruzioni, dall’altra non si rende giustizia agli approfondimenti di Ipata, del regista Lorenzo Maria Mucci, di Raffaele Pe e soprattutto di quell’autorità che è Barbara Nestola, direttrice dell’équipe di ricerca del Centre de musique baroque de Versailles. Questa componente di approfondimento avrebbe meritato uno spazio apposito, magari una trasmissione nello spirito delle presentazioni del sabato mattina del Verdi.

Sebbene si tratti di una sorta di amuse bouche, questa anteprima fa già intuire la cifra della produzione: l’ensemble di Auser musici si dimostra come sempre di alta levatura e la direzione di Ipata pone l’accento sulle numerose raffinatezze e regalità di una musica destinata ad essere ballata dal Re Sole in persona. Scorrere l’elenco del cast e trovare Raffaele Pe (Amore) è sempre una soddisfazione, così come assistere alla sua sottile intelligenza di interprete – specialmente ora che rischia sempre più di finire nella temuta categoria denominata «di riferimento» – del melodramma barocco italiano. Ad affiancarlo un trio tanto giovane quanto interessante, preparato dallo stesso Pe e Fernando Cordeiro Opa con l’imprimatur di Ipata e le energie congiunte dell’ensemble “La Lira d'Orfeo” con l'atelier di Formazione “Il Gran Teatro del Mondo”: il tenore Antonio Mandrillo (Sdegno), il basso baritono Yuri Guerra e il soprano Maria Teresa Becci. In generale, tutti i membri del terzetto vantano una buona pulizia nel fraseggio e limpidità di timbro, più evidente della Becci grazie anche all’ingresso solistico; molto gustosa la riuscita dell’assieme che, al netto della forma di concerto, ha una buona base d’intento drammaturgico. La fusione della preparazione di Pe con le ottime capacità dei tre giovani interpreti e la direzione di Ipata fa dimenticare le tavole nude del teatro e ci spinge a desiderare l’allestimento nella sua interezza. L’anteprima de L’amour malade è disponibile anche sul canale YouTube del Teatro Verdi (a questo link)


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