L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Finale di stagione

 di Stefano Ceccarelli

Applaudito e apprezzato il concerto finale della stagione sifonica 2021/2022 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretto da Daniel Harding; si esegue il Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 16 di Edward Grieg, con Paul Lewis alla tastiera, e Ein Heldenleben op. 40 di Richard Strauss.

ROMA, 16 giugno 2022 – Il concerto conclusivo della stagione sinfonica 2021/2022 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia delizia il pubblico con un repertorio che si può far rientrare nell’etichetta di tardo-romantico: il Concerto per pianoforte di Grieg e Ein Heldenleben di Strauss, un poema sinfonico grandioso. A dirigere gli accademici di Santa Cecilia è Daniel Harding, che possiede un gesto nobile, espressivo, quasi poetico.

Nel primo tempo si esegue il Concerto per pianoforte di Grieg. L’intesa fra Harding e Paul Lewis è ottima ed il risultato è un’esecuzione assai piacevole ed emozionante. Lewis è un pianista aereo, cui piacciono gli effetti, ottenuti da un deciso uso del pedale, le atmosfere sospese, i tocchi eterei; la cui cifra stilistica maggiore, quindi, è la ricerca di un calibrato volume sonoro in ogni passaggio. Il suo pianismo si sposa bene con un concerto, quello di Grieg, che dà ampio spazio al talento dell’esecutore, nel più autentico stile tardo-romantico. In tal senso, gli accordi che aprono il concerto e che sono testimonianza dello Sturm und Drang romantico, trasfigurato in maniera, risuonano con tono intimistico, il medesimo che caratterizza l’esposizione del celebre tema principale. Harding dirige l’orchestra con gestualità piena, a far risaltare ogni particolare in armonico accordo con il pianoforte. L’Allegro molto moderato, infatti, presenta accorti giochi di rifrazione fra la voce del pianoforte e l’orchestra tutta, che Lewis e Harding sanno riprodurre con eleganza, leggendo con afflato e trasporto i passaggi più dolci; la cadenza finale del movimento, poi, suona sicura e d’effetto, in particolare nei passaggi più virtuosistici che variano il tema cardine. Delicatissimo, calibrato nel volume e nell’agogica è l’Adagio, il momento, probabilmente, in cui le naturali doti di Lewis emergono maggiormente, soprattutto quando il pianista inanella i legati e i respiri sereni dell’acquatica melodia; l’esecutore si distingue anche per la perlacea sgranatura delle fioriture che affiorano come increspature lacustri nel tracciato melodico. Lewis sa destreggiarsi bene, comunque, anche nel virtuosismo più acceso del III movimento (Allegro molto e moderato marcato), leggendo il quale irrobustisce il suono, non perdendo il tocco aereo di molti passaggi. Il concerto si chiude fra gli applausi del pubblico.

Il secondo tempo è tutto dedicato a Heldenleben di Strauss. Harding legge il complesso poema sinfonico esaltando sicuramente le bellezze puramente sonore della partitura – che non sono poche – ma badando anche alle linee portanti dell’impalcatura, quei temi-chiave che servono a decodificare almeno il senso complessivo del brano. Fra i momenti più belli di questa esecuzione possono citarsi i passaggi ironici dei fiati che rappresentano gli avversari dell’Eroe, o la variegata parte solistica del violino (qui eseguita dal talentuoso Andrea Obiso), ricca di melismi, ad evocare la volubilità della compagna dell’Eroe; ma si pensi anche al contrasto vistoso fra la fantasia militare del campo di battaglia (con passaggi magnifici degli ottoni) contrapposta all’edenica placidità delle ‘opere di pace dell’Eroe’, dove l’impasto orchestrale si tinge dei tocchi dell’arpa su un velluto di legni. Il pezzo si chiude nella gloria del più puro stile orchestrale di Strauss, con un accordo lungo e luminoso, inducendo il pubblico a un applauso caloroso e convinto.


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