Rossini fra due voci
di Roberta Pedrotti
Nel programma dei concerti lirico-sinfonici del Rof sovvertito da una serie di cancellazioni, spicca l'appuntamento con le giovani primedonne Giuliana Gianfaldoni e Vasilisa Berzhanskaya, sotto la direzione di Vitali Alekseenok.
PESARO, 14/08/2022 - Gli ormai classici concerti lirico sinfonici del Rof sembravano dover tornare alla normalità nella disposizione con l'orchestra in buca, solisti ed eventuale coro sul palco, pubblico al suo posto. In realtà, mai come quest'anno il cartellone è stato accidentato: Pretty Yende rinuncia per indisposizione e il suo appuntamento del 12 è annullato; Michael Spyres pure rinuncia e dovrebbe sostituirlo Angela Meade, se non fosse che pure lei s'ammala e il concerto del 18 agosto perde il lirico e si converte in solo sinfonico (ouverture di Rossini e Bellini, Sinfonia dal Nuovo mondo di Dvorak). Ne restano due, il primo dei quali verte su due giovani primedonne già allieve dell'Accademia Rossiniana, Giuliana Gianfaldoni e Vasilisa Berzhanskaya. Solo un duetto, ma per entrambe una vasta panoramica nella produzione del Pesarese sia in termini di stile sia di vocalità.
Gianfaldoni parte dagli anni parigini, da Laure Cinti Damoreau prima interprete di Pamyra nel Siège de Corinthe con la preghiera "Juste ciel" (a proposito, dato che l'edizione critica di Damien Colas riscopre il ruolo non secondario di Ismène in questa pagina non sarebbe stato male coinvolgere Berzhanskaya). La propensione al morbido legato e alle filature, così come la pastosità della voce sono particolarmente adatte al pezzo, che attende solo una più nitida articolazione della lingua francese. Il soprano tarantino interpreta poi “Riedi al soglio” da Zelmira, pagina che poco si giova dell'assenza dei pertichini e dell'organico alleggerito, ma che ribadisce la solidità tecnica dell'artista in una parte scritta per Isabella Colbran e dunque non proprio ideale per far emergere le sue migliori qualità. Questo avviene con la già collaudata Amenaide, che in “Giusto dio che umile adoro” e nel duetto “Lasciami, non t'ascolto” ha buon gioco nell'esibire fraseggio vivido ma non smanceroso, franco ma non superficiale, lo smalto timbrico e il controllo dinamico e virtuosistico. Da parte sua Berzhanskaya è un'ottima partner, che affronta senza difficoltà il ruolo contraltile di Tancredi (di cui intona anche la prima parte della Gran scena con la cavatina “Ah che scordar non so”) dopo aver affrontato l'aria di Emma composta per la ripresa viennese di Zelmira esattamente duecento anni fa, “Ciel pietoso, ciel clemente” e la Gran scena di Ermione, ruolo Colbran. Nel primo caso, schietta scrittura mezzosopranile, a dire il vero non brilla per convinzione e sembra suggerire che la sostituzione del blocco dedicato all'ultima opera napoletana di Rossini con altri brani avrebbe favorito entrambe le artiste. Ben altro è l'effetto di Ermione, in cui Berzhanskaya esibisce non solo un'estensione abnorme, ma anche un temperamento non indifferente. Peccato che la scena sia mutilata dei recitativi e dei pertichini (davvero non era possibile coinvolgere un paio di ragazzi dell'accademia per le frasi di Fenicio e Cefisa? Resta poi un mistero il mancato ingresso di Matteo Roma, annunciato come Oreste) perdendo molto dell'equilibrio interno di questo “melodramma nel melodramma”, come lo definì Bruno Cagli. Anche per colmare queste lacune, il risultato di Berzhanskaya ci fa seguire con ancor più fibrillante attesa le voci su una ripresa dell'opera nei prossimi anni. Intanto, all'artista siberiana un doppio augurio: per la gravidanza che non le ha impedito di esibirsi e perché i suoi mezzi notevolissimi possano incanalarsi in un adeguato progetto di carriera.
Sul podio dell'Orchestra Sinfonica G. Rossini, debutta al Rof Vitali Alekseenok, vincitore dell'ultimo concorso Toscanini e ora impegnato nel concretizzare sul campo l'investitura parmigiana: questo stesso concerto è il premio che Ernesto Palacio gli ha conferito scegliendolo fra gli altri finalisti. In effetti, aveva convinto dirigendo (oltre a parte del primo atto di Macbeth) proprio il duetto da Tancredi proposto anche questa occasione come uno dei momenti più riusciti del programma. Piace anche il fuoco controllato con cui si approccia alla Sinfonia e alla Gran Scena di Ermione, sebbene i tagli in quest'ultima limitino un po' l'articolazione del giudizio. Più cauto appare all'inizio, con una sinfonia dal Siège de Corinthe ancora un tantino rigida, per poi scaldarsi via via. Piccoli dislivelli possono essere fisiologici in questi concerti, per i direttori come per i cantanti, ma non inficiano comunque le aspettative sull'evoluzione di musicisti interessanti il cui talento deve solo essere affinato dall'esperienza.
Alla fine, applausi calorosissimi per tutti, compreso il coro del teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani.