L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il risveglio di Achille

di Luigi Raso

Achille in Sciro di Francesco Corselli, programmato per la primavera del 2020, torna finalmente in scena a Madrid dopo duecentosettantotto anni di silenzio. L'opera, che aveva debuttato nella stessa capitale spagnola nel 1744, viene accolta festosamente e, nonostante la rinuncia per indisposizione del divo Franco Fagioli, non mancano le soddisfazioni, soprattutto per l'eccellente prova di Francesca Aspromonte.

MADRID, 17 febbraio 2023 - Quasi tre anni fa, a metà marzo del 2020, a prolungare il lungo silenzio caduto su Achille in Sciro - opera drammatica in tre atti su libretto di Pietro Metastasio e musica di Francesco Corselli (Piacenza, 1705 - Madrid, 1778) - ci pensò la pandemia da Covid-19: lo spettacolo, coprodotto con il Theater an der Wien, era quasi pronto per andare in scena, quando il Governo spagnolo decretò il lockdown.

L’allestimento restò montato sul palco per tre mesi, i costumi sistemati nei laboratori: il propagarsi del virus fermò tutto, pochi giorni prima della prova generale dell’opera.

Questo spettacolo, così come ricordato in sala, è per il Teatro Real emblema della resistenza alla pandemia e viene dedicato alle vittime spagnole di quel terribile periodo che ha sconvolto e fermato il mondo intero.

A distanza di ben 278 anni dalla prima esecuzione (Real Coliseo del Buen Retiro di Madrid, 8 dicembre 1744, in occasione delle nozze per procura del Delfino di Francia, figlio di Luigi XV, con l’Infanta María Teresa Rafaela, figlia di Filippo V di Spagna e Isabella Farnese) l’opera va finalmente in scena; si avverte in sala la palpabile emozione di assistere a un recupero tanto desiderato dal pubblico madrileno, nonché il privilegio di partecipare alla riproposta di un titolo caduto nell’oblio per quasi tre secoli.

Il libretto dell’opera di Pietro Metastasio fu musicato per la prima volta nel 1736 da Antonio Caldara a Vienna in occasione delle nozze tra Maria Teresa e Francesco di Lorena; l’anno successivo, il 4 novembre 1737, lo stesso libretto, messo in musica da Domenico Sarro, ebbe l’onore di inaugurare il Real Teatro di San Carlo, edificato per volontà di Carlo VII di Borbone re di Napoli e di Sicilia, dal 1759 salito al trono di Spagna come Carlo III.

Il libretto di Metastasio è dunque pronubo a nozze reali: racconta di Achille - inviato dalla madre Teti nell’isola di Sciro, regno di Licomede, nel tentativo di evitare il verificarsi della profezia sulla sua prematura morte in guerra - tormentato dalla scelta tra diventare un eroe in guerra e quella di restare con l’amata Deidamia. Provocato da Ulisse, sceglie la guerra; ma la storia ha un lieto fine: Teagene, al quale Licomede ha promesso di dare in sposa la figlia Deidamia, rinuncia a sposarla e Licomede stesso benedice in extremis l’unione della figlia Deidamia con Achille, già vestito da soldato e pronto a imbarcarsi. 

Il groviglio della trama, i camaleontici giochi di travestimenti erotici, il rimando alla mitologia greca, i semidei,  la donna innamorata, il pretendente respinto, il padre autoritario e poi comprensivo costituiscono i classici fondamenti di quest’opera seria settecentesca per la quale Francesco Corselli - compositore operante in Spagna dal 1733 e considerato il trait d’union tra il tardo barocco e l’incipiente classicismo - scrive una musica di pregevole fattura, arie di grande virtuosismo vocale, ma accomunate da una tendenziale omogeneità di ispirazione: in quest’opera non manca tecnica e perizia musicale, ma latita il guizzo dell’ispirazione, l’originalità della costruzione delle arie, e, soprattutto, la loro differenziazione nello spirito in rapporto all’evoluzione della trama e della psicologia dei personaggi. È un capolavoro ritrovato Achille in Sciro di Francesco Corselli? A nostro avviso, sicuramente no; ma è certamente un’interessante operazione di recupero musicale di una partitura che è un perfetto esempio di musica settecentesca celebrativa di un mondo votato al declino già nella prima metà del XVIII secolo, espressione di un genere musicale, l’opera seria, insidiato dall’emergere della ben più accattivante e umana e realistica opera buffa.

Ma se Achille in Sciro, al netto dell’ammirazione per le funamboliche arie virtuosistiche destinate alle parte di Pirra/Achille, Ulisse, Deidamia e Teagene, non si impone per originalità e suggestione di scrittura, per la capacità di Corselli a scolpire i personaggi, a rendere ammirevole questa riscoperta è l’intera produzione, sia per il versante visivo sia per quello musicale.

La regista Mariame Clément inserisce nella drammaturgia di Achille in Sciro una sottotrama, una sorta di educazione sentimentale perl’Infanta María Teresa Rafaela: assistendo all’opera (è molto presente in scena, interpretata dalla bravissima ed espressiva attrice Katia Klein, talora affiancata dai genitori, il re e la regina e il Delfino di Francia, rispettivamente Agustín Ustarroz, Begonia Ayala e Nick Grau) osserva e riflette sulle dinamiche amorose, sui sentimenti degli uomini e delle donne.

L’impianto scenografico e i costumi di Julia Hansen collocano lo svolgimento dell’intreccio in una “grotta incantata” tipicamente settecentesca, evocatrice di suggestivi giardini e di uno scoglio di un’isola immaginaria e sperduta. 

Per la regista la grotta è evocatrice sia del grembo materno sia dell’universo sessuale femminile.

La bellezza e la cura dell’impianto scenico e degli splendidi costumi che mescolano insieme armonicamente abiti settecentesci, parrucche, tuniche e calzari dell’età classica sono impreziosite dalle luci di Ulrik Gad.

Ma è il disegno registico a mostrarsi accattivante, all’interno di una visione improntata a marcato tradizionalismo.

Possiamo immaginare l’opera suddivisa in due parti: nella prima, alla serietà dell’azione si affiancano le divertenti imprese amorose di Pirra/Achille; nella seconda, l’elemento tragico e eroico, l’avvicinarsi della guerra, la consapevolezza della natura di valoroso guerriero da parte di Achille prendono il sopravvento. E il registro della la narrazione muta.

Mariame Clément è particolarmente brava, nell’evolversi del dramma, ad evidenziare questa sottile quanto presente distinzione: lo fa grazie a una recitazione curata nei minimi particolari, a un’interazione tra i cantanti-attori ben calibrata, seppur ostacolata nei movimenti dalla complessa e poderosa scenografia.

Sul versante musicale, la calibrata direzione di Ivor Bolton, a dispetto di qualche meccanicità prolungata e una diffusa avarizia di colori che ha portato a un appiattimento della tensione, assicura una buona tenuta dello spettacolo. Il direttore inglese dà però la sensazione, pur dirigendo con mano sicura, di non tentar mai di dar fuoco alle polveri di una partitura che è rimasta sepolta per secoli sotto la spessa coltre del tempo. Avrebbe potuto osare di più quanto a fantasia interpretativa ed esecutiva. Eppure dalla sua ha l’affidabile e sicura Orchestra Barocca di Siviglia, strumento compatto e duttile, dal quale Bolton avrebbe dovuto trarre dinamiche più contrastanti e al quale imprimere maggior estro..

Nei tre interventi che la partitura gli riserva si dimostra affidabile il Coro del Teatro Real guidato dall’uscente Andrés Máspero.

Si avverte, però, una non sempre perfetta idiomaticità della meravigliosa lingua italiana del Metastasio: in troppe occasioni il canto tradisce inflessioni eccessivamente castigliane. L’augurio - che è quasi una certezza - è che il prossimo direttore del Coro del Teatro Real, José Luis Basso, saprà infondere alla compagine madrilena la sottile e certosina cura del suono della singola parola, già evidente negli anni di guida del Coro del Teatro San Carlo di Napoli, la perfetta pronuncia della lingua italiana e la più appropriata, per stili e prassi esecutive, dose di entusiasmo ed energia, tutti elementi che hanno portato il coro partenopeo a raggiungere un invidiabile livello artistico.

Per la parte vocale, esaminando l’ordine della locandina, Licomede di Mirco Palazzi si segnala per la bellezza del timbro, la morbidezza dell’emissione e la convincente prova d’interprete.

Il controtenore inglese Tim Mead nei panni di Ulisse si limita a un’esecuzione corretta, a un’interpretazione poco originale del personaggio.

La stella della serata - a giudizio, del tutto libero da stupido campanilismo italico, di chi scrive - è il soprano Francesca Aspromonte che veste i panni di Deidamia: alla naturale bellezza del timbro, all’omogeneità dei registri, alla spontaneità e melodiosità della linea di canto unisce una tecnica eccellente che le consente di proiettare efficacemente la voce, di affrontare le temibili agilità di cui son farcite le sue arie e, soprattutto, di delineare una Deidamia umana, ben lontana dall’astrazione dell’opera.

Molto apprezzata dal pubblico ed estremamente convincente il Teagene interpretato dal soprano spagnolo Sabina Puértolas che si districa molto bene nel groviglio di agilità, pur al netto di qualche forzatura di emissione di troppo e di un vibrato eccessivamente pronunciato, non molto appropriato per la vocalità barocca.

Per la parte di Achille/Pirra era previsto il controtenore Franco Fagioli, ma a causa di un’indisposizione è stato sostituito all’ultimo momento da Gabriel Díaz: prestazione rispettabile, il cui giudizio non può tener conto della circostanza della sostituzione improvvisa. Il timbro vocale non è gradevolissimo e la linea di canto tradisce qualche insicurezza: ma la parte di Achille/Pirra è difficilissima per le agilità che Corselli dissemina a pieni mani; la sua recitazione probabilmente a tratti è risultata eccessiva, troppo tesa a marcare il gioco del travestimento di Achille in Pirra. Al controtenore di Siviglia va riconosciuto il merito di aver salvato in extremis lo spettacolo, superando egregiamente le tante insidie delle scrittura vocale di Achille.

Nei ruoli secondari si fanno onore i tenori Krystian Adam nei panni di Arcade e Juan Sancho in quelli di Nearco.

Al termine, la grande, capiente e affollata sala del Teatro Real saluta con un lunghi e calorosi applausi la prima ripresa europea di Achille in Sciro.

Successo per tutti, con punte di ovazioni per Sabina Puértolas e Francesca Aspromonte.

È un tripudio di applausi così caloroso e prolungato che nei nostri teatri italiani - e in questo caso la costatazione è libera da insulsa e trita esterofilia - siamo soliti riservare soltanto ai titoli più popolari del repertorio lirico.

A Madrid si applaude per circa dieci minuti un’opera del 1744 che mancava dalla scene da ben 278 anni.

Complimenti al Teatro Real per l’originalità della proposta e al pubblico di Madrid per l’attenzione e l’accoglienza che le ha riservato!

In chiusura, per chi volesse vedere lo spettacolo da casa, si ricorda che l’ultima delle cinque rappresentazioni di Achille in Sciro sarà trasmessa in diretta e gratuitamente in tutto il mondo il 25 febbraio sulla piattaforma Opera Vision raggiungibile anche dal seguente link YouTube: https://www.youtube.com/c/OperaVision


 

 

 
 
 

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